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Crisi in Iraq: qual è la risposta cristiana?

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Aleteia - pubblicato il 11/09/14
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Esperti parlano della minaccia rappresentata dall’ISIS e di cosa dobbiamo fare
Il Presidente Barack Obama ha parlato al pubblico americano per spiegare la sua strategia per combattere la crescente minaccia rappresentata dall’ISIS.

Per mesi, i leader cristiani in Medio Oriente hanno implorato aiuto al mondo per combattere questa minaccia, per loro assai reale. Insieme ad altre minoranze religiose fuggono dall’organizzazione islamista, nota anche come Stato Islamico. A poco a poco, il mondo si è svegliato davanti a questa realtà, soprattutto dopo che il gruppo ha decapitato due giornalisti americani.

Ora si teme che l’organizzazione terroristica – che si è sviluppata al punto da essere quasi uno Stato – stia minacciando i Paesi occidentali nei loro stessi territori.

Le potenze occidentali hanno iniziato a rispondere militarmente. Papa Francesco ha detto che l’aggressore in Iraq deve essere fermato, anche se ha aggiunto “Non dico bombardare, fare la guerra”. Alcuni cristiani paragonano la situazione attuale all’ascesa del nazismo e alla sua minaccia nei confronti delle minoranze religiose. A loro avviso, non abbiamo imparato dal disastro capitato agli ebrei negli anni Trenta e Quaranta del Novecento. Altri adottano un approccio più pacifista.

In occasione del 13° anniversario degli attacchi di Al Qaeda in America dell’11 settembre 2001, abbiamo chiesto a dei commentatori cattolici di condividere le proprie idee su come dovrebbero rispondere i cristiani. Ecco alcune delle risposte.

Russell Shaw, autore cattolico e commentatore

"È chiaro che è necessaria l’azione militare per fermare questi fanatici. Tutta la regione, come anche l’Occidente, sarà in pericolo se non verranno fermati. Il Presidente Obama sta cercando di creare una coalizione per l’azione, ed è altamente auspicabile. Gli Stati Uniti non sono l’unico Paese interessato, e – se hanno un minimo senso di interesse personale – molti Paesi arabi dovrebbero unirsi allo sforzo. Ma indipendentemente dal fatto che sia una coalizione grande o piccola, saranno gli Stati Uniti a doverla guidare. Confido che la ben nota diffidenza del Presidente non lo impedirà.

Non ho idea di cosa intendesse Papa Francesco escludendo sia i bombardamenti che la guerra, dando allo stesso tempo la sua benedizione per fermare l’aggressore. È ovvio che per raggiungere uno scopo devi usare dei mezzi. Forse era solo il suo modo per dire “Non usate più violenza di quella necessaria, e cercate di evitare di uccidere i non combattenti”. In questo caso, sono pienamente d’accordo.

Al di là della crisi immediata, gli Stati Uniti e i loro partner devono prendere seriamente in considerazione i motivi che favoriscono la comparsa di gruppi come l’ISIS e iniziare a intraprendere passi di ampia portata per correggerli. In caso contrario, ci troveremo di fronte alla triste prospettiva di vedere situazioni di questo tipo ripetersi all’infinito."

Anne Hendershott, direttore del Centro Veritas per l’Etica nella Vita Pubblica presso l’Università Francescana di Steubenville, Ohio. È coautrice, con Christopher White, di "Renewal: How a New Generation of Priests and Bishops are Revitalizing the Church."

"Avendo appena pubblicato un libro che loda il coraggio di quella che definiamo una “nuova generazione” di sacerdoti e vescovi che stanno rivitalizzando la Chiesa, sono rimasta delusa dal fatto che tanti di loro siano rimasti in silenzio di fronte alla minaccia rappresentata dai barbari dello Stato Islamico. Forse temono che verranno accusati di critica all’islam. Il reverendo Amel Shimoun Nona, arcivescovo caldeo di Mosul in esilio, ha però avvertito che se non comprendiamo la minaccia che presenta l’islam “anche voi [in Occidente] diventerete vittime del nemico che avete accolto a casa vostra”. Dobbiamo superare la paura di quello che gli altri possano pensare di noi e condannare la barbarie dell’islam radicale e la minaccia rappresentata da coloro che vogliono danneggiarci."

Jude Huntz, direttore dell’Ufficio per la Pace e la Giustizia dell’arcidiocesi di Chicago.

"Il pericolo di pubblicare un riassunto della fede è che il riassunto stesso diventa il sostituto della fede. I riassunti dovrebbero essere bozze su idee di base; non intendono essere una trattazione esaustiva di ogni argomento della tradizione. Nella tradizione cattolica questo problema esiste nelle aree della dottrina sociale cattolica in cui le questioni sono complesse e l’insegnamento su tali argomenti è enorme. Facciamo un esempio: la teoria della guerra giusta. Il Catechismo afferma:

2309 Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale.

Mettendo da parte il linguaggio che sottolinea la riluttanza a intraprendere una guerra, il passo è preceduto da una serie di paragrafi che obbligano tutti i cattolici a cercare la pace e la via della non violenza. Il ricorso alla guerra è un’eccezione alla regola della non violenza, non la regola stessa. La Chiesa non ordina mai ai suoi figli di compiere atti di violenza fisica contro un’altra persona. Una presentazione più approfondita dell’argomento si ritrova nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, che fa precedere alla teoria della guerra giusta numerosi insegnamenti papali sulla pace, incluso questo paragrafo:

496La violenza non costituisce mai una risposta giusta. La Chiesa proclama, con la convinzione della sua fede in Cristo e con la consapevolezza della sua missione, « che la violenza è male, che la violenza come soluzione ai problemi è inaccettabile, che la violenza è indegna dell’uomo. La violenza è una menzogna, poiché è contraria alla verità della nostra fede, alla verità della nostra umanità. La violenza distrugge ciò che sostiene di difendere: la dignità, la vita, la libertà degli esseri umani».

Anche il mondo attuale ha bisogno della testimonianza di profeti non armati, purtroppo oggetto di scherno in ogni epoca: 
«Coloro che, per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, rinunciano all’azione violenta e cruenta e ricorrono a mezzi di difesa che sono alla portata dei più deboli, rendono testimonianza alla carità evangelica, purché ciò si faccia senza pregiudizio per i diritti e i doveri degli altri uomini e delle società. Essi legittimamente attestano la gravità dei rischi fisici e morali del ricorso alla violenza, che causa rovine e morti ».

Si ammonisce ulteriormente contro il ricorso alla violenza riconoscendo gli errori della guerra moderna. Oltre a ciò, entrambi i testi ripetono l’insegnamento del Concilio Vaticano II per cui è del tutto giusto e adeguato permettere il diritto dei cittadini a un’obiezione coscienziosa alla guerra e a svolgere altre forme di servizio alla comunità (cfr. Gaudium et Spes #79). Questo riconoscimento sottolinea inoltre il fatto che il ricorso alla violenza della guerra non è un dovere morale, ma un’eccezione all’obbligo morale di lavorare per la pace e a impiegare mezzi non violenti.

La dottrina del Concilio Vaticano II ha cambiato radicalmente l’atteggiamento della Chiesa sulla guerra. Come ha indicato Joseph Ratzinger, poi papa Benedetto XVI, in “Pensieri sul Concilio Vaticano II”, il Concilio si è spostato da una moralità statica della guerra giusta a una moralità dinamica d’emergenza. Bisogna quindi tentare di approcciare il più possibile ci&ograv
e; che è moralmente auspicabile. In questo modo, osservava, si possono almeno sostenere le esigenze morali, anche se non si riescono a raggiungere gli obiettivi morali ultimi.

Come raggiungere l’obiettivo morale ultimo? Sicuramente bisogna compiere un grande sforzo nell’area della diplomazia internazionale come risposta immediata ai pericoli presenti. Anche l’educazione alla non violenza e la risoluzioni dei conflitti sono essenziali per evitare la violenza. Il futuro Santo Padre indicava poi un altro approccio pedagogico in atto nel magistero della Chiesa, osservando che il Concilio non voleva stabilire norme atemporali per questioni così complesse nelle loro ramificazioni storiche, politiche e tecnologiche. Piuttosto, commentava, promuoveva un sentimento di inadeguatezza nei confronti del meramente lecito, considerandolo non più di una concessione temporanea in una storia che vede l’uomo ancora in fase di progresso e ben lontano dal fare ciò che dovrebbe ed è autenticamente giusto. Tutte le azioni umane sembravano moralmente mancanti quando si iniziava a confessare il nostro atteggiamento morale sulla questione, e anche in altre questioni era lungi da ciò che avrebbe dovuto essere.

Il ricorso alla violenza, quindi, non è la norma dell’azione umana, ma una grande mancanza in ciò che ci si aspetta realmente dall’umanità, ad esempio la via della non violenza. Ad ogni modo, molti moralisti cristiani passano molto tempo a giustificare l’uso della violenza e ben poco a sostenere il principio della non violenza al quale siamo chiamati.

C’è sicuramente una concessione nei confronti dell’idea della guerra giusta, ma il criterio per essa è piuttosto rigoroso, anche se per molti moralisti cristiani sembra che ogni guerra riesca a soddisfare i criteri della guerra giusta. Erasmo indicava secoli fa ne “L’educazione del principe cristiano” che alcuni principi ingannano se stessi dicendo che alcune guerre sono del tutto giuste e hanno una giusta causa per avviarne una. Chi, però, commentava Erasmo – dicendo di voler sospendere il giudizio sull’ipotesi che una guerra qualsiasi sia del tutto giusta – non ritiene giusta la propria causa? Tra i tanti cambiamenti nelle questioni umane e il fare e disfare tanti accordi e trattati, indicava, come potrebbe qualcuno non trovare un pretesto, se un qualsiasi pretesto fosse sufficiente ad avviare una guerra?

Vediamo ripetutamente il pretesto per la guerra, e con quale rapidità seguiamo i colpi di tamburo di guerra dimenticando il nostro dovere di lavorare per la pace ad ogni costo. Erasmo sottolineava gli orrori e gli abomini della guerra già nel XVI secolo. A suo avviso, non era mai stato possibile porre fine a una singola guerra, perché ogni guerra è legata a un’altra e porta con sé una catena interminabile e inestricabile di mali, così tanti che il loro numero può essere a malapena compreso. Oltre a ciò, aggiungeva, le basi per avviare una guerra a volte sono false, non di rado forzate, e per la maggior parte dubbie. Il risultato di ogni battaglia è quindi sempre incerto, e alla fine nessuna vittoria è incruenta. Per questo, Erasmo dichiarava che il principe che teme Dio sarà ben più astuto matenendo la pace che imbarcandosi anche nella guerra più vantaggiosa, perché quest’ultima sarà preceduta, accompagnata e seguita da un oceano di male, una palude di malvagità e una piaga di immoralità.

Alla luce della nostra teologia, il nostro compito non è prescrivere soluzioni particolari, ma offrire l’opportunità per la riflessione e il discernimento a un livello più profondo. Il nostro compito come persone di fede è porre domande che promuovano una profonda riflessione morale da parte dei leader mondiali, domande che ci portano più all’ideale che all’eccezione che è meramente moralmente lecita. Visti i fallimenti degli interventi militari precedenti nella regione, qual è la risposta appropriata capace di fornire una pace duratura e un futuro sicuro agli abitanti della zona? Come possiamo proteggere vite innnocenti senza creare una più grave crisi umanitaria? Quali risorse potrebbero fornire sicurezza e stabilità senza ulteriore violenza?"

Ascoltiamo l’appello alla beatitudine degli operatori di pace per poter essere un giorno chiamati figli di Dio.

Sir Mario J. Paredes, K.G.C.H.S., presidential liaison, Roman Catholic Ministries, American Bible Society

"L’aumento della brutalità e della persecuzione non trova posto nella nostra società. Dobbiamo deplorarlo e usare tutti i mezzi a nostra disposizione per respingere e denunciare questo estremismo insopportabile, questa ideologia fanatica. È nostro dovere morale condannare queste atrocità contro le minoranze cristiane, e dovremmo essere pronti a fare lo stesso nei confronti di qualsiasi altra minoranza. L’umanità ci chiama a esercitare la ragione, non la brutalità. Intensifichiamo la nostra campagna per denunciare l’assurdità di questa nuova tendenza."

Padre C. John McCloskey, storico della Chiesa e Research Fellow del Faith and Reason Institute di Washington D.C.

"Tutte le Nazioni appartenenti alla NATO dovrebbero studiare immediatamente un piano per offrire asilo umanitario ai cristiani che vogliono accettarlo. Tutti i Paesi europei di origine cristiana dovrebbero unirsi in una coalizione di forze armate per attaccare e distruggere completamente le forze dello Stato Islamico con ogni mezzo tranne l’utilizzo delle bombe atomiche.

Se sono jihadisti, noi dovremmo essere crociati con una benedizione di papa Francesco e indulgenza plenaria. Una volta sconfitti, tutte le loro armi dovrebbero essere confiscate e distrutte. Tutte le chieste cristiane della regione dovrebbero essere ricostruite.

Allo stesso tempo, tutti i musulmani dovrebbero avere la possibilità di adorare come prima, ma le moschee dovrebbero essere aperte a tutti perché possano assistere alla predicazione, per evitare qualsiasi messaggio che esorti alla violenza contro i cristiani."

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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