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Non è un paese per preti

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Alver Metalli - Terre D'America - pubblicato il 06/10/14
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Il Messico si conferma per il sesto anno consecutivo come il paese più pericoloso dell’America Latina per chi indossa una tonaca
L’ultimo sacerdote è stato assassinato pochi giorni fa; il corpo galleggiava in un fiume dello stato di Guerrero e presentava segni di tortura. Aveva appena 37 anni, svolgeva la sua attività pastorale nella diocesi di Ciudad Altamirano, in una delle aree più violente del Messico. Il precedente omicidio di un membro del clero messicano risale al mese di febbraio, nella località di Jilotepec, nello stato del Messico, mentre nel mese di novembre dello scorso anno sono stati assassinati due sacerdoti nello stato di Veracruz. In luglio del 2013 è stato ucciso a bastonate un altro prete nello stato di Bassa California, e sempre a colpi di bastone, a febbraio, un altro sacerdote della parrocchia di Cristo Rey, nello stato di Colima, e così via a ritroso fin al 1990, anno dell’assassinio del cardinale Posada Ocampo, per un totale di 28 sacerdoti, tre religiosi, un diacono e quattro sacrestani uccisi, registra con puntiglio l’agenzia cattolica SIAME appartenente alla diocesi di Città del Messico.

E proprio il Messico si conferma ancora una volta come il paese più pericoloso in America Latina per chi indossa una tonaca. Lo ribadisce l’unità investigativa del Centro Cattolico Multimediale con sede nella capitale, un osservatorio che punta le antenne sulla condizione del clero messicano e le difficili condizioni in cui vive.
Negli ultimi sei anni, fanno notare, i preti assassinati sono stati 6, a cui vanno aggiunti altri tre che risultano scomparsi e della cui sorte non si sa ancora nulla.

Un sessennio nero caratterizzato “dall’inerzia delle autorità e dalla mancanza di protezione dei diritti umani dei religiosi” denuncia l’organismo cattolico, “anzi, una situazione di inazione che si consolida con l’attuale governo” del presidente Peña Nieto incrementandosi di un 80 per cento rispetto allo stesso arco di tempo del governo del predecessore, Felipe Calderón.

Un “odio” quello contro i preti che non è solo di narcos e trafficanti di vario genere. Il rapporto fa notare che alla prepotenza dei gruppi criminali si aggiunge anche quella “di piccoli settori della società che approfittano della violenza e si mostrano insolenti contro i religiosi in località come Chiapas, Tabasco, Distretto federale, Puebla, Tlaxcala, Hidalgo, Stato del México, Jalisco, Nayarit, Veracruz, San Luis Potosí, Colima, Culiacán, Tabasco, Michoacán, Acapulco e Tamaulipas”.

Anche le ragioni degli attentati mortali a sacerdoti e religiosi, a cui si devono aggiungere centinaia di atti d’intimidazione che solo in piccola parte arrivano alla notorietà, sono denunciate a chiare lettere dalla Chiesa messicana: “cercano di limitare le attività della pastorale cattolica in campo sanitario ed educativo, e soprattutto impedire l’azione assistenziale- aiuto, rifugio, consolazione – a favore dei diritti umani dei migranti che transitano in territorio messicano”.

Qui l’originale

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