«Ci scelgono per i loro emiri. Vengono tre o quattro volte al giorno. Le ragazze li implorano di sparargli in testa e liberarle dalla miseria»
«Diverse ragazze si sono suicidate. Oggi una ragazza si è impiccata con il velo ed è morta. Salvateci, salvateci. Chiunque possa sentire la nostra voce, Stati Uniti, Europa, chiunque, per favore aiutateci, salvateci».
Grida con tutta la voce che ha, una ragazza 24enne che è riuscita, segretamente, a entrare in contatto telefonico con l’emittente televisiva curda Rudaw. La sua identità è protetta perché lei è una delle duecento ragazze irachene yazidi sessualmente schiavizzate dai miliziani dell’Isis. Lei, una delle testimoni dirette della tremenda avanzata dello Stato Islamico che sta seminando terrore e morte nella popolazione locale.
La giovane, come riporta Tempi.it (21 agosto), ha raccontato la sua vicenda e quella di alcune sue compagne che, dopo i soprusi subiti, si sono suicidate.
Durante la telefonata, la ragazza ha spiegato di essere segregata in una sala di un edificio di Baaji, contea in provincia di Mosul. Piangendo ha chiesto al giornalista di chiedere ai jet di bombardare l’area, perché preferiva essere uccisa che subire altre sevizie.
La chiamata telefonica poi si interrompe bruscamente. Poco dopo ne segue una seconda in cui la ragazza racconta che «alcune ragazze si sono suicidate. Oggi una di loro si è impiccata con il foulard ed è morta».