L’arresto dell’ex nunzio apostolico dà avvio a un complesso e preciso iter giudiziarioIl segnale che giunge da Oltretevere è forte. Le istituzioni, i governi e perfino le Chiese locali che in questi anni hanno criticato la politica vaticana nella gestione dei casi di pedofilia, stanno riconoscendo in queste ore quella che a loro appare come una svolta. La stessa Commissione ONU per i diritti del bambino, che negli ultimi anni aveva mancato di riconoscere gli sforzi di cambiamento, ed ultimamente era intervenuta criticamente proprio sul caso dell’arcivescovo polacco, scrive in una nota ufficiale di “apprezzare enormemente i passi presi dal Vaticano”. Ma quello che ai più appare come una grande novità, e cioè la decisione di papa Francesco di mettere agli arresti sul territorio vaticano l’arcivescovo Jozef Wesolowski per abusi su minori e possesso di materiale pedopornografico (arresti subito divenuti domiciliari per le condizioni di salute dell’accusato), deve essere letto in realtà come il punto finale di un lungo processo di cambiamento che gli ultimi due pontefici, in particolare, hanno stimolato e messo in atto.
Le modifiche di Benedetto XVI al Motu Proprio di papa Francesco del 2013 hanno consentito di disegnare un quadro giuridico canonico che oggi permette maggiore apertura alla cooperazione internazionale, soprattutto in temi di riciclaggio e terrorismo, e che prevede nuovi reati, quali la tortura (assente nel codice di diritto penale italiano) e l’apartheid. Soprattutto, nel Motu Proprio c’è una precisa ridefinizione della categoria dei diritti contro i minori, che ora comprendono la vendita, la prostituzione, l’arruolamento e la violenza sessuale sui minori, la pedopornografia, la detenzione di materiale pedopornografico e gli atti sessuali con i minori. Per questi ultimi l’arcivescovo Wesolowski verrà processato. Ma quale sarà l’iter del processo, come si svolgerà l’azione giudiziaria che sarà condotta dal Promotore di giustizia, attualmente l’avvocato di diritto canonico Gian Piero Milano, chiamato in servizio da papa Francesco 10 mesi fa? Aleteia lo ha chiesto ad un altro avvocato di diritto canonico, Giosuè Marigliano, che ci spiega in profondità cosa è accaduto finora in questo caso e cosa accadrà nei prossimi mesi.
In cosa si distingue l’ordinamento giuridico della Città del Vaticano da quello di altri Paesi?
Marigliano: Come è noto lo Stato Città del Vaticano, nato nel 1929 con i Patti Lateranensi, adottò in blocco l’ordinamento giuridico, civile e penale, del Regno d’Italia, come vigente alla data del 7 giugno 1929. Nel corso degli anni, pur subendo modifiche marginali, l'impianto normativo del 1929 veniva confermato, anche la legge N. LXXI del 1° ottobre del 2008, sulle fonti del diritto, ne ribadiva l'osservanza. Ultimamente alcuni interventi legislativi, attenti a molte esigenze ed al cambiamento della società, hanno permesso una migliore sistemazione e un adeguato completamento del diritto penale vaticano sia attraverso, ad esempio, l'attuazione delle previsioni contenute in molte Convenzioni delle Nazioni Unite, sia attraverso l'introduzione di figure criminose previste in molte convenzioni internazionali già ratificate dalla Santa Sede. Recentemente la legge N. VIII e la legge N. IX dell'11 luglio 2013, con interventi di ampia portata, hanno rivisitato il sistema penale vaticano dotandolo di un assetto in alcuni tratti simile alle legislazioni degli Stati contemporanei, pur avendo una finalità peculiare che, tra l'altro, prescinde dai suoi confini territoriali. Per molti istituti, comunque, si fa ancora riferimento all'ordinamento giuridico italiano ed alla sua normativa sostanziale e procedurale, sia penale che civile.
In che caso sono previsti gli arresti domiciliari nel diritto canonico?
Marigliano: Gli arresti domiciliari, che si applicano quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, è uno di questi istituti cui si rinvia ed è un provvedimento con il quale il giudice oltre a prescrivere all'imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora, può imporgli limiti o divieti alla facoltà di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono; inoltre, il periodo di tempo trascorso in stato di arresti domiciliari deve essere scomputato dalla pena complessiva eventualmente inflitta.
È prevista l’estradizione nel diritto canonico?
Marigliano: L'estradizione, forma di cooperazione e collaborazione tra gli Stati, definita "attiva" (richiesta di consegna di un soggetto imputato o condannato nel territorio dello Stato richiedente) o "passiva" (la richiesta di consegna viene fatta dallo Stato nel cui territorio è stato commesso un reato e viene ricevuta dallo Stato che "ospita" il soggetto colpevole o da sottoporre a giudizio), può essere concessa solo se è prevista dalle convenzioni internazionali. La nuova disciplina del sistema penale vaticano, attuata con legge N. IX/11.luglio 2013, rende più difficile l'estradizione. Ed infatti non l'ammette quando sussistano seri motivi per ritenere che: a) la relativa richiesta sia stata presentata al fine di perseguire o di punire o di arrecare danno ad una persona per motivi di razza, di religione, di nazionalità, di origine etnica o di opinioni politiche; b) nello Stato richiedente la persona rischi di essere sottoposta a tortura o alla pena di morte; c) sia contraria a interessi fondamentali dello Stato o della Santa Sede. No all'estradizione anche quando la misura sia contraria a interessi fondamentali dello Stato o della Santa Sede. Per verificare la ricorrenza di queste condizioni si tiene conto di tutte le considerazioni pertinenti, compresa l'esistenza, nello Stato richiedente, di un insieme di violazioni sistematiche, gravi, flagranti o massicce dei diritti dell'uomo. Inoltre per la concessione dell'estradizione esplicitamente la legge N. IX afferma che si devono osservare le convenzioni ratificate con gli altri Stati, gli usi internazionali e le leggi.
Che cosa significa nei fatti l’espressione “dimissione dallo stato clericale”?
Marigliano: Con l'espressione dimissione dallo stato clericale si intende la perdita da parte del chierico (ovviamente, e a maggior ragione, anche da parte del Vescovo NdT) di tutti i diritti peculiari dello stato clericale e non si è più tenuti ai relativi obblighi. La pena della dimissione dallo stato clericale, però, non annulla la sacra ordinazione che, se validamente ricevuta non è mai annullabile. In maniera erronea ancora oggi si usa l'espressione "riduzione allo stato laicale" prevista nel codice di Diritto Canonico del 1917, oggi abrogato e non più in vigore dal 1983, anno di promulgazione dell'attuale Codice. Al chierico che ha perso lo stato clericale è proibito esercitare il potere di ordine e pertanto è privato di tutti gli uffici, di tutte le funzioni e di qualsiasi potere delegato. (Non può esercitare, cioè, il sacro ministero, non può avere compiti in ambito pastorale, non può insegnare nei seminari etc.. Si perdono anche i titoli, nel caso quello di Vescovo). L'unico obbligo che rimane è quello del celibato, che non si perde: la dispensa da questo può essere concessa soltanto dal Romano Pontefice.
Cosa prevede la procedura giuridica vaticana in caso di delitti di pedofilia?
Marigliano: I delitti contro il sesto precetto del Decalogo commessi da chierici a danno di minori e più in generale i delicta graviora contro la morale, contro i sacramenti e contro la fede (delicta reservata) sono, infatti riservati alla competenza della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) che tutela la dottrina sulla fede ed i costumi in tutto l’orbe cattolico attraverso l’esercizio della funzione giurisdizionale in materia penale. I chierici accusati di abusi diretti contro i minori di anni 18 e di abusi indiretti (pedopornografia) contro minori di anni 14 una volta denunciati dalla vittima, e dopo una verifica da parte dell'Autorità Ecclesiale sulla verosimilità della notitia criminis, subiscono un processo penale che può essere amministrativo o giudiziario caratterizzato da una fase istruttoria ed una dibattimentale tramite la redazione di memorie scritte. Possono farsi assistere da un avvocato rotale competente nella materia ed approvato dalla CDF. Alla fine del processo, dopo la fase istruttoria e dibattimentale, verrà emesso il Decreto o la Sentenza che, in caso, possono essere appellati in secondo grado: con la seconda pronuncia si ha il giudicato e l'esecutività della sentenza. La pene sono varie e, pur non esaurendosi in queste, possono andare dal divieto di esercitare il Sacro Ministero, al divieto di amministrare il Sacramento della Confessione fino alla dimissione dallo stato clericale. Non si dimentichi però che nell’ordinamento ecclesiale l’instaurazione di un procedimento penale costituisce pur sempre l’extrema ratio, dovendosi verificare dapprima la possibilità di fare ricorso ad espedienti pastorali. In una comunità come la Chiesa, infatti, il processo non è la situazione ideale dei conflitti.
Sappiamo che si trova ai domiciliari, ma qual è la situazione al momento del caso dell’arcivescovo Wesolowsky?
Marigliano: Il processo penale canonico di primo grado (non quello che deve ancora cominciare nel Tribunale Vaticano per il Vescovo polacco) che a quanto si apprende da fonti giornalistiche si è svolto presso la Congregazione per la Dottrina della Fede e che riferiscono essere terminato con una sentenza di condanna per mons. Wesolowsky e con la pena della dimissione dallo stato clericale necessita di un grado di appello affinché l'eventuale condanna e la relativa pena siano definitive. Ad oggi risulta che contro la sentenza di primo grado il Vescovo Wesolowsky abbia proposto appello e fino a che il Tribunale di secondo grado non si sarà espresso, secondo la normativa canonica, non scenderà il giudicato.