Quando i nostri anziani hanno più bisogno di aiuto, qual è la risposta più adeguata?Invecchiare perché e per chi? Che vita è questa in cui ora ci sentiamo forti e ora fragili? Restare qui o lì? In casa o in una residenza? E la crisi? E il denaro? E la famiglia? E gli affetti? L’anziano che ognuno di noi ha dentro di sé ha più interrogativi che certezze nell’età della saggezza.
Il tempo non si ferma. Dall’alto dei decenni vissuti sembra che non si intraveda più speranza, né coraggio per rimanere nella vita che resta da vivere con un occhio brillante. Il tempo si infittisce. Si intravedono ore opache che non lasciano scorgere un barlume di futuro. Una piccola traccia che illumini quelli che non credono più che tutto questo abbia un senso. Il peso degli anni dà un fardello che si trascina su una via che sembra senza uscita. Le lancette dell’orologio continuano a girare, i fogli del calendario a scorrere… e tutto sembra restare uguale. È tutto così così. Tiepido.
Il tempo non si ferma. E molti continuano a camminare senza una meta, alla deriva dei pensieri, intrappolati nella nostalgia di ciò che hanno vissuto e di ciò che non hanno vissuto. Il sole torna ogni mattina ma non porta loro la vita che hanno vissuto. Ormai nulla li riscalda o li raffredda. Aspettano solo che il sole sorga e tramonti tutti i giorni per veder arrivare la notte. E si addormentano come anestetizzati.
Tutti i giorni sono buoni per iniziare qualcosa. Per vedere. Sentire. Leggere. Senza ignorare che c’è ancora una vita da vivere. Con gente dentro. Anche se durerà solo pochi giorni o pochi anni. Si chiama vivere con gli occhi che splendono. E non è poco, anzi. “Quando si conversa, quando si dà tempo, crediamo che tutti abbiamo una funzione nella vita degli altri. Non è una cosa da anziani né da bambini. Vale per tutte le età”, ha commentato Rita Valadas, amministratrice della Santa Casa da Misericórdia di Lisbona (SCML) nel settore di Azione Sociale.
La responsabilità di tutti e di ciascuno
Siamo tutti responsabili gli uni della vita degli altri. Ed è qui il fulcro della questione. Quando i nostri anziani hanno più bisogno di aiuto, qual è la risposta più adeguata? “Onora tuo padre e tua madre”, dice il quarto comandamento, che fa appello alla nostra capacità di amare chi ci ha dato la vita. L’amore implica esigenza e attenzione nel valutare ciò che è meglio per quella situazione concreta. Senza sensi di colpa. Perché il meglio non sono risposte uniche ma sommate. Cosa fare quando gli anziani non sono più in condizioni di stare da soli: restare in famiglia o andare in una casa di riposo?
La risposta ha varie sfumature, perché la vita non è in bianco e nero: “Nel più perfetto dei mondi, la persona non dovrebbe uscire dalla sua casa; nel più perfetto dei mondi, le famiglie starebbero insieme, ci sarebbe la disponibilità di uno dei membri a prendersi cura dei più vulnerabili della propria famiglia – bambini e anziani –, e questo sarebbe possibile dal punto di vista finanziario. Nella gran parte delle famiglie, per questioni di organizzazione familiare e questioni finanziarie, non c’è una persona che sia in grado di esercitare questo compito di assistenza. Oggi le persone vivono di più, e se molte volte è un tempo di qualità, spesso è anche un tempo di malattie. Oltre che della famiglia, hanno bisogno di cure mediche e infermieristiche – cure che non possono ricevere in casa. Per questo, non c’è una risposta universale, e questo dipende dal desiderio della persona, dalla sua situazione e dalla famiglia”, ha affermato Rita Valadas, legata all’Associazione Portoghese di Psicogeriatria (APP) fin dalla sua fondazione. “L’ideale è che l’anziano resti in famiglia, con la garanzia di aiuti sociali efficaci relativamente alle necessità crescenti che presuppongono l’età o la malattia. Esistono però situazioni in cui le circostanze stesse consigliano o esigono l’ingresso in case di riposo”, perché l’anziano possa godere della compagnia di altre persone e usufruire di un’assistenza specializzata. “Tali istituzioni sono pertanto lodevoli, e l’esperienza dice che possono rendere un servizio prezioso, nella misura in cui si ispirano a criteri non solo di efficienza organizzativa, ma anche di affettuosa premura”, ha scritto papa Giovanni Paolo II nella Lettera agli Anziani (1° ottobre 1999).
Riconfigurare risposte sociali
Quando l’opzione migliore è che l’anziano resti a casa con la famiglia, ci sono aspetti ai quali la società deve prestare più attenzione per offrire una vita di qualità ai più anziani e anche ai più giovani: “Dobbiamo dare alle persone delle condizioni. Se la soluzione per tutti è che l’anziano resti con la famiglia, dobbiamo fornire i servizi che mancano. Il sostegno domiciliare è la grande risposta, ma non quello di antica tradizione. Ci sono molti servizi che si possono prestare a un anziano, che vanno dalle cose più fondamentali come l’igiene alla compagnia e alla socializzazione. Ciò può essere offerto nel sostegno domiciliare e fa la differenza”. L’amministratrice della SCML ha sottolineato anche la necessità di aiutare chi assiste gli anziani a riposare: “Devono esserci programmi che servano le famiglie e i bambini, perché non si castighi l’anziano perché ciò non avviene. Il riposo di chi si prende cura dell’anziano può essere quasi una versione pseudo-hotel in cui la persona si senta come se andasse in ferie ma all’interno del suo programma. In fondo sono programmi per tutti, è la possibilità di far sì che i più giovani seguano il loro programma e i più anziani abbiano diritto al proprio. E questa risposta è molto più economica per il Paese. Se garantiamo il sostegno domiciliare, l’assistenza dell’anziano in casa e il diritto al riposo di chi se ne prende cura, la somma di tutto questo è molto più economica e positiva per tutti”.
“Assaporare come un dono ogni periodo della vita”
Rita Valadas ricorda che “le famiglie che hanno anziani nelle case di riposo non sono preparate a tenerli in casa. Anche in una situazione di disoccupazione, non è mai consigliabile che un impiego sia sostituito da un anziano che gira per casa. Se le persone non sono portate naturalmente a prendersi cura degli altri, non sarà la soluzione migliore”.
“In questa situazione di crisi in cui le persone hanno come priorità il fatto di togliere l’anziano dalla casa di riposo per utilizzare la sua pensione, si verificano molte situazioni di isolamento”, ha aggiunto. “Sono aumentate le situazioni di rischio a causa della solitudine degli anziani”.
Per via della crisi ci sono state anche famiglie che hanno tolto gli anziani da strutture residenziali la cui retta mensile era troppo elevata scegliendo case di riposo senza licenza in cui si paga di meno e che però sono anche meno soggette a controlli statali. “Se prima era molto difficile trovare un posto in alcune case di riposo private, ora è più facile”, ha spiegato la Valadas.
Molti anziani arrivano nelle strutture residenziali sempre più tardi e in condizioni peggiori rispetto al passato. Si tratta di persone allettate, con l’Alzheimer e molte altre malattie che richiedono cure specifiche e un’assistenza qualificata. Vivere di più comporta grandi sfide per tutti, giovani e anziani.
Vale la pena di ricordare ancora una volta le parole di Giovanni Paolo II: “Dacci, o Signore della vita, di prenderne lucida coscienza e di assaporare come un dono, ricco di ulteriori promesse, ogni stagione della nostra vita”.
[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]