La tragedia del ragazzo ucciso a Napoli richiama la necessità di cooperare per il bene dei giovani
È notte a Napoli. Tre ragazzi viaggiano su un motorino, senza casco. I carabinieri, per i quali uno dei tre giovani aveva il volto di un ricercato, latitante da mesi, intimano loro di fermarsi, ma non lo fanno. I carabinieri decidono di rincorrerli, ma a uno di loro parte un colpo, e il 17enne Davide Bifolco muore.
“Napoli, ancora una volta, vive una tragedia che le ferisce il cuore”, ha commentato don Maurizio Patriciello, il “parroco antiveleni”, il sacerdote della “Terra dei Fuochi” (Avvenire, 8 settembre). Due famiglie, in queste ore, sono nell’angoscia: quella del ragazzo morto e quella del giovane con la divisa, il primo neanche maggiorenne, il secondo di appena 22 anni. L’opinione pubblica, come è naturale, è divisa.
“In quartieri come Rione Traiano, Salicelle, Parco Verde, Scampia…, mandare dei giovanissimi e volenterosi agenti con la pistola in pugno può essere pericoloso”, ha commentato don Maurizio. In quelle zone la gente è esasperata dalla microcriminalità, spesso concepita come “più pericolosa e asfissiante del crimine organizzato”.
“Da queste situazioni angoscianti e complesse non ne verremo fuori se non aggredendo il problema alle radici”, ha dichiarato. “Occorre una volta per tutte chiedersi lucidamente, onestamente, cristianamente come fanno a sopravvivere migliaia di famiglie composte da disoccupati e a reddito zero. Se tanta gente non muore di fame, vuol dire che da qualche parte il pane arriva. Lo sanno tutti”.
In questo contesto, ha denunciato il sacerdote, “non si possono dare risposte blande a problemi seri. A chi chiede insistentemente l’acqua non si può continuare a offrire aceto”. Un amico di Davide ha affermato “La camorra protegge, lo Stato uccide”, “parole che fanno più male di un pugno in faccia”. “Quando lo Stato è presente, attento e interessato, la camorra perde presa. Purtroppo – e da queste parti accade ancora molto spesso – quando lo Stato è un signore distinto ma lontano e senza volto, la camorra la fa da padrone”.
Don Vincenzo Cimarelli, vicario parrocchiale dei Santi Apostoli Pietro e Paolo a Soccavo e originario del Rione Traiano, il quartiere di Davide, ha ricordato che si tratta di “una zona ad alta densità criminale”, con “diverse famiglie camorristiche, che si combattono per spartirsi il territorio”, “una forte dispersione scolastica e una scarsa presenza delle istituzioni. Solo le parrocchie sono attive” (agenzia SIR, 5 settembre).
A suo avviso, “purtroppo, questo episodio sarà utilizzato e manipolato dalla malavita per fomentare l’odio della gente verso le istituzioni”, perché “nell’ignoranza la criminalità trova un terreno fertile”.
Il problema, ha sottolineato don Cimarelli, è che “anche i ragazzi che frequentano l’oratorio e fanno un cammino di fede poi escono fuori e hanno, tra i loro amici, coetanei che vivono anche di espedienti illegali, spacciano droga e rubano. Quando si è molto giovani, è difficile discernere, anche perché sono cresciuti insieme”.
Anche don Gennaro Pagano, direttore del Centro educativo diocesano Regina Pacis di Pozzuoli, nel cui territorio ricade il Rione Traiano, ha ricordato che nel Rione “anche il ragazzo perbene è costretto ad avere a che fare con coetanei che hanno commesso reati. Il non delinquere è lasciato alla capacità di giudizio di ogni singolo ragazzo, ma quando si è giovanissimi e si vive in un determinato contesto non è per niente facile” (agenzia SIR, 5 settembre).
In questo drammatico panorama, è più che mai importante promuovere una cultura della legalità, sulla quale in questi casi sorvolano spesso anche i giornalisti pur di fare uno scoop con l’ultima tragedia accaduta.
Nel caso in questione, infatti, in non pochi casi il giornalismo “ancora una volta ha mostrato il suo volto peggiore, quello deontologicamente meno edificante. È corso dietro ai manifestanti, ha cercato di esasperare gli animi per becere ragioni di audience, dando voce a delinquenti e facinorosi chiaramente non in grado di raccontare in modo obiettivo e distaccato lo svolgimento dei fatti. Nessuno degli intervistati durante i telegiornali ha sottolineato che i tre inseguiti dai carabinieri non si erano fermati a un posto di blocco, erano fuori dalla legge (senza casco, senza assicurazione e in tre su una moto) e uno di loro era latitante. Commenti a senso unico, ricostruzioni dietrologiche per insinuare il sospetto che il carabiniere abbia sparato per leggerezza o addirittura con dolo” (la Nuova Bussola Quotidiana, 8 settembre).
“Fra qualche giorno, dopo i funerali di Davide, calerà nuovamente il silenzio sul rione Traiano di Napoli. Chi ci vive ha interesse a non alzare i toni dello scontro, anche per paura che qualcuno si interessi davvero a quanto accade quotidianamente lì”.