L’ultimo libro di Antonio Socci vuole colpire al cuore il papato in corso. Ma quello descritto… è Francesco?
C’è un paradosso di fondo nel libro di Antonio Socci Non è Francesco. La Chiesa nella grande tempesta (Mondadori, 2014). Il giornalista senese mette in discussione la legittimità dell’elezione di Papa Francesco e critica diversi aspetti del suo papato, dalla presunta morbidezza su alcuni temi come i principi etici e la difesa delle comunità cristiane sotto attacco in Medio Oriente alla lungamente argomentata rottura con Benedetto XVI e con la “vera” realizzazione del Vaticano II che il pontefice tedesco stava perseguendo. Ma se un laico come lui utilizza argomenti del diritto canonico, tanto più solo sulla base di “quanto viene riportato”, come egli afferma, per ipotizzare la nullità della sua elezione, e se riempie pagine e pagine per criticare il magistero di Francesco e le sue possibili falle dottrinarie (un pensiero dottrinale incompleto, il peccato abolito), egli stesso sembra ridurre la figura del papa ad un bersaglio da talk show, incentrando l’analisi su un’icona mediatica di Francesco per la creazione della quale egli stesso incolpa Bergoglio: “C’è un gran bisogno di portare la carezza del Nazareno a chi è solo, malato, sofferente o disperato ed è molto doloroso vedere ‘saltare’ all’ultimo momento la visita del Papa all’ospedale Gemelli con i malati in attesa sotto il sole… mentre si trovano facilmente ore da dedicare a Scalfari, o si trova il tempo per telefonare a Marco Pannella o a Maradona”. È il vero papa Francesco quello del libro di Socci, o un suo fantoccio mediatico? Noi di Aleteia ne abbiamo discusso con Riccardo Cascioli, direttore de La Nuova Bussola Quotidiana.
È legittima l’elezione di papa Francesco?
Cascioli: E’ una questione da canonisti, su cui questi peraltro discutono. Nel momento in cui Benedetto XVI non semplicemente si è ritirato, ma ha mantenuto, anche scientemente, il titolo di “papa emerito” si è creata una situazione senza precedenti. La rinuncia è prevista dal diritto canonico ma non si spiega in quale forma. Per questo sono nate interpretazioni e studi. Sta di fatto che Ratzinger ha rinunciato dichiarando che non ce la faceva più a portare questo peso; solo per questo, ho la sensazione che ogni discussione sia di lana caprina. Nel momento in cui ha deciso di servire la Chiesa con la preghiera, questo va rispettato, e non si può pensare che all’improvviso torni sulle sue decisioni. È ovvio che questo dibattito sia ancora vivo soprattutto nei settori della Chiesa che sono poco felici dell’attuale pontificato, ma il rischio è quello di vagheggiare soluzioni romanzesche.
Socci critica il fatto che i maggiori fan di papa Francesco siano anticlericali e anticattolici. È vero?
Cascioli: Esiste un dato di fatto. Chi ha lavorato sempre per la distruzione della Chiesa, dall’esterno e dall’interno, ha delle grandi aspettative su questo pontificato. Basta vedere in questi giorni alcune uscite di gruppi più o meno progressisti come Noi siamo chiesa, o di teologi e vescovi ultraprogressisti, che si spingono a ipotizzare cambiamenti di dottrina che lasciano interdetti. Quanto queste speranze siano ben riposte è tutta un’altra questione. Credo che su questo giochi molto anche il circuito dei media, il quale ha alimentato fin dall’inizio questa speranza contando sul fatto che il papa fosse latinoamericano, che avesse un’attenzione particolare per i poveri e uno stile personale che sicuramente facilitavano questo tipo di interpretazione. Ma il compito del papa non è quello di inventarsi regole nuove o rivoluzionare la Chiesa mettendola in contrasto con 2000 anni di storia; il papa deve trasmettere il deposito della fede, punto e basta. Dopodiché è chiaro che ci sono stili diversi, personalità diverse, una capacità diversa di leggere la realtà della Chiesa e del mondo. Nella storia della Chiesa ci sono stati papi moralmente non irreprensibili, ma sicuramente ortodossi dal punto di vista della fede. È questo che conta per noi. Io temo che nella civiltà dell’immagine in cui viviamo si personalizzi un po’ troppo e si tenda a concepire il papa come un capo di partito, dove ci sono maggioranze e minoranze congressuali di cui il papa è espressione. Ma questa logica non è cattolica, è umana. Il papa è il segno dell’unità della Chiesa, quindi se davvero stravolgesse la dottrina, decadrebbe come papa. Certe battaglie che si giocano intorno alla figura del papa fanno perdere di vista il significato del papato.
Francesco segue lo spirito del Concilio Vaticano II oppure no, come sostiene Socci?
Cascioli: Benedetto XVI aveva detto con chiarezza che c’era stato un Concilio vero e uno dei media. Ugualmente, esiste un Francesco vero e uno dei media: finora quello che prevale è il secondo, dal quale ci si attende che cambi tutto, dal sacerdozio femminile al matrimonio dei preti, vecchi temi che vengono spacciati per novità. Che una certa pubblicistica e una parte di teologi e di vescovi puntino su una rottura col passato, questo è vero; ma che Francesco sia così, è un’altra questione. Lo stile di Francesco è molto diverso da quello dei due papi precedenti, che brillavano per lucidità di giudizio; qui c’è uno stile un po’ latinoamericano, un po’ gesuitico, in cui si rimane sempre un po’ in sospeso. Ma che Bergoglio la pensi come Küng ho molti dubbi; o per lo meno, come arcivescovo non ha mai dato quel genere di impressione. Se non ci sono delle evidenze sulla sua mancata ortodossia o fedeltà alla tradizione della Chiesa, non vedo perché volerlo giudicare.
C’è un costume, anche un po’ sconcertante che ha attecchito con questo pontificato: chiunque parli con il papa, poi esce e grida ai quattro venti il contenuto della conversazione. Questo vale anche per i suoi collaboratori, ad esempio quelli che stanno lavorando con lui sulla prossima enciclica. Queste sono cose senza precedenti: una volta c’era il segreto, non indiscrezioni continue. Queste cose contribuiscono a creare confusione, aspettative e smarrimento.
Il papa sta mettendo in discussione la lettera dei Vangeli?
Cascioli: Ricordo che in qualche udienza fa, parlando di miracoli, il papa dicesse che non sono storielle. Molto dipende da come guardiamo al papa: se passo il tempo solo a cercare i suoi passi falsi, di argomenti ne avrò molti. Teniamo conto di una cosa: una volta il papa si esprimeva solo su questioni fondamentali della fede attraverso le encicliche, le catechesi, le udienze e, da qualche decennio, gli Angelus. Con i viaggi di Giovanni Paolo II queste opportunità di incontro si sono moltiplicate, ma sono rimaste dentro momenti ben precisi. Ora si stanno moltiplicando le dichiarazioni informali e le battute; questo sta creando un cambiamento epocale nella comunicazione. Già Benedetto XVI scrivendo dei libri proponeva un’eccezione non da poco, tant’è vero che nella prefazione del suo libro su Gesù avvertiva che lì a scrivere era il teologo e che dunque poteva essere tranquillamente criticato. Invece con papa Francesco si sono moltiplicate le uscite informali. Diciamolo francamente: l’esortazione apostolica, l’enciclica o il documento programmatico alla fine lo leggono in pochissimi e gli argomenti non passano, mentre la battuta detta in aereo ai giornalisti, o l’intervista a Scalfari o De Bortoli hanno grande presa. Ci troviamo di fronte a un fenomeno veramente nuovo: come magistero passano tante cose che magistero non sono, e che quindi sono opinabili. Ad esempio: se il papa dice “io non ho mai capito questa storia dei valori non negoziabili”, uno può anche rispondergli che forse si sbaglia, perché intanto non sono valori ma princìpi, e poi basterebbe guardasse al magistero dei papi precedenti. Quella è solo un’intervista, ma è ciò che passa. Lo stesso vale per la famosa frase, tra l’altro malcitata, “chi sono io per giudicare?”, che ha creato conseguenze enormi. Questo rischia di provocare una sovraesposizione del papa Francesco, ma magari per il prossimo pontefice sarà la stessa cosa, perché ormai il mondo della comunicazione è così. Ci vorrebbe forse più prudenza su questo.
Ma Francesco ha le idee chiare sulle questioni etiche?
Cascioli: Anche qui rientriamo nel dubbio “papa vero o papa raccontato”. Francesco non insiste come quelli precedenti su alcuni temi, soprattutto non lo fa in un certo modo. Dall’altra parte non è vero che non è chiaro: in molti discorsi ha parlato della famiglia, della vita, dei diritti umani. Certo, lo fa con il suo stile, ma questo non fa venire meno il magistero su alcuni temi. Si sa che la sensibilità di ciascuno porta a privilegiare alcuni temi piuttosto che altri. Sarebbe diverso se dicesse che il diritto alla vita non è più il fondamento dei diritti umani. Si può anche rispettosamente non essere d’accordo su alcune cose, facendo osservare che non trattandosi di fede, ma di economia o politica, possono essere opinabili. Secondo me il vero problema che pone Socci è la legittimità del papa. Dire “non è Francesco” è una cosa molto pesante, una cosa che da un punto di vista canonico è campata in aria. Domani pubblicherò ad esempio un contributo di un canonista che spiegherà perché è sbagliata quest’impostazione di Socci. Ma se anche fosse vera, dovrebbero essere i cardinali a dire che è così. Se lo dico io, che sono un laico, come posso decidere della nullità su un Conclave? Rischio solo di portare fuori strada tante persone che perdono fiducia nel papa e nella Chiesa. Forse bisognerebbe tutti recuperare quella consapevolezza di cui ha dato prova Benedetto XVI, quando si è dimesso dicendo che la Chiesa è guidata da Cristo e non dal papa. Con questa fiducia si può seguire un papa, anche quando ci lascia un po’ perplessi.