Intervista a Paola Ricci Sindoni, ordinario di filosofia morale presso l’Università degli Studi di Messina
Famiglia e Chiesa. Che relazione c’è tra questi due soggetti? Lo abbiamo chiesto alla dott.ssa Paola Ricci Sindoni, ordinario di filosofia morale presso l’Università degli Studi di Messina e presindete di Scienza & Vita.
Spesso la gente si chiede perché la Chiesa, fatta da persone non sposate parli e addirittura ponga condizioni sul matrimonio e la famiglia. Come è ben sintetizzato nell’instrumentum laboris, matrimonio e famiglia hanno un ruolo decisivo nella Chiesa: “rendono presente nel mondo l’amore tra Cristo e la Chiesa”; “la famiglia via della Chiesa”; “il matrimonio basato su amore esclusivo e definitivo è l’icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa”.
Che la Chiesa parli di argomenti, come di famiglia e matrimonio, di cui non ha esperienza diretta, è del tutto legittimo. Questo è valido in generale: anche chi non è politico, può parlare di politica, così come chi non fa scienza ha diritto di esprimersi sulle implicanze etiche della ricerca. Detto questo, la famiglia rappresenta per la Chiesa non una istituzione “a parte” , ma la forma privilegiata con cui si esprime l’amore di Dio per il mondo. Non a caso Dio è chiamato “padre” e Gesù “figlio”, segno evidente che il mistero dell’amore trova nella famiglia la sua più diretta espressione. Carlo Carretto parlava anche della famiglia come “piccola Chiesa”, indicando la reciprocità di relazione e di amore che deve regnare fra i suoi componenti. Di conseguenza, tutte le istituzioni, come la Chiesa, che non si fonda su giustificazioni utilitaristiche o politiche, esprime la sua attenzione alle cose del mondo attraverso il richiamo all’amore che salva.
L’amore non è solo desiderio o sentimento, ma è un valore da coltivare, una disciplina da imparare, affinché la Rivelazione di Dio, custodita dalla Chiesa, illumini questa potente cellula germinale della vita sociale che è la famiglia. La Chiesa dal canto suo è dentro il mondo, non in alto o fuori; per questo, specie in questo momento in cui la crisi dei valori umanistici rischiano di scomparire, vuol farsi portatrice di nuova speranza sociale, incoraggiando le famiglie a rivedere la loro ragione d’essere, pur non dimenticando gli enormi problemi che l’attraversano.
Perché la proposta della Chiesa riguardo al matrimonio e alla famiglia è per tutti e non solo per i credenti?
Perché la famiglia non è un articolo di fede. E’ una realtà concreta, fondata sulla naturale (dunque universale) volontà di costruire i legami affettivi, retti dall’affetto, dal rispetto, dal desiderio di crescere insieme, di sostenersi a vicenda quando le cose vanno bene e soprattutto quando le difficoltà diventano faticose, come, ad esempio, quando uno dei suoi membri si ammala gravemente, o quando un adolescente si smarrisce. Certo la Chiesa ha una parola “in più” per i credenti della sua comunità: propone un modello di amore che trova nella vita trinitaria di Dio la sua realizzazione più “concreta”: il Padre ama così tanto il mondo che invia il Figlio ed il Figlio offre ad ogni uomo la prospettiva della universale fraternità. Insomma, come si vede, la terminologia della vita familiare ha a che fare strettamente con la vita della Chiesa, non a caso chiamata “sposa”del Signore.
Quale contributo dà la religione e in particolare l’insegnamento della Chiesa nell’ affrontare i problemi delle famiglie come i rapporti conflittuali se non violenti, grandi distanze, poca capacità dei genitori di essere adulti di riferimento nel tentativo di avvicinarsi ai figli come “amici”, famiglie lasciate sole, famiglie che si chiudono al mondo.
La Chiesa non è certo un’ agenzia psicologica o politica e non ha ricette precostituite per risolvere la crisi della famiglia. Ha però dalla sua parte la luce della Rivelazione che è in grado di delineare una antropologia liberante. Suo compito perciò è sì quello di leggere criticamente la deriva nichilista che ci affligge, ma soprattutto vuole essere un luogo di speranza e di incoraggiamento, cercando –come Papa Francesco indica – che la via pastorale, quella che esprime vicinanza ai drammi familiari e solidarietà con quanti vivono in difficoltà, è oggi la via ecclesiale privilegiata da seguire.
Poco dopo l’annuncio del sinodo sulla famiglia il dibattito si è concentrato su due temi: separati/divorziati e omosessuali, con l’idea che la Chiesa “cambierà rotta” (o dovrebbe farlo) su queste problematiche. Qual è il vero tema di discussione all’interno della chiesa e tra la chiesa e la società su questi aspetti?
Temo che sarebbe riduttivo ricondurre il grande lavoro che sta davanti ai Padri sinodali alle sole due questioni a cui si accennava. Occorre ricordare infatti, anche ai mass media che continuano ad insistere su questi due punti, aspettando rivoluzioni di prospettiva, che il tema è la famiglia, quella che lega una donna e un uomo e che è aperta alla vita e che deve recuperare una maggiore credibilità sociale, soprattutto in ordine al suo grande compito educativo. Che poi il Sinodo affronti anche questioni come la comunione ai divorziati o alle unioni civili per gli omosessuali – due temi peraltro assai diversificati fra di loro – è una possibilità che rientra nelle competenze dei Pastori, i quali –non dimentichiamolo – hanno a cuore tutti gli uomini e tutte le donne, senza distinzioni.
Ci sono pressioni internazionali affinché la Chiesa cambi posizione su temi come le famiglie omosessuali o il divorzio? Anche perché Papa Francesco ha parlato di lobby a proposito di omosessuali…
Da tempo i grandi Organismi internazionali, pressati da lobby omosessuali e non solo, prendono di mira la Chiesa, come l’unica agenzia educativa universale, capace ancora di tener fermi e di difendere alcuni valori irrinunciabili. E’ ovvio che la Chiesa non ha timore di eventuali pressioni e continua con grande tenacia a ridire il messaggio cristiano che inerisce all’antropologia e all’etica e parla attraverso parole di comprensione, di misericordia e di accoglienza. E’ questo l’atteggiamento che continua da sempre ad avere verso gli omosessuali.
Fino a che punto sono legittime le mediazioni dei politici che si ispirano al cristianesimo quando si tratta di legiferare su alcuni temi specifici come unioni omosessuali, omofobia, adozioni gay, fede e le leggi che la negano?
I politici, ispirati cristianamente, non possono che prendere atto della necessità di mediare istanze valoriali differenti, visto che viviamo in un clima pluralista. Sarebbero destinati all’emarginazione se opponessero sempre e comunque un atteggiamento conflittuale e oppositivo. Certo, le questioni sono delicate e complesse; l’importante è che essi si pongano sempre con un atteggiamento dialogico e rivolto a trovare soluzioni legislative che salvino la dignità di tutti i cittadini.