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La testimonianza di Meter nella lotta alla pedofilia

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Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 22/08/14
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Intervista a Don Fortunato Di Noto, fondatore e animatore della onlus che in 10 anni ha segnalato 1 milione di siti pedopornograficiDon Fortunato Di Noto è un sacerdote che passa la sua vita tra riunioni, matrimoni (la prima volta che l’ho contattato ne aveva appena celebrato uno) e tutte quelle attività che ci si aspetta da un uomo che ha consacrato la vita a Dio e dunque al fratello. Senza voler dipingere un “santino”, non credo che ci perdonerebbe, bisogna riconscere però l’opera infaticabile di questo sacerdote siciliano nei confronti della tutela dell’infanzia. Una lotta titanica, davvero Davide contro Golia, per cercare di combattere quei fenomeni o di alleviare le sofferenze di quei piccoli che hanno incontrato gli orchi invece che l’affetto. Don Di Noto è il fondatore di “Meter”, una realtà che quasi vent’anni si occupa di tutela dell’infanzia e contrasto alla piaga della pedopornografia in rete. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per farci raccontare cosa fa e cosa vuol dire sostenere l’umanità bambina.

Don Fortunato, è notizia di oggi, un nuovo caso di omicidio, questa volta a San Giovanni La Punta a Catania, dove un 40enne ha tentato di uccidere entrambe le sue bambine…
[Don Fortunato sospira] La cosa che più sta impressionando è l’accanimento crudele di tanti genitori verso i bambini. I “bambinicidi” io li chiamo, ormai avvengono sempre più frequentemente e questo avviene spesso in famiglia. Così come gli abusi avvengono negli ambiti familiari, cioé tra le persone che frequentano la casa e via discorrendo. Meter si occupa anche di questi casi, li accogliamo, li proteggiamo…

Come funziona Meter, e in quanti ci lavorano?
È una onlus di volontariato cattolico, perché nasce più di 20 anni in una intuizione di parrocchia, innamorati del web io e alcuni parrocchiani ci siamo ritrovati di fronte fin da subito al fenomeno della pedopornografia su internet. Noi forniamo un servizio di “prossimità” in quelle che chiamo le favelas tecnologiche. Abbiamo accompaganto negli ultimi 10 anni 1200 persone con il nostro Centro di Ascolto. Siamo un po’ i pioneri nella lotta alla pedofilia dentro e fuori il web. Poi l’Osservatorio Mondiale contro la Pedofilia, grazie al quale abbiamo segnalato oltre 1 milione di siti pedofili e pedopornografici alle autorità competenti.

Tutti volontari? Di che risorse dispone?
La mancanza di risorse non ci permette di praticare la carità verso tutte le vittime, per accoglierle, curarle, proteggerle legalmente. La fortuna è che la CEI ci ha sempre sostenuto per pagare affitti e i pochi dipendenti rimasti. Viviamo di volontariato e di offerte! Ma abbiamo bisogno di professionisti che è giusto pagare: psicologi, terapeuti, medici, avvocati. Comunque contiamo anche su 350 volontari su tutto il territorio nazionale.

Collaborate con la polizia ?
Si abbiamo un protocollo ufficiale con la Polizia Postale per lo scambio delle informazioni. Siamo l’unica associazione ad avere questo tipo di intese.

In Italia dal 2012 c’è una legge specifica contro la pedofilia, è una buona norma?
L’Italia e l’Europa si sono dotate di leggi ad hoc. Il problema è che la pedofilia è un fenomeno globale che travalica le nazioni. Ormai il fenomeno è di gravità inaudita: torture e abusi che cominciano anche sui neonati. La norma non basta più, serve uno scatto culturale: la pedofilia è un crimine contro l’umanità bambina. Il materiale prodotto e il coinvolgimento dei milioni di bambini, è ingente, ed è anche un enorme business, circolano molti soldi in questo mondo. C’è poi il dramma dei bambini che in guerra oltre a subire tutto quello che si può immaginare, diventano anche oggetto sessuale.

La pedofilia si sta lentamente insinuando nel dibattito pubblico, in Nord America e nel nord Europa (segnatamente l’Olanda) le associazioni che inneggiano all’annullamento dell’età legale per fare sesso trovano un sempre più ampio sostegno, anche in Italia è così?

Nel 1995 scoprii il “fronte di liberazione pedofili”, uno dei movimenti con diramazioni internazionali. Il problema è della ideologizzazione della pedofilia: è un fenomeno che affonda negli anni ’70 con alcuni intellettuali che tentano di distinguere gli atti sessuali dalla violenza verso i bambini. Come se fossero separabili.
Il monitoraggio dei movimenti della cosiddetta “pedofilia buona” è costante, noi li denunciamo e li segnaliamo alle autorità. Oggi la promozione della pedofilia è reato. Purtroppo il movimento pro-pedofilia è molto vasto e presente ovunque in Brasile, Bolivia, Israele e nel mondo arabo che promuove la pedofilia come benessere per i bambini. E per questo che all’ONU c’è difficoltà a far passare l’idea della pedofilia come “crimine contro l’umanità”. Anche le attuali correnti culturali del gender che vogliono nascondersi dietro “l’orientamento sessuale” rendono più complicate le cose: le parole fanno passare strani messaggi di giustificazione, e già ora la pedofilia è derubricata a questo. Un orientamento sessuale come altri.

Come si fa a non impazzire ad osservare tutti i giorni le immagini o a leggere le chat e i forum del mondo pedofilo?
Io ringrazio il Signore che sono anche sacerdote. Io traggo la forza dal Crocifisso, solo la fede e una maturità interiore ci aiuta a conservare l’equilibrio. Noi dobbiamo guardare il dolore e non voltarci indietro, dobbiamo dare risposte a questi piccoli sofferenti. Sono più di vent’anni che giornalmente aiutiamo nel nostro piccolo le vittime perché riconosciamo in loro il Cristo crocefisso.

Vi aiutano anche psicologi?
Abbiamo dei professionisti che ci aiutano, ma fortunatamente noi non entriamo in contatto con i pedofili, quello spetta alla Polizia Postale, fortunatamente la condivisione e il confronto aiuta a sopportare quello che a volte siamo costretti a vedere. L’indagine poi però spetta alle forze dell’ordine, italiane e internazionali con cui collaboriamo.  

Lo sforzo di Meter continua nella difesa dei veramente piccolissimi, che spesso finiscono nelle mire di persone orrende, per le quali sono solo oggetti sessuali, anche in casi di infanti con meno di due anni, che finiscono nei cataloghi di immagini di questi portali, per lo più localizzati nel cosiddetto "deep web". 

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