Un divertente film sul senso della paternità
Lord Gorgon-Zole è il capo di una ristretta elite (loro solo hanno il diritto di porsi in testa una lunga tuba bianca) che si concede la degustazione di preziosissimi formaggi comprati con i soldi sottratti alle iniziative benefiche della città. Il lord è così impegnato nel banchettare che finisce per trascurare la figlia Winnie e non preoccuparsi del rapimento di un bambino avvenuto ad opera dei Boxtroll, una strana tribù di omiciattoli che vive nei sotterranei della città. Si limita a promettere a Archibald Arraffa che avrà anche lui l’onore della tuba bianca se riuscirà a eliminare tutti i Boxtroll.
In realtà il bambino non è stato rapito ma salvato dai Boxtroll dalle grinfie del perfido Arraffa che ha inventato il racconto del rapimento per potersi conquistare la tuba bianca. Dieci anni dopo il bambino, di nome Uovo, è ormai cresciuto ma crede di essere anche lui un Boxtroll…Sono molti i personaggi cattivi in questa storia: lo è la cricca dei signori con tuba bianca, segno del loro potere sulla città di Pontecacio, che destinano i soldi destinati agli orfanotrofi e altre iniziative benefiche per acquistare formaggi prelibati. Lo è lord Gorgon-Zole, insensibile a tutte le richieste di attenzione da parte della figlia Winnie; lo è soprattutto Archibald Arraffa: corroso dall’ambizione e dall’invidia, vuole soprattutto entrare nella cerchia elitaria della tuba bianca. Perfino il popolo di Pontecacio non ci fa una bella figura: massa anonima priva di capacità di giudizio, facile da aizzare contro il primo nemico che gli viene presentato come tale.C’è poi la categoria degli incerti, come i tre “tirapiedi” di Archibald Arraffa: mentre vanno a caccia di Boxtroll filosofeggiano su cosa sia il bene e il male e si domandano se loro fanno parte, con le loro azioni, della schiera dei “buoni” o di quella dei “cattivi”.
In questo racconto ricavato dal libro di Alan Snow "arrivano i mostri"- Edizioni Mondadori, ci sono anche i buoni puri ma sono come bloccati dalle loro imperfezioni. I Boxtroll sono timidi e gentili: si nascondono dentro le loro scatole appena si trovano di fronte a una minaccia; il ragazzo-box Uovo, troppo onesto e incapace di mentire, non riesce a contrastare il perfido Arraffa.
Per tutti c’è una soluzione: cercare con determinazione di essere se stessi a tutti i costi, liberi dai propri vizi e debolezze. Succederà per i Boxtroll che sapranno vincere la loro ritrosia e usciranno finalmente dalle loro scatole; Uovo troverà la forza per essere quello che è, un umano in grado di contrastare i cattivi avversari. I due tirapiedi di Arraffa sapranno superare la loro remissività e riusciranno a ribellarsi al loro capo per entrare con orgoglio nel novero dei “buoni”. Lord Gorgon-Zole, saprà superare il suo vizio di gola e inizierà a prendersi cura di sua figlia. Solo Arraffa non cambia perché incapace di autocritica; esclama trionfante “io sono quello che sono” ma questo sarà l’inizio della sua fine.
Una volta che si sono superate le proprie debolezze, come impegnare la libertà conquistata?
La risposta si trova nel personaggio di Winnie: fin dalle prime sequenze ci viene mostrata una ragazza che ha il pieno controllo di sé stessa, non si fa impressionare da nessuno ed è dotata di una forte curiosità, voglia di sapere: interroga tutti e indaga perché cerca la verità dietro le apparenze. Sarà la prima a comprendere che il disprezzo verso i Boxtroll è ingiustificato: si tratta solo di un pregiudizio costruito da persone malvagie. Non c’è nel racconto nessun riferimento soprannaturale ma tutto è rigorosamente immanente: colui che riesce a dominare le proprie debolezze è in grado di discernere il vero dal falso e in particolare può accedere alla pienezza della propria natura umana che è essenzialmente buona. Il film esalta in particolare il senso della paternità: quella di lord Gorgon-Zole che scoprirà la bellezza del rapporto con sua figlia e quella del padre di Uovo: solo lui riuscirà a fargli trovare il coraggio necessario per affrontare le avversità.
Complessivamente un film positivo per quel che riguarda l’enfasi che pone sulle virtù umane: resta da domandarsi se i ragazzi, a cui il film è specificamente dedicato, sapranno cogliere i messaggi un po’ troppo filosofici che sono sottesi alla narrazione, sopratutto quando si inizia a discernere fra cosa è il bene e cosa è il male. Occorre anche dire che gli sceneggiatori hanno rinunciato a quella tipica forma di alleggerimento del racconto dei film animati della Disney: porre accanto alla protagonista femminile e a quello maschile alcune spalle comiche in grado di intrattenere con gag esilaranti. Il racconto si concentra sui conflitti fra i personaggi e alcune scene spaventose potrebbero impressionare i più piccoli (difetto già presente in Coraline e la porta magica (2009), della stessa casa di produzione Laika).
Come ultima osservazione occorre valutare l’ipotesi dell’esistenza di una chiave di lettura diversa del racconto, non manifesta ma sublimale: i Boxtrolls che alla fine escono dalle loro scatole perché i pregiudizi su di loro sono cessati potrebbe essere un riferimento alla comunità gay; il fatto che il ragazzo Uovo venga allevato da questi ominidi fra i quali non c’è distinzione di sesso potrebbe alludere a forme di adozione da parte di persone omosessuali. Sono ipotesi che non annullano l’evidenza del fatto che il ragazzo Uovo riesce a maturare solo quando incontra il suo vero padre e che l’amica Winnie, che cerca ardentemente di esser ascoltata da suo padre, gli fa notare come lui sia diverso dai Boxtrolls: ha cinque dita della mano e non quattro.
L’animazione impiegata è quella della stop motion, ormai arrivata a un livello di sofisticazione particolarmente elevato. La tecnica mescola marionette che vengono animate passo-passo con l’uso della computer grafica per realizzare la nebbia, le nuvole, il mare). Gli autori si sono sbizzarriti nel concepire una città costituita da tante case aggrappate a una irta collina sul mare e le sequenze che si svolgono fra i suoi vicoli e le sue case sono un vero piacere per gli occhi.