In America Latina, la Caritas ha visto come “si allungano le code dei poveri, e soprattutto delle famiglie”
Caritas Internationalis ha organizzato giovedì scorso nel Palazzo San Callisto di Roma un seminario intitolato “La famiglia: una risorsa per superare la crisi”. Nel discorso inaugurale, il cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga ha parlato della crisi economica “senza precedenti” iniziata nel 2008 e che sta colpendo i più poveri e le loro famiglie.
Il porporato ha messo in dubbio la prosperità economica dell’America Latina e del Caribe e delle loro cosiddette “economie emergenti”. Il cardinale honduregno ha avvisato del fatto che la Caritas ha constatato che nei suoi centri di aiuto “si allungano le code dei poveri, e soprattutto delle famiglie”, anche se nella regione si parla di “indici di esportazione del 5-6%” e “aumenta il Prodotto Interno Lordo pro capite”.
Mentre gli indici macroeconomici nel continente sembrano fiorire, i poveri e le loro famiglie ricorrono alla Caritas per chiedere lavoro, una casa, tutela giuridica, integrazione sociale e tornare ad essere cittadini. In definitiva, interpretando i dati della Caritas, la “stabilità economica” bandiera dei Ministri dell’Economia latinoamericani non dà da mangiare ai poveri.
Il porporato salesiano ha messo in discussione le “economie emergenti” perché se è vero che c’è “una diminuzione della povertà, è anche vero che questa continua a flagellare quasi 167 milioni di persone” in America Latina, ovvero “quasi il 28% degli abitanti”.
“A Wall Street, quando giungono notizie sul buon andamento dell’impiego, la borsa crolla”, ha osservato il presidente di Caritas Internationalis. “Ora sono più importanti i guadagni rapidi e la speculazione”. In questa logica, le famiglie e i Paesi sono “sempre meno protagonisti del proprio destino”. “Gli aspetti finanziari delle decisioni prevalgono su quelli economici e umani”.
“La Caritas degli Stati Uniti”, ha proseguito Rodríguez Maradiaga, “ci racconta che, malgrado il mito dell’America come terra di grandi opportunità, molte famiglie americane rischiano la povertà, soprattutto i nuclei familiari” con donne come capofamiglia. È povero “un americano su sette, e l’indice di disoccupazione è aumentato raggiungendo oltre il 9%”. Oltre a questo, “3 milioni di persone hanno difficoltà ad arrivare alla fine del mese. Le più colpite sono le famiglie degli immigrati”.
“L’impatto della povertà si amplifica laddove la crisi entra nella vita di famiglie ‘ferite’, che vivono la fragilità delle relazioni e la rottura”. Il cardinale ha anche lamentato la fragilità delle relazioni e la “solitudine dei bambini e degli anziani”. “Come indicano gli apporti di Caritas Portogallo e Francia, i bambini sono i primi a vedersi danneggiati dalla povertà e dalla fragilità degli affetti”.
Ha quindi invitato la Chiesa e la società in generale a usare tutta la “creatività affettiva” per curare tante famiglie ferite “denunciando le ingiustizie”.
“Se le famiglie si sentono accolte e accompagnate dalla comunità, se si sentono soggetti e non utenti, oggetto della nostra assistenza, sanno vivere con coraggio l’amore e la speranza evangelica e avranno sempre fiducia nell’uomo e nella sua capacità di creare amicizia e solidarietà”, ha proposto il porporato basandosi sull’esperienza della Caritas. Ha poi avvertito del fatto che l’imbuto dei benefici economici della globalizzazione è un male quando ne beneficiano solo in pochi, “aumentando la distanza tra ricchi e poveri”.
Il presidente della Caritas ha anche esposto le contraddizione del mercato “moderno” che viola la dignità delle persone: disuguaglianza, disoccupazione, dissipazione di valori, livellamento di culture diverse, “perché un’economia non si può chiamare moderna se accumula tutta la ricchezza da un lato e tiene tutta la povertà dall’altro”, così come non si può definire una società globalizzata se “divide l’umanità tra inclusi ed esclusi”.
Il cardinale ha fornito cifre per dire che i Paesi industrializzati aumentano i propri consumi mentre quelli poveri perdono sempre più terreno: “negli ultimi 25 anni, nei Paesi industrializzati il consumo pro capite è aumentato a un ritmo del 2,5% annuo, mentre nei Paesi africani il consumo per famiglia è diminuito del 20%”.
“Su scala mondiale”, ha commentato, “gli abitanti dei Paesi con maggiori entrate assorbono l’86% delle spese del consumo privato, contro l’1,3% nei Paesi poveri”.
In questo modo, l’attuale economia di mercato è un’efficiente macchina di “esclusione”. “L’economia di mercato è efficiente perché è capace di creare ricchezza, ma è escludente perché è incapace di distribuirla in modo equo”.
Per questo, di fronte ai sentimenti di impotenza che genera la crisi economica nelle famiglie, “noi cristiani non possiamo limitarci ad alleviare le loro ferite, ma dobbiamo avere il coraggio evangelico e l’impegno civile di cambiare questa realtà, di liberare le famiglie dal peso che grava su di loro”.
Bisogna “impegnarsi in nome del Vangelo” a non lasciare nessuno sul cammino. In questo senso, “la prova più grande per le famiglie del nostro tempo è la solitudine, che isola e distrugge. Solo l’amore ricevuto, vissuto e condiviso quotidianamente, in famiglia e nella comunità, farà sì che nessuno si senta mai solo”.
[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]