Una Chiesa senza le donne è come il Collegio apostolico senza Maria
Il ruolo delle donne nella Chiesa è argomento dibattuto, Papa Francesco lo ha ripetuto più volte: è necessario trovare «nuovi spazi e responsabilità» per il “genio” femminile. In questa linea si deve collocare la prossima nomina papale che prevede l’aumento del numero di donne nella Commissione Teologica Internazionale, da due a cinque o sei. Così ha rivelato il cardinale Gerhard Ludwig Muller, prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, a Lucetta Scaraffia che ha riportato il dialogo con il cardinale sull’Osservatore Romano. I “nuovi spazi”, però, non sono una qualche imitazione del modello maschile, né possono essere intesi con categorie di stampo femminista.
Papa Francesco ha già chiarito che il tema del sacerdozio femminile è fuori discussione. A una domanda della giornalista brasiliana Anna Ferreira, sul volo di ritorno dalla Giornata Mondiale della Gioventù di Rio, il Santo Padre aveva espressamente detto che «in riferimento all’ordinazione delle donne, la Chiesa ha parlato e dice: “No”. L’ha detto Giovanni Paolo II, ma con una formulazione definitiva». Sempre in quella conferenza stampa, Francesco aveva però indicato che «una Chiesa senza le donne è come il Collegio apostolico senza Maria. Il ruolo della donna nella Chiesa non è soltanto la maternità, la mamma di famiglia, ma è più forte: è proprio l’icona della Vergine, della Madonna; quella che aiuta a crescere la Chiesa!».
Le 26 amanti di sacerdoti che lo scorso maggio inviarono una lettera al Papa non sono molto in sintonia con questa indicazione papale. É difficile sostenere che la richiesta di abolire la tradizione latina del celibato sacerdotale possa avere come “modello” la Vergine Maria. E anche il loro presunto supporto alla crescita della Chiesa appare decisamente stravagante. Di tutt’altro stampo un’altra lettera inviata al Papa da alcune donne spagnole che sono madri, sorelle e collaboratrici di sacerdoti. La missiva, datata 19 giugno 2014, è stata pubblicata dal portale spagnolo Infovaticana, qui si può leggere come queste donne rivendichino fermamente l’importanza del celibato e della maternità spirituale a favore dei sacerdoti e della Chiesa. «Per il bene del figlio sacerdote e della Chiesa, secondo il nostro modello della Vergine Maria», hanno scritto in evidente assonanza con quanto dichiarato da Papa Francesco sull’aereo di ritorno da Rio.
Nella lettera le donne spagnole dicono che la loro «fede è chiara», sono «discepole di Cristo crocifisso, scandalo e follia per quelli che sono del mondo» e la loro maternità nella Chiesa «deve garantire che i nostri figli e la Chiesa non si mondanizzino». Scrivono in aperto contrasto con la lettera delle 26 amanti perché credono fermamente nella fecondità del celibato sacerdotale, la stessa fecondità del loro essere donne/madri nella Chiesa, per la Chiesa. Non rivendicano, amano. Benedetto XVI parlando di S. Caterina da Siena ricordava proprio come tanti volevano essere guidati spiritualmente da lei, «desideravano chiamarla mamma», perché capace di orientare le menti a Dio, rafforzare la fede e guidare la vita. Anche oggi siamo in tanti a poter ricordare un qualche episodio legato ad una maternità spirituale: una suora, una catechista, un libro, una professoressa,…maternità spirituale spesso nascosta, ma decisiva.
La storia della Chiesa è piena di esempi straordinari di santità femminile, vette intellettuali e morali che hanno saputo esercitare un fortissimo ascendente sulla vita ecclesiale e sociale. Hanno lasciato un’impronta indelebile. Non rivendicavano, amavano. Ben vengano le nuove nomine femminili nella Commissione Teologica Internazionale, ma per rinnovare il “ruolo” delle donne nella Chiesa c’è innanzitutto bisogno di figlie, spose e madri che, grazie all’amore verso Dio e i fratelli, sappiano rianimare l’uomo che non trova pace. Sappiano risollevare la Chiesa con il genio di chi ama, umilmente, come la Madre. Tutto il resto, ruoli e responsabilità, verranno da sé.