Disertavano le celebrazioni dopo la scomunica ai mafiosi, la situazione è ora “tornata alla normalità”Trenta detenute della sezione di massima sicurezza del carcere di Lecce disertavano la Messa dopo che papa Francesco, il 21 giugno, aveva scomunicato i mafiosi. Il pontefice di recente ha scritto loro, e la situazione è tornata alla normalità.
Le detenute rifiutavano di partecipare alle funzioni religiose perché non avevano “mandato giù l’anatema del Pontefice contro le mafie e i mafiosi. Un grido che ha inciso le coscienze delle detenute, condannate per mafia, e che sono madri e mogli di mafiosi” (La Gazzetta del Mezzogiorno, 11 settembre).
Lo “strappo” è stato ricucito dallo stesso papa, che ha inviato una lettera alle detenute leccesi spiegando che la scomunica non riguarda coloro che sono in carcere.
“La situazione adesso è tornata alla normalità”, ha riferito don Sandro D’Elia, cappellano del carcere di Lecce. “Il papa, attraverso l’Ispettore dei cappellani d’Italia, ha mandato un messaggio alle detenute di Lecce precisando che la scomunica non è per coloro che sono in regime di restrizione, ma è per tutti quelli che continuano ad operare per il male”.
Il messaggio di Bergoglio ha riportato la serenità fra le detenute, riconciliandole con la fede.
Durante la Messa celebrata nel giugno scorso nella Piana di Sibari, davanti a oltre 200.000 pesone, il papa si era scagliato contro i mafiosi “che nella loro vita hanno scelto questa strada di male e che non sono i comunione con Dio”.
“I mafiosi sono scomunicati. La 'ndrangheta va combattuta, perché adora i soldi e non il bene comune”, aveva detto. Le detenute leccesi hanno sentito la scomunica abbattersi su di loro, visto che sono state condannate per i loro legami con le “ndrine” calabresi, con le cosche della camorra, con i clan della Scu brindisina e leccese e con le famiglie siciliane.
“Se siamo state scomunicate, a Messa non vale la pena andarci”, hanno pensato.
“Quando ho visto che la liturgia veniva disertata in massa, sono andato in sezione per incontrare le detenute che mi hanno rappresentato il loro disorientamento, la loro disapprovazione”, ha commentato don Sandro. “Ho cercato di chiarire che la scomunica non era diretta a loro. Ma, forse, non mi hanno creduto”.
Per questo le recluse hanno inviato una lettera a papa Francesco. “Il messaggio è stato sottoscritto da tutte le detenute che avevano deciso di non partecipare alla Messa. Il papa ha letto la loro lettera ed ha risposto attraverso il Cappellano d’Italia”. Venti giorni fa, nel carcere di Lecce è arrivata la risposta del papa. Don Sandro ha provveduto a fotocopiare il testo, consegnando una copia ad ogni detenuta. Ora la Messa è di nuovo frequentata.