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La grande muraglia

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Giuliano Guzzo - pubblicato il 20/09/14
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A Trento prove tecniche di ideologia gender?
Sono in netta minoranza, ma non mollano; numericamente sono già sconfitti, ma l’idea che il provvedimento contro il quale si stanno scagliando – un disegno di legge sull’omofobia che odora d’ideologia gender lontano un miglio – sia la cosa giusta da fare, li tiene vigili e combattivi: stiamo parlando dei politici di minoranza del Consiglio provinciale di Trento che, coordinati dal valoroso consigliere Rodolfo Borga di Civica Trentina, da giovedì stanno facendo tutto il politicamente possibile per fermare una proposta legislativa che, partendo da un finto problema (il dilagare della discriminazione omofoba), mira a generarne non solo uno vero, ma uno enorme: il dilagare della convinzione che un padre maschile ed una madre femminile, in fondo, siano convenzioni borghesi, che la famiglia naturale sia un’imposizione cattolica, che sia giusto dire ai giovanissimi da educare che possono benissimo educarsi da soli scegliendo se essere/rimanere maschi, femmine o «altro», com’era incredibilmente scritto nella versione originale del disegno di legge d’iniziativa popolare: articolo 2, comma 1, lettera b. Il lettore gradirà la precisazione, anche perché altrimenti avrebbe potuto pensare allo scherzo.

Dalla loro, per contrastare il delirio gender, i consiglieri di minoranza hanno “solo” ordini del giorno, oltre mille emendamenti e tutto il tempo possibile per stancare la maggioranza e convincerla ad abbassare la bandiera arcobaleno e ad alzare quella bianca. Questo per restare ad un piano formale. Perché in realtà, al di là dei regolamenti del Consiglio e dei giorni che rimangono ancora davanti a loro (per ora sono certi: domani, quindi domenica, ed anche lunedì), questi rappresentanti del popolo adesso sono anche rappresentanti della ragione. Con le loro parole ma soprattutto con la loro eroica determinazione non stanno adesso difendendo alcun particolarismo, né qualsivoglia interesse di bottega: sai che affare battersi contro un provvedimento antiomofobia per sentirsi subito apostrofare come “omofobo”, qualunque cosa questa parola voglia dire. No, con la loro azione politica quei consiglieri stanno difendendo il buon senso che i loro colleghi di maggioranza, con la luminosa eccezione di Walter Kaswalder (Patt), hanno sacrificato sull’altare della convenienza di coalizione. Senza rendersi conto che le alleanze politiche finiscono a fine legislatura, mentre quella con la propria coscienza, una volta compromessa, rischia di esserlo per sempre.

Qui l’originale

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