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La mancanza di etica nel comportamento di De Magistris

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 03/10/14
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«Un uomo delle istituzioni deve avere sempre rispetto della legge», ammonisce l’ex parlamentare cattolico Castagnetti
Sta facendo molto rumore la sospensione dall’incarico di sindaco di Napoli di Luigi De Magistris. Un provvedimento arrivato dopo la sua condanna per abuso d’ufficio nell’inchiesta Why Not (La Repubblica, 24 settembre).

INTERCETTAZIONI ILLEGITTIME
La sentenza di condanna, un anno e tre mesi di reclusione con sospensione condizionale, beneficio che fa decadere anche l’interdizione dai pubblici uffici per un anno. De Magistris era stato accusato di aver acquisito senza autorizzazione i tabulati telefonici di Prodi, Rutelli, Mastella ed altri politici durante l’inchiesta avviata nel 2006 quando lavorava in Procura a Catanzaro (Ansa, 24 settembre).

LA SFIDA DEL SINDACO
Appena incassata la condanna, ha affermato di non volersi dimettere da sindaco e di sentirsi convinto che la sospensione sarà "breve", ipotizzando un periodo di 3-4 mesi fino alla sentenza d’appello di Why Not (La Stampa, 30 settembre). Ha confessato poi di essersi sentito «tentato» dal condurre una «lotta fuori delle istituzioni». «Potevo scegliere la disobbedienza civile, rifiutarmi di firmare la sospensione perché non riconoscevo l’atto. Invece l’ho ricevuto e ho firmato»(Corriere del Mezzogiorno, 30 ottobre).

IL MOLOCH DELL’ETICA PUBBLICA
Ha aggiunto che «la legge va applicata sempre, non è che se un mafioso viene condannato e critica la sentenza può essere equiparato ad un innocente che critica la sentenza» e affermato che, di fronte ad una sentenza che giudica ingiusta, che «i magistrati non sono il Moloch dell’etica pubblica» (Repubblica Napoli, 30 settembre).

SCONTRO CON MASTELLA
L’ultimo atto della querelle è andato in un onda durante Servizio Pubblico (2 ottobre) con il faccia a faccia tra il sindaco e Mastella, imputato in Why Not e poi assolto in primo grado, a scambiarsi accuse reciproche su un uso "personale" della giustizia, con De Magistris ad attaccare l’ex Ministro della Giustizia per aver fatto pressioni in vista di una suo trasferimento della Procura di Catanzaro (sempre nel 2006), e Mastella a ribattere di aver avuto una carriera politica rovinata dagli errori giudiziari dell’allora magistrato.

ATTEGGIAMENTO SBAGLIATO
E’ un comportamento eticamente corretto quello tenuto dal sindaco di Napoli? O maschera un uso deviato della giustizia e del rispetto della legge? Un amministratore pubblico, nel suo stesso, come dovrebbe comportarsi? Aleteia lo ha chiesto a Pierluigi Castagnetti, uno dei più autorevoli politici cattolici, già vicepresidente della Camera dei Deputati ed esperto di Dottrina Sociale della Chiesa. «Il comportamento di De Magistris è la metafora di un atteggiamento sbagliato», sentenzia Castagnetti.

IL FURORE DEL MAGISTRATO
In primo luogo per il rapporto tra politica e magistratura perché in passato De Magistris «si è accanito con particolare furore» nel processo Why Not perchè «c’era di mezzo la politica». Una foga, un comportamento da "giustiziere" che si è rivelato poco efficace poiché il processo ha avuto l’esito opposto da quello da lui previsto con l’assoluzione di Mastella.

SOPRA IL MANDATO DELLA LEGGE
In secondo luogo, evidenzia Castagnetti, quell’atteggiamento è la metaforo di un rapporto deviato tra il magistrato e il concetto di giustizia. «Quello che emerge dall’atteggiamento di De Magistris, ieri da magistrato e oggi da uomo pubblico, è un’insofferenza per il dettato della legge». Si comporta da «homo absolutus, sopra il mandato della legge».

IL DOPPIO ERRORE
Per l’ex vicepresidente della Camera, il sindaco-magistrato «ha ritenuto di non rispettare la legge a suo tempo per aver utilizzato intercettazioni illegittime». E per questo è stato condannato per abuso d’ufficio. «Ma non l’ha rispetta neppure oggi quando, per legge, gli è stato chiesto di rinunciare all’esercizio della sua funzione di primo cittadino di Napoli e si è rifiutato di abbandonare l’incarico».

L’ETICA NON E’ CONVENIENZA
Dunque, «siamo di fronte ad un episodio abbastanza inquietante». Un uomo che è stato magistrato «rivede il rapporto con la legge "a modo suo", ragionando in questi termini: "La applico se la condivido, invece non la applico se non mi conviene"». Eticamente, invece, una persona chiamata come amministratore della giustizia, prima, e amministratore della cosa pubblica, poi, «dovrebbe condividere in ogni circostanza il concetto, il valore, la sovranità della legge».

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