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Gioire dei limiti?

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Carlos Padilla - pubblicato il 07/10/14
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Come vivere quell’amore perfetto che non è il nostro? Solo se Cristo ama in me
Non so se è possibile amare le imperfezioni, rallegrarsi del disordine, applaudire il ritardo, valorizzare il fallimento. Guardare i difetti degli altri e sorridere. Sperimentare il male prodotto dalla negligenza, dall’egoismo, e continuare ad amare. È un salto di fede, un salto nell’amore.

Una canzone dice: “Perché tutto di me ama tutto di te. Amo tutte le tue perfette imperfezioni”. Può essere che l’amore renda possibile tutto, ma molte volte constato i miei limiti. Penso a Santa Teresina quando scriveva: “L’amore perfetto consiste nel sopportare i difetti degli altri, nel non stupirsi delle loro debolezze, ma soprattutto ho capito che l’amore non deve rimanere chiuso in fondo al cuore. Tu sia bene che non potrò mai amare le mie sorelle come Tu le ami, se Tu stesso non le amerai in me. Mi dai la certezza che la Tua volontà è amare Tu in me tutti quelli che mi dici di amare. Quando amo è solo Gesù che agisce in me. Quanto più sono unita a Lui, più amo tutte le mie sorelle”.

In questo consiste dare la vita, l’amore perfetto a cui aneliamo. Amare ci porta a donare senza aspettarci nulla. Ci fa guardare come ci guarda Gesù, sorpreso, allegro, ammirato dalla bellezza che vede nascosta nella mia vita.

Quanto sono lontano da quello sguardo! Da quell’amore che si svuota sulla croce. Da quell’amore che non dice mai che è sufficiente. Il mio amore è tanto limitato. Torno a sorprendermi dei suoi limiti. Amare consiste nel camminare, lotare, soffrire, sforzarci e continuare a guardare le alte vette, senza perdere la speranza.

Forse non arriveremo mai alla meta designata. Malgrado tutto, sorridiamo al mondo. Amare consiste nel cercare di arrivare alle vette più alte. E poi, se non ci arriviamo, nel non amareggiarci per l’insuccesso.

La verità è che non so se sono capace di gioire dei limiti altrui, ma neanche dei miei. Lo ritengo un atto eroico possibile solo se Cristo lo compie in me.

Mi costa credere che un giorno potrò arrivare a rallegrarmi contemplando le mie mancanze e le mie debolezze, le mie negligenze e la mia accidia. Non so gloriarmi di queste, sottolinearle e dire che sono una fonte di vita, il mio cammino di santità, il luogo in cui divento più di Dio, più bambino, più docile. Non mi sembra tanto semplice.

Sappiamo, però, che le limitazioni e le mancanze fanno parte del nostro cammino, come diceva padre José Kentenich: “La mia anima deve contare su queste cose, ampiamente, sulle cose sgradevoli, le ingiustizie, le delusioni”. Le delusioni della propria vita. Le delusioni con gli altri. Quando le nostre aspettative non danno frutto. Quando ci aspettiamo più di ciò che otteniamo. Quando ci confrontiamo con le limitazioni della vita e continuiamo ad andare avanti.

Aggiungeva padre Kentenich: “Le più grandi manifestazioni della misericordia nella nostra vita sono le delusioni che abbiamo nell’esistenza. E in questo consiste la saggezza dell’uomo maturo: nel fatto che egli approfitta delle delusioni come di una scala, una scala per la comprensione, una scala anche per il cuore. Dovremmo sforzarci molto di più per legarci al Dio della vita che per legarci al Dio del nostro cuore, al Dio degli altari, al Dio dei libri ascetici”.

Nel nostro limite c’è Dio. Lì ci sostiene. Ma come vivere quell’amore perfetto che non è il nostro? Solo se Cristo ama in me. Solo se Egli ama le mie debolezze e i miei difetti. Solo se ama nei miei limiti. Da lì sboccia la vita.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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