Il card. Bassetti conduce il popolo del Meeting al cuore dell’Evangelii Gaudium assieme a Guzmán Carriquiry
«Noi cristiani non possiamo entrare come elefanti in una cristalleria: occorre una conversione pastorale. Capire i segni dei tempi, i rivolgimenti sociali e politici della nostra età». Questa la sfida che il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, vicesegretario della Cei
e unico vescovo residenziale
italiano creato cardinale
da papa Francesco nell’ultimo concistoro, vede al cuore dell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium; tema di cui ha parlato ieri con Guzmán Carriquiry, segretario della Pontificia commissione per l’America Latina.
Per evitare di essere incauti occorre «partire dall’uomo come è, non come dovrebbe essere», dice il cardinale riprendendo il discorso di Paolo VI alla conclusione del Concilio Vaticano II. Parole di 50 anni fa ancora attuali, e che vale la pena rileggere oggi: la sfida tra la religione di Dio che si fa uomo e quella dell’uomo che si fa Dio è ancora in corso, ma serve che la Chiesa prenda un nuovo passo, dettato appunto dal testo del Papa: «La parabola del Samaritano è paradigmatica della direzione verso cui si deve convertire la Chiesa.
Come il padre del figliol prodigo, dobbiamo accogliere i nostri fratelli uomini a braccia aperte, non presentare loro la lista delle loro mancanze». Occorre che Cristo sia l’orizzonte delle nostre azioni così da essere anche limite ad ogni tentazione ideologica o fatalista, e che si guardi alla sobrietà di Maria per rompere «la schiavitù consumistica in cui l’individuo è costretto a godere».
La conversione di cui parla Bassetti è in primis sfida culturale, che riguarda soprattutto il nostro continente: «L’Europa avrebbe la forza morale per parlare a tutto il mondo, e invece rischia di essere come quelle vedove sempre ripiegate su se stesse a rimpiangere un’antica nobiltà perduta». Per uscire da questo impasse l’ipotesi di Francesco passa da tre temi: famiglia, lavoro e immigrazione. Nodi che il cardinale lascia al popolo del Meeting il compito di recuperare e meditare.
La svolta è dettata ancora dal Papa dalla fine del mondo: «I cardinali lo hanno scelto per dare alla Chiesa una lente di ingrandimento con cui contemplare ciò che il Signore ha seminato in 50 anni di cammino della Chiesa del post-Concilio». È la Chiesa della misericordia, per superare il clericalismo. Come quando l’anno scorso il Papa, in visita all’ospedale serafico di Assisi, ha abbracciato e baciato tutti i bambini ricoverati e ha lasciato una semplice indicazione: «Le piaghe di questi bambini sono le piaghe della carne di Cristo».
Un ricordo che offre l’esempio più forte di cosa intende il cardinal Bassetti: a un anno di distanza la voce ancora si rompe dalla commozione al solo ricordo di quel momento.
A Guzmán Carriquiry da un anno si pone una domanda: «Cosa ci sta chiedendo lo Spirito di Dio per mezzo del Papa?». Bisogna allora capire perché Francesco viene dal Sudamerica: «È il terzo polo dell’Occidente: la culla è in Europa, la massima potenza in Nordamerica, ma le sfide e le contraddizioni più evidenti sono nel sud». Una periferia, ma anche una nuova frontiera: «Da lì deve partire la conversione pastorale di cui parlava il cardinale. Conversione dei pastori e dei sacerdoti, per raccogliere le sfide dell’emorragia dei fedeli verso le chiese protestanti, della povertà e della disuguaglianza.
Per ripartire occorre rispondere ad una domanda centrale, che il Papa continuamente rivolge: Chi è per me Gesù Cristo?»