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Diritti del figlio e sentenza della Consulta: l’eterologa non convince

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 28/10/14
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I dubbi degli intellettuali (non cattolici) su MicroMegaI dubbi degli intellettuali non cattolici sulla fecondazione eterologa. La rivista Micromega ospita un interessante dibattito in cui si registrano due posizioni che di certo non si richiamano a posizioni conservatrici o vicine alla Chiesa. Si tratta di Paolo Flores d'Arcais, direttore della rivista e Paolo Brogna, procuratore aggiunto presso la procura della Repubblica di Torino.

HANDICAP PER IL FIGLIO
Secondo D'Arcais ogni figlio ha dei «diritti», che si riassumono «nel dovere dei genitori di assicurare al figlio, per il possibile, le migliori condizioni di vita e in primo luogo di serenità psicologica. Ma un figlio di padre ignoto sotto questo profilo nasce già con un handicap, nessuna acrobazia di psicologi può cancellare la circostanza». 

DESIDERIO E DIRITTO
Il figlio, sentenzia il direttore di MicroMega, «vorrà sapere, scoprire il padre biologico (in genere durante l'adolescenza, periodo già percorso da sofferenze). Il desiderio di due coniugi di avere un figlio non può dunque essere di per sé un diritto (anche per le coppie omosessuali, checché ne pretenda un paralizzante e censorio 'politically correct'). Meno che mai con la mostruosità proprietaria dell'utero in affitto».

I DUBBI SULLA SENTENZA
Incalza il magistrato: «Mi sono convinto dell'inesistenza di un diritto alla fecondazione eterologa leggendo la sentenza della Corte costituzionale che questo diritto afferma». La Corte, innanzitutto, «afferma come diritto "incoercibile", espressione della "fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi" la volontà della coppia, anche sterile, di diventare genitori». 

NATURA E LIMITI
Questo diritto – dice la sentenza – si fonda sugli articoli 2, 3 e 31 della Costituzione (diritti inviolabili dell'uomo, principio di eguaglianza, tutela della famiglia e della maternità) e deve essere tutelato anche quando si esercita mediante la scelta di ricorrere alla fecondazione eterologa. «Qui c'è il primo salto mortale sul fronte storico – afferma Brogna – i costituenti scrissero l'articolo 31 per incoraggiare la formazione della famiglia e favorire il superamento di ostacoli economici e sociali. Non pensavano certo a ostacoli opposti dalla natura. Si dirà: ma poiché oggi (diversamente dal '48) l'ostacolo posto dalla natura è superabile grazie alla tecnica, impedirne il ricorso significa limitare il diritto a formare una famiglia. Sennonché: è evidente che non tutto ciò che la tecnica consente deve diventare diritto. Bisogna porre dei limiti». 

GIUDICE O LEGISLATORE?
Il punto, sottolinea il magistrato, è chi possa porre quei limiti. Il legislatore o i giudici? «Dice la sentenza: è vero che la valutazione delle "contrapposte esigenze" spetta "primariamente alla valutazione del legislatore". Ma poiché siamo di fronte non a un qualunque diritto ma a un "diritto inviolabile dell'uomo" (questo è il senso del richiamo all'articolo 2 Cost.), la Corte non può rinunciare a verificare se il bilanciamento di queste contrapposte esigenze e valori sia stato ragionevole». 

IGNORATA LA CORTE EUROPEA
Il limite della Consulta, conclude Brogna, è ancora più evidente se rapportato ad un pronunciamento della Corte Europea dei diritti dell'Uomo. «Il "continuo e diretto contatto con le forze vitali dei loro paesi" – che, nel 2011, aveva indotto la Corte europea a ritenere che spettasse ai singoli Stati il "più ampio" margine di apprezzamento sulle "questioni di sensibilità morale o etica" – ora svanisce: completamente assorbito dalla rivendicazione di poter decidere da parte della nostra Corte. Viene da esclamare: "Povera sovranità popolare! Come ti hanno ridotta…"».

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