Le conseguenze politiche dell’ideologia gender nell’orizzonte della Dottrina sociale della Chiesa
In questa mia relazione non descriverò in cosa consista la cosiddetta ideologia del genere e non ne farò la storia[1]. Mi concentrerò solamente sulle sue conseguenze politiche. Il mio orizzonte di riferimento è la Dottrina sociale della Chiesa.
L’origine della comunità politica
La prima conseguenza dell’ideologia del gender sulla società riguarda l’origine stessa della società. La sessualità umana non è indifferente alla costituzione e alla costruzione della società. Quando la DSC ripetutamente sostiene che all’origine della società c’è la famiglia e che questa è una società naturale anteriore allo Stato fa riferimento alla identità sessuata dell’uomo e della donna[2]. Questa identità sessuata di carattere polare contiene due aspetti fondamentali per la società: il primo è la complementarietà o reciprocità che fonda la socialità come relazione di accoglienza, il secondo è l’apertura alla vita che fonda la società in quanto proietta il genere umano nel futuro. In ambedue queste dimensioni – la complementarietà tra i coniugi e l’apertura alla vita – si produce l’atteggiamento di accoglienza, senza del quale la società non esiste. Ciò va detto in due sensi. Di uno di questi due sensi parlerò più tardi. Dell’altro possiamo parlare ora e consiste nel non vedere l’altro come un avversario ma come un complice. Lo sguardo per cui l’altro non è ciò che mi ruba il mondo ma è complice nella costruzione di qualcosa che ci comprende entrambi ha la sua origine nella complementarietà uomo-donna. Per cui se l’atteggiamento di accoglienza non c’è lì, nel momento iniziale e costitutivo della vita sociale, ci si chiede come potrà esserci dopo, negli altri aspetti della vita comunitaria. Per questo la Caritas in veritate dice che «Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiranno. L’accoglienza della vita tempra le energie morali e rende capaci di aiuto reciproco. Coltivando l’apertura alla vita, i popoli ricchi possono comprendere meglio le necessità di quelli poveri, evitare di impiegare ingenti risorse economiche e intellettuali per soddisfare desideri egoistici per i propri cittadini e promuovere, invece, azioni virtuose nella prospettiva di una produzione moralmente sana e solidale, nel rispetto del diritto fondamentale di ogni popolo e di ogni persona alla vita» (n. 28).
L’ideologia del gender pone all’inizio non una coppia ma degli individui astratti in quanto asessuati. Mentre maschio e femmina sono complementari, individui astratti e asessuati non lo sono. La loro genitalità non è espressiva di una più ampia sessualità di tipo antropologico, ma diventa neutra e, quindi, fungibile in modo diverso. La genitalità si scinde dall’identità sessuata ei diventa tecnica. Gli ideologi del gender accusano i fautori della complementarietà maschio e femmina di intendere la genitalità in modo fissista e, quindi, di depotenziarne il significato. Invece è il contrario, perché qui la genitalità è espressione di una identità antropologica sessuata portatrice di senso, là diventa invece un neutro strumento tecnico privo di volto. O la socialità c’è fin dal primo momento in una coppia complementare e aperta alla vita o non si costruisce più in seguito, se non in senso estrinseco e tecnico. Questo è un primo punto.
Una società in-naturale, ossia una “dissocieta”.
Una seconda conseguenza riguarda il concetto di natura e di natura umana in particolare. L’ideologia del gender nega l’esistenza di una natura umana considerandola frutto di scelta personale, culturale o ideologica. In questo senso l’ideologia del gender è figlia del “costruttivismo” moderno, secondo il quale la realtà è una costruzione sociale
[3]: «L’uomo contesta di avere una natura precostituita dalla sua corporeità, che caratterizza l’essere umano. Nega la propria natura e decide che essa non gli è data come fatto precostituito, ma che è lui stesso a crearsela»[4]. Il problema è se la società possa stare senza il riferimento alla natura. La natura è quanto ci precede e abbiamo ricevuto. Quanto non abbiamo prodotto noi. La società ha bisogno di qualcosa che non sia sua produzione in quanto ha bisogno di senso e il senso non è mai prodotto. Oggi si tende a dire il contrario: il senso è sempre prodotto. L’ermeneutica ha sostituito la metafisica. Ma la società non può stare senza lo sguardo metafisico che la ponga davanti all’incondizionato, ad un senso ricevuto e non prodotto[5].
Si noti che anche spiriti laici segnalano la necessità della prospettiva della natura. Il filosofo illuminista Habermas, nel libro “Il futuro della natura umana”[6] ha riconosciuto che il fatto che l’uomo non sia produttore di se stesso è la condizione perché si mantenga la distinzione tra soggettivo e oggettivo, tra artificiale e naturale, tra quanto è cresciuto naturalmente e quanto è stato prodotto tecnicamente.
La società non può stare senza la natura e in particolare senza natura umana perché è dalla natura che sgorgano i fini. Robert Spaemann, in un ampio saggio recentemente pubblicato in Italia, ha mostrato come il finalismo sia stato sostituito nella cultura occidentale dal determinismo. Hobbes diceva che conoscere una cosa significa immaginare come possiamo usarla quando ne veniamo in possesso, sicché solo l’uomo, secondo lui, ha scopi[7].
La natura, invece, consiste in un mondo di forme e la forma indica non solo che l’uomo è qualcosa (in quanto uomo) e qualcuno (in quanto questo uomo) ma indica anche cosa deve essere, cosa può essere, indica come deve vivere se vuole vivere da uomo. Indica in altri termini i fini. Il concetto di bene comune, per esempio, è un concetto finalistico, di tipo qualitativo, che si nutre delle indicazioni ricevute dalla natura umana. Senza un simile sguardo diventa incomprensibile e su di esso non ci si capisce.
La natura, in quanto esprime la finalità, su cui non c’è deliberazione umana che riguarda invece solo i mezzi, è dietro di noi come qualcosa che abbiamo ricevuto ma è anche davanti a noi. La Dottrina sociale della Chiesa afferma che la natura sta dietro le culture, in quanto «c’è una profonda unità delle culture nel sapere originario degli uomini»[8], ma sta anche davanti alle culture in quanto ad es
sa, alla natura umana, tutte le culture tendono, pur nei loro percorsi limitati.
La ri-educazione della società
L’ideologia del gender priva la società di questi contesti di senso non prodotto da noi. Ma c’è qualcosa di più. L’ideologia del gender pretende non solo di abolire il riferimento alla natura ma la vuole riplasmare. Siamo così al cuore della “questione antropologica”. L’uomo nuovo, che la modernità non era riuscita a produrre per via politica, ora si tenta di produrre per via culturale e tecnica. L’ideologia del gender non è solo una questione morale, ma si propone come la volontà dell’uomo di rI-creare il mondo. Vengono in mente tante suggestioni passate. Viene in mente Rousseau, il vero padre della modernità, che affermava nel Contratto sociale che chi prende il potere deve essere consapevole di avere il dovere di riplasmare la natura dell’uomo. Vengono in mente i teorici dell’uomo cyborg che esplicitamente dicono: «Noi oggi siamo in grado, letteralmente, di cambiare la natura degli esseri umani»[9]. Oggi queste teorie hanno una nuova dirompente possibilità tecnica: la procreazione in vitro. Il riconoscimento delle coppie omosessuali avrebbe un significato circoscritto se queste coppie non potessero avere figli mediante la procreazione artificiale.
La ri-creazione comporta innanzitutto di ri-creare la famiglia. Si va verso una «famiglia polimorfa (ricomposta, monoparentale, omoparentale). La famiglia deve essere scelta»[10]. Viene ricreata la maternità mediante l’utero artificiale o l’utero in affitto. Ciò richiede sul piano giuridico il riconoscimento di nuovi diritti: diritto delle coppie al matrimonio, diritto al matrimonio per tutti, diritto al figlio, diritto alla maternità. Ciò trasforma il matrimonio da istituzione in contratto. La parentela è sostituita dalla parentalità che prevede diversi tipi di filiazione: biologica, giuridica e sociale sono dissociate tra loro. Rientrano per esempio alla filiazione sociale il compagno della madre biologica di un bambino o la donna che affitta l’utero perché due uomini abbiano un figlio.
Che ci troviamo davanti alla volontà di ri-creare il mondo è oggi evidente dal carattere violento e dittatoriale che l’ideologia del gender sta assumendo. E, forse ancora di più, dall’impegno che si sta profondendo a “rieducare” l’uomo con nuovi programmi e testi scolastici obbligatori e pianificati, oltre che con le fiction televisive. In Francia è già realtà, ma anche in Italia siamo molto avanti in questo processo. Soprattutto è già avanti il processo verso l’astensione: a scuola certi temi non si toccano più e su molti campi non si educa più. C’è il pericolo che diventiamo un grande campo di rieducazione.
L’istituzionalizzazione dell’ideologia del gender e l’obiezione di coscienza
Una delle caratteristiche più inquietanti dell’ideologia del gender è oggi la sua istituzionalizzazione. Intendo dire con ciò che di essa si fanno carico le istituzioni dello Stato, dai governi alla magistratura, dai comuni alle aziende sanitarie fino alla scuola. Il documento contenente la “strategia” del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio, le direttive per i giornalisti con le indicazioni delle parole da adoperare o meno, i famosi libretti dell’UNAR per i diversi livelli di scuole, poi ritirati, l’uso secondo l’ideologia del gender dei progetti scolastici di educazione alla diversità di genere, la diffusione e l’utilizzo nelle scuole materne di libretti omosessualisti, l’utilizzo tendenzioso della Re.a.dy, la rete della pubblica amministrazione contro le discriminazione legate all’orientamento sessuale, le sentenze con cui i magistrati si sostituiscono al Parlamento in questo campo, come per esempio la recente sentenza circa l’affidamento di una bambina ad una coppia lesbica, i vincoli sempre più stretti che gli ordini professionali pongono ai propri aderenti circa queste questioni etiche ed antropologiche, l’aumento del divieto dell’obiezione di coscienza per i funzionari pubblici e per gli aderenti agli ordini professionali, le sentenze delle Corti di giustizia internazionali che obbligano gli Stati ad approvare leggi in conformità all’ideologia del gender e nello specifico a fare leggi per il riconoscimento giuridico dei matrimoni gay o per la regolamentazione della fecondazione in vitro [famosa quella recente della Corte europea che sanzionava la Francia per non permettere le legge l’utero in affitto, sentenza contro cui si è sollevata l’opinione pubblica francese], le continue e intollerabili pressioni in questo senso delle istituzioni europee, gli arresti, i licenziamenti, la messa all’indice di chi osa sostenere in pubblico cose diverse, l’allineamento di tutta la stampa ufficiale e delle Tv pubbliche … questi ed altri elementi ci dicono che oggi siamo di fronte ad una istituzionalizzazione di questa ideologia, che si configura con la nuova religione laica, una nuova religione civile che viene portata avanti sistematicamente.
Contemporaneamente si assiste al fenomeno delle Carte costituzionali come campo di battaglia tra antropologie in competizione. La Croazia, tramite un referendum, ha riformato la Costituzione blindando il principio che il matrimonio è solo tra un uomo e una donna. Al contrario, in Argentina, i partiti liberal, che hanno fatto approvare tutte le leggi possibili secondo l’ideologia del gender, ora vogliono modificare la Costituzione per blindare i nuovi diritti, dato che sono evidentemente anticostituzionali. In Italia, la Consulta ha sentenziato che il divieto della fecondazione eterologa previsto dalla legge 40 è incostituzionale. In questo modo ha sancito la costituzionalità del “diritto al figlio”, che viene trasformato in “cosa” e la costituzionalità di ogni forma di eterologa. Le Carte costituzionali, che dovrebbero essere il terreno di incontro e condivisione tra tutti i cittadini, diventano motivo di scontro lacerante. Ho parlato di questi due aspetti – la istituzionalizzazione e la battaglia costituzionale – per evidenziare come siamo davanti ad un fatto nuovo: non si tratta più di nuovi diritti ma di diritto al nuovo, ossia il diritto a creare una nuova umanità.
[1]Per una sintetica presentazione della problematica rimando ad una mia conferenza reperibile in internet: .Rimando anche a E. Montfort, Il concetto di genere nelle nostre società postmoderne, in S. Fontana-G. Crepaldi, La colonizzazione della natura umana. Quarto Rapporto sulla dottrina sociale della Chiesa nel mondo, Cantagalli, Siena 2012, pp. 133-156 e al fascicolo monografico del “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa” VIII (2012) 3. Un testo forse poco noto, ma molto profondo, di analisi e valutazione dell’ideologia del genere è il documento della Conferenza episcopale spagnola dal titolo "La verdad del amor humano. Orientaciones sobre el amor conyugal, la ideología de género y la legislación familiar" del 26 aprile 2012. Ricordo anche che una sottile, oltre che autorevole, analisi del problema è stata svolta da
Benedetto XVI nel Discorso alla Curia romana del 21 dicembre 2012.
[2] J. Granados, Perché la famiglia? Il luogo delle alleanze originarie per la società e la Chiesa, “Anthropotes” XXVII (2012) 1, pp. 57-82.
[3] Ha fatto epoca il libro di Peter L. Berger e Thomas Luckmann, La realtà come costruzione sociale, Il Mulino, Bologna 1969. I due autori hanno in seguito rivisto le loro posizioni di allora in Lo smarrimento dell’uomo moderno, Il Mulino, Bologna 2010. Per una critica al costruttivismo si veda
[4] Benedetto XVI, Discorso alla Curia romana, 21 dicembre 2012.
[5] Ho approfondito questi temi in: S. Fontana, Parola e comunità politica. Saggio su vocazione e attesa, Cantagalli, Siena 2010.
[6] J. Habermas, Il futuro della natura umana, Einaudi, Torino 2006. Si veda: I presupposti naturali del poter-essere-se-stessi. La polarità natura-libertà di Jürgen Habermas, in F. Russo (a cura di), Natura cultura libertà, Armando, Roma 2010, pp.
[7] R. Spaemann – R. Löw, Fini naturali. Storia e riscoperta del pensiero teleologico, Ares, Milano 2013, pp. 141-145.
[8] J. Ratzinger, Progetto di Dio. La creazione, Marcianum Press, Venezia 2012, p. 70.
[9] J. Harris, Wonderwoman e Wonderman. Manipolazione genetica e futuro dell’uomo, Baldini e Castoldi, Milano 1997. p. 38.
[10] E. Montfort, Il concetto di genere nelle nostre società postmoderne, “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa”, VIII (2012) 3, p. 93.