Un posto aperto per accoglierci, senza che ci venga chiesto nulla
Una delle cose più belle della vacanza, insieme al brivido di andare in giro senza smalto, al privilegio di poter puntare la sveglia cattolica, come la chiama il mio amico Pippo (ci si alza «quando Dio vuole»), alla bellezza di stare con le persone a cui si vuole bene, è andare a Messa in posti lontani, a volte sconosciuti, a volte estranei, e sentirsi lo stesso a casa, o comunque in un luogo amico, dove si sa di cosa si stia parlando, dove si è amici della stessa Persona, dove si è parte dello stesso corpo.
È vero, la vicina con la gonna che proviene da un’altra era geologica può avere i capelli raccolti da un’audace architettura di forcine mai vista, il signore davanti indossa una camicia furi moda almeno dal 1972, ma queste sono quisquilie. Quello che conta è che solo la Chiesa è davvero cattolica, cioè la stessa in tutto il mondo abitato. Solo noi possiamo trovare un posto aperto per accoglierci, senza che ci venga chiesto nulla, soldi, documenti o certificati di appartenenza. Un posto nel quale si celebrerà un rito che conosciamo, in cui verranno ripetute parole che ci sono state regalate e consegnate duemila anni fa, in cui verremo ammessi al mistero di Dio che si fa pane e si lascia mangiare da noi.
Con tutti i nostri limiti, i difetti, le pecche, noi cattolici possiamo, dobbiamo essere orgogliosi di appartenere a una famiglia così grande e così accogliente. Si dice, un po’ scherzando, che la prova che Dio esiste è che la Chiesa vada avanti nonostante i suoi uomini. Io credo che vada avanti perché essa è di Dio, perché chi entra in chiesa avverte che si sta dicendo qualcosa di fondamentale su di lui, qualcosa che riguarda la sopravvivenza stessa dell’uomo, qualcosa di essenziale, non un rito, ma la vita stessa.
I riti cambiano, passano, si dimenticano, ma la verità sull’uomo la troviamo solo lì. Anche in quell’edificio anonimo, pieno di gente in ciabatte da spiaggia.