Una grande santa… delle piccole cose!
Quando lessi “Storia di un’anima” di Santa Teresa di Lisieux, lo feci fu quasi controvoglia. Diciamo che ce l’avevo un po’ con Santa Teresina per motivi personali: per farla breve siccome non avevo ricevuto la rosa durante la “Novena delle rose” mi era presa a male… Ero rimasta talmente delusa che mi lamentavo con lei, lanciavo sguardi contrariati di tanto in tanto al suo santino che tenevo vicino al mio letto.
La verità è che proprio questo mi ha fatta dire “non è normale questa sorta di antipatia, forse “qualcuno” non vuole farmela conoscere ed amare questa santa”, per cui con fare di sfida, mi sono sentita spinta a comprare il suddetto libro, e la cosa assurda è che da lì… è stato amore FOLLE!
Il giardino delle belle diversità
Mi sono accorta con lei per la prima volta di come ognuno sia chiamato ad una santità peculiare, del tutto su misura. Lei era davvero una grande, una rosa per dirla secondo il suo esempio del giardino di Dio. Il libro inizia proprio con questo paragone stupendo sulla grande differenza che esiste tra santi e santi, tra tutte le anime. Perché è vero, non tutti riceviamo le stesse grazie, non tutti arriviamo alla verità secondo gli stessi percorsi, le stesse cose, e non tutti siamo chiamati allo stesso tipo di santità. E così il giardino di Dio è pieno di fiori diversi:
“ho capito che tutti i fiori che ha creato sono belli, che lo splendore della rosa e il candore del Giglio non cancellano il profumo della piccola violetta o la semplicità incantevole della margheritina… Ho capito che se tutti i fiorellini volessero essere delle rose, la natura perderebbe il suo manto primaverile, i campi non sarebbero più smaltati di fiorellini…”.
Santa Teresina piccola… come uno Hobbit!
Con Santa Teresina ho scoperto l’amicizia spirituale. A parte che come si fa a non innamorarsi di una persona che racconta con così tanto amore e purezza i propri ricordi di tenerezza in famiglia,quelli brevi e preziosi con la mamma (morta quando aveva solo 4 anni), con il papà che chiamava il suo re, con le sorelle amorevoli (sì mi sono commossa già alla terza pagina del libro lo ammetto). Più leggevo e più mi sentivo sua amica, una cosa che non mi era mai capitata prima! E leggendo quello che lei scriveva, mi accorgevo che ogni cosa è un dono. Ogni singolo ricordo, momento, le più piccole cose concorrono al bene, “tutto concorre al bene di ogni anima” diceva lei parafrasando San Paolo. E non a caso lei è la santa della piccolezza: «La Santità non è in questa o quella pratica, essa consiste in una disposizione del cuore che ci rende umili e piccoli tra le braccia del Buon Dio, coscienti della nostra debolezza e confidenti fino all’audacia nella sua bontà di Padre».
Per una nerd come me è inevitabile il confronto che poi scatta con l’opera di Tolkien. La varietà delle razze (elfi, nani ecc), le loro peculiarità specifiche mi hanno ricordato moltissimo il discorso dei fiori nel giardino, ma soprattutto la sua “piccola via”, come la chiamava lei stessa, non poteva non evocarmi la grande invenzione del filologo ingelse: gli Hobbit!
Diceva Teresa:
«Per camminare occorre essere umili, poveri di spirito e semplici».
Elrond descrivendo la missione degli Hobbit dice:
“È necessario che la strada sia percorsa, ma sarà molto difficile. Né la forza né la saggezza ci condurrebbero lontano; questo è un cammino che i deboli possono intraprendere con la medesima speranza dei forti.
Eppure tale è il corso degli eventi che muovono le ruote del mondo, che sono spesso le piccole mani ad agire per necessità, mentre gli occhi dei grandi sono rivolti altrove.
“
Passare sotto ai problemi, non sopra!
Questo racconto di Cèline, la sorella maggiore di Teresa (anche lei suora carmelitana) rispecchia questa “piccola via” (che possiamo nerdicamente rinominare “la via degli Hobbit”):
«Tutta scoraggiata, con il cuore grosso per una lotta che mi sembrava insormontabile, andai a dire a Teresa: “Questa volta è impossibile, non ce la faccio a superarla!” “Non mi stupisce”, mi rispose.
“Noi siamo troppo piccole per superare le difficoltà, dobbiamo passarci sotto”
.
Ella mi ricordò allora un episodio della nostra infanzia. Eccolo. Ci trovavamo presso dei vicini ad Alençon; un cavallo ci sbarrava l’entrata del giardino. Mentre i grandi cercavano un altro accesso, la nostra amichetta non trovò di meglio che passare sotto l’animale. Si infilò per prima e mi tese la mano, la seguii con Teresa e senza dover piegare troppo la nostra piccola persona raggiungemmo la meta.
Passiamo sotto! Passare sotto ai problemi significa non affrontarli troppo da vicino, non ragionarci troppo sopra”.»
La via degli Hobbit
Cos’è dunque questa via? E’ quella che Tolkien chiamava la “nobilitazione” degli Hobbit, ovvero la santità. Essere piccoli, sempre più piccoli…essere Mezzuomini! Gli Hobbit sono l’unica razza che si caratterizza per non caratterizzarsi su nulla, se non… la fame(le tre/quattro prime colazioni che sono costretti a saltare per loro sono una tragedia XD) o il passare inosservati per secoli rimanendo chiusi nella Contea. Insomma gli Hobbit sono letteralmente gli ultimi, ma sarà proprio per questo che solo loro potranno portare sulle loro piccole spalle il fardello dell’Anello. Dirà Tolkien in una delle sue lettere:
“sono completamente privi di poteri sovrumani, ma sono rappresentati come più vicini alla natura (alla terra e alle altre cose viventi, piante e animali) e straordinariamente, dal punto di vista umano, privi di ambizione o di brama di ricchezza”.
E lo stesso Teresa se vogliamo, sapeva di essere priva di grandi qualità o doni spirituali, e diceva :
“Ho sempre desiderato d’essere una santa, ma, ahimè, ho sempre constatato, quando mi sono confrontata con i Santi, che tra loro e me c’è la stessa differenza che esiste tra una montagna la cui vetta si perde nei cieli e il granello di sabbia, oscuro, calpestato dai piedi dei passanti… Farmi diversa da quello che sono, più grande, mi è impossibile: mi devo sopportare per quello che sono con tutte le mie imperfezioni;
ma voglio cercare il modo di andare in Cielo per una piccola via tutta nuova. Vorrei trovare anch’io un ascensore per innalzarmi fino a Gesù, perché sono troppo piccola per salire la dura scala della perfezione
.”
Piccoli è meglio
Ma è proprio questa sua estrema piccolezza che diventa poi la strada per Dio! Solo i piccoli possono farsi prendere in braccio:
“… vi porterò in braccio e vi cullerò sulle mie ginocchia!’
L’ascensore che mi deve innalzare fino al Cielo sono le tue braccia, o Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, anzi bisogna che io resti piccola, che lo diventi sempre più
”.
Questa è la via della piccolezza o degli Hobbit (come l’ho rinominata io XD): farsi come bambini nelle braccia di Dio, essere sempre più piccoli, più semplici ed umili… fino ad arrivare ad essere gli ultimi! Perché così si vive solo dello sguardo di Dio, e ogni piccola cosa che possiamo fare diventa grazia, perché “Basta uno spillo raccolto per terra con amore per salvare un’anima”, “tutto è grazia!”
Conclusione
Dunque, che amiate gli elfi o i nani, o gli uomini di Nùmenor, il segreto della vittoria sull’Anello del potere risiede in queste “piccole mani” che si nascondono agli occhi dei potenti, in questi umili che vengono innalzati. Per cui oggi a modello della piccola Teresa, pronti nell’avventura della vita e della santità, auguro questo a voi: siate affamati, (ovvero) siate HOBBIT!