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Sguardi che guariscono, parole che danno vita

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Carlos Padilla - Aleteia - pubblicato il 16/09/14
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A volte arriviamo a credere che sia vero che esiste quel seme sotterrato nel più profondo del nostro essere e sorridiamoIl Vangelo a volte ci mostra la vita quotidiana di Gesù: “Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare”. La quotidianità ha a volte qualcosa di magico. La routine di quelli che amiamo ha per noi il valore unico di conoscere la persona nel suo posto, con le sue abitudini, con il suo mondo.

Gesù uscì di casa. Ci consola pensare che Gesù, il pellegrino, il camminatore, colui che non aveva un posto in cui posare la testa, abbia avuto la sua casa e le sue radici. Ne ha avuto bisogno, come ne abbiamo bisogno noi. Sicuramente quell'epoca l'ha conservata dentro di sé per tutta la vita.

Anche noi custodiamo i luoghi in cui cresciamo e ci sentiamo amati. Quando siamo stanchi, torniamo lì con il cuore.

La sua casa a Cafarnao, la casa di Pietro. Quel luogo è stato la sua abitazione da quando ha iniziato la sua vita pubblica. Andava e tornava, fino a quando non ha preso la via per Gerusalemme. Una casa condivisa con i suoi. Da quando li ha chiamati, non si è mai separato dagli apostoli.

Ha gettato radici in quella città, accanto al mare di Tiberiade. C'era anche Maria. Lì pregava, passeggiava, pescava, sognava e amava, ascoltava, guariva. Il luogo dell'incontro con la gente. Il suo luogo di riposo.

Gesù esce di casa senza che ci sia niente di previsto, senza agenda. Con il cuore aperto a ciò che quel giorno suo Padre avesse voluto regalargli. Molti lo cercano per le sue parole di vita, per le sue mani che guariscono, perché ha qualcosa che fa sì che tutti vogliano riposare in Lui.

Forse in quel momento gli sarebbe piaciuto continuare a stare da solo, per contemplare e pregare, ma arrivano tutti, ed Egli cambia i suoi programmi: “Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca”. È tutto per loro. Mi piacerebbe avere quella libertà interiore.

Gesù lascia tutto per chiunque si avvicini a Lui. A volte non è così facile. Sono gli imprevisti che ci allontanano dal nostro progetto. La vita di Gesù è stata questo, accogliere tutti, adattarsi all'altro.

Gesù ha il cuore aperto a ciò che suo Padre gli dona. Lascia la sua solitudine per quelli che sono come pecore senza pastore, e si commuove. Gesù, dalla barca, parla loro di suo Padre, parla al loro cuore, risponde alle loro domande.

Gesù avrà avuto una voce potente. Che fortuna poterlo ascoltare, seduti sulla riva, guardando il mare. “Parlò loro di molte cose in parabole”.
Gesù sale sulla barca e parla. È una bella immagine. Lo cercano, lo ascoltano. Hanno bisogno di sentire le sue parole.

Con il tempo è come se noi avessimo ascoltato già troppe cose. Non vogliamo sentirne altre, ne abbiamo abbastanza. Non vogliamo perdere tempo con parole vuote. Non ci apriamo alla novità.

Gesù ha parole di vita eterna. Calmano l'anima. Quante parole attorno a noi, tante delle quali vuote! Quante notizie e quanti discorsi che ci lasciano senza pace! Ne usciamo svuotati.

Gesù ci parla del seminatore che esce a seminare: “Il seminatore uscì a seminare. E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Chi ha orecchi intenda”.

Il seme del seminatore cade in vari luoghi: sulla strada, tra le pietre, sulle spine e sulla terra buona.

Colpisce sempre ascoltare queste parole. Gesù parla di se stesso, parla di suo Padre Dio. Il seme è la Parola di Dio che muore nel cuore degli uomini e dà frutto.

A volte la sua parola sono sogni perduti e dimenticati e non fioriscono. Parole che sono state pensate per la vita e sono morte.

Diceva Mario Benedetti: “Dai vita ai sogni che tieni nascosti, scoprirai che puoi vivere questi momenti con gli occhi aperti e senza paura, con gli occhi chiusi e i sogni svegli”.

I semi sono quei sogni che Dio semina nella nostra anima. Sono vari cammini, varie possibilità. Oggi penso al seme dell'eternità, della bontà, che Dio ha seminato nel nostro cuore.

Ci sono persone che riescono a tirar fuori da noi quel seme nascosto. Ci sono persone che ci guardano dentro, come Gesù guarda dalla barca, come ci guarda Dio. Guardano il seme nascosto. Quello che siamo, non quello che facciamo. Vedono l'albero nascosto in un piccolo seme. Impossibile da vedere se non con gli occhi dell'anima.

Sono persone che sanno, guardandoci, come siamo dentro. Credono nelle nostre possibilità, vedono al di là dell'esteriorità.

Persone che ci avvicinano a Dio, che ci fanno riconoscere quel seme unico che è l'impronta di Dio nella nostra vita, l'impronta delle sue mani quando ci ha creati.

Per loro siamo unici, conoscono i nostri doni quando noi vediamo solo i nostri errori. Quando cadiamo continuano ad amarci senza dubitare di noi.

Guardano ciò che siamo, a volte meglio di noi. Vedono il giardino quando noi vediamo solo una brutta radice. Ci guardano con lo sguardo di Dio. Meglio ancora. Dio ci guarda attraverso i loro occhi limpidi.

A volte attraverso di loro arriviamo anche a credere che sia vero che esiste quel seme sotterrato nel più profondo di noi e sorridiamo. E ci appoggiamo a loro per rialzarci. Che sicurezza ci dà il loro sguardo!

Quelle persone sono il meglio della nostra vita. Sono gli strumenti prediletti dell'amore di Dio. Hanno lo sguardo puro che ci guarisce e ci sostiene.

Magari potessimo essere così con molti e riuscissimo a guardare dentro gli altri, a svelare i loro semi nascosti. Con un solo sguardo da parte mia una persona può guarire.

Posso far sì che creda nel suo seme. Posso farle credere che senza il suo seme io sono incompleto, mi manca qualcosa, perché nessuno mi dà quello che mi dà lei. Dio ne ha bisogno. Come di me. Credere in lei. Come Dio crede in me. Ciò che Dio ha seminato nel cuore dell'altro è un dono per la mia vita.

A volte ci costa vederlo. Allo stesso modo, il seme che Dio ha piantato in me è un dono per il mondo. È il mistero dell'essere umano, abbiamo bisogno gli uni degli altri.

Penso a quel tesoro nascosto nel campo per il quale vale la pena di vendere tutto. Ha a che vedere con il seme. È quel nome, quel seme unico e personale che Dio ha posto in me. Per questo vale la pena di dare la vita, di lasciare tutto e lottare con tutta l'anima.

Il seminatore getta il seme ovunque: sulla strada, tra le rocce, tra le spine e sulla terra buona. Gesù dice: “Tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia, ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato. Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l'inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto”.

Semina in tutti i cuori. Cerca tutti noi. Non sceglie la terra buona per piantare il seme lasciando da parte quella arida. Non sceglie i migliori perché pensa che siano quelli che daranno frutti. No. Ama chiunque, senza guardare se la sua terra è dura, piena di spine, è buona o è al lato della strada.

In realtà non è efficace, perché si perderanno molti semi per colpa del luogo in cui cadono. Tiene conto dei nostri limiti e confida in noi. Dio ci cerca, cerca la nostra terra, esce di casa e ci viene incontro.

È quel Dio che esce ogni giorno a seminare. Cerca tutti, mette il seme del suo amore in tutti i cuori, senza disprezzare nessuno. Confidando che ciascuno possa essere terra buona, se toglie le spine, se si allontana dal ciglio della strada, se scava e approfondisce, se toglie le pietre.

Diceva padre José Kentenich: «Parte dell'uomo pieno, come Dio lo ha pensato, passa per attualizzare quella capacità di obbedire accogliendo il dono di Dio» [1].

Confida nella nostra capacità di obbedire, di accogliere il seme. Dio è il seminatore e anche il giardiniere che, con la nostra terra, per com'è, con la sua durezza e le sue pietre, con le spine che la soffocano, con le sue zone profonde e quelle più secche, può rendere la terra più fertile.

Solo Dio può farlo, e noi dobbiamo solo aprirci alla sua grazia obbedendo. Gesù non vuole dire che alcuni di noi sono terra buona e altri no. Noi la vediamo così, Egli no.

Tutti siamo terre con pietre, con spine, sul ciglio della strada. Tutti possiamo essere terra fertile, feconda.

Com'è la mia terra? Che durezze ci sono, quali cose mi si sono indurite nell'anima, per la mia storia, per le mie ferite, e nessuno può entrare? Quali spine la soffocano, le cose stupide che mi preoccupano, la mia ansia di potere o di valere, la mia ossessione per il successo?

Il suo sguardo, dalla barca, è profondo, conosce la mia sete e la mia necessità. È questo il seminatore di cui ci parla Gesù. È Gesù stesso. Gesù è uscito di casa a cercarmi. Dio esce da se stesso per venirmi incontro.

Esce di casa per venire a casa mia. Esce a seminare. Non si stanca mai, mi aspetta sempre sulle rive del mare, viene verso di me per seminare nella mia anima la pace, la gioia, la vita. Si introduce nella mia barca per predicare. Che amore grande! Infinito, eterno.

Ma alcuni semi cadono sulla terra buona: “Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta” (Mt 13, 1-23).

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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