La Chiesa più volte ha sostenuto la legittimità della guerra difensivadi Tommaso Scandroglio
Il Papa di ritorno dal viaggio in Corea del Sud, rispondendo in aereo alle domande dei giornalisti, ha parlato anche dei conflitti armati che straziano le popolazioni della Siria e dell’Iraq. A tal proposito ha affermato che «è lecito fermare l’ingiusto aggressore». Tra le varie opzioni che la dottrina e la tradizione della Chiesa offre per fermare l’ingiusto aggressore c’è anche quella dell’uso della forza, cioè dell’intervento armato. La Chiesa più volte ha sostenuto la legittimità della guerra difensiva.
Catechismo della Chiesa cattolica (2309): giustificazione della «legittima difesa con la forza militare» sottoposta ovviamente ad alcune condizioni. Che l’uso della forza sia l’extrema ratio; che il danno da cui difendersi deve essere durevole, grave e certo; che ci sia speranza di successo; che la risposta difensiva non deve provocare più danni di quelli che si vogliono evitare. Sempre il Catechismo al n. 2310 così si esprime: «I pubblici poteri, in questo caso [laddove siano presenti tutte le condizioni previste], hanno il diritto e il dovere di imporre [sic] ai cittadini gli obblighi necessari alla difesa nazionale».
Gaudium et Spes (79): «fintantoché esisterà il pericolo della guerra […] una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa. I capi di Stato e coloro che condividono la responsabilità della cosa pubblica hanno dunque il dovere di tutelare la salvezza dei popoli che sono stati loro affidati […]. Coloro poi che al servizio della patria esercitano la loro professione nelle file dell’esercito, si considerino anch’essi come servitori della sicurezza e della libertà dei loro popoli; se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono anch’essi veramente alla stabilità della pace».
Populorum progressio (31): «sappiamo che l’insurrezione rivoluzionaria – salvo nel caso di una tirannia evidente e prolungata che attenti gravemente ai diritti fondamentali della persona e nuoccia in modo pericoloso al bene comune del paese – è fonte di nuove ingiustizie»: in questo caso si legittima la guerra civile a patto che ricorrano le condizioni ivi descritte.
Libertatis conscientia, documento della Congregazione per la Dottrina della fede (78-79): «La lotta contro le ingiustizie non ha senso, se non è condotta con l’intento di instaurare un nuovo ordine sociale e politico in conformità con le esigenze della giustizia. […] Questi princìpi devono essere rispettati in modo speciale nel caso estremo del ricorso alla lotta armata, che il magistero ha indicato quale ultimo rimedio per porre fine a una ‘tirannia evidente e prolungata, che attentasse gravemente ai diritti fondamentali della persona e nuocesse in modo pericoloso al bene comune di un Paese’».
Compendio della Dottrina sociale della Chiesa (502): «Le esigenze della legittima difesa giustificano l’esistenza, negli Stati, delle forze armate, la cui azione deve essere posta al servizio della pace: coloro i quali presidiano con tale spirito la sicurezza e la libertà di un Paese danno un autentico contributo alla pace. Ogni persona che presta servizio nelle forze armate è concretamente chiamata a difendere il bene, la verità e la giustizia nel mondo; non pochi sono coloro che in tale contesto hanno sacrificato la propria vita per questi valori e per difendere vite innocenti».
Messaggi di Natale del 1948 di Pio XII (28): «Un popolo minacciato o già vittima di una ingiusta aggressione, se vuole pensare ad agire cristianamente non può rimanere in una indifferenza passiva; tanto più la solidarietà della famiglia dei popoli interdice agli altri di comportarsi come semplici spettatori in un atteggiamento d’impassibile neutralità. Chi potrà mai valutare i danni già cagionati in passato da una tale indifferenza, ben aliena dal sentire cristiano, verso la guerra di aggressione?».
Discorso per le Celebrazioni per il 60° anniversario dello sbarco in Normandia, 4 Giugno 2004 del Card. Joseph Ratzinger: «La pace e il diritto, la pace e la giustizia sono inseparabilmente connessi. Quando il diritto è distrutto, quando la giustizia prende il potere, la pace è sempre minacciata ed è già, almeno in parte, compromessa. Certamente la difesa del diritti può e deve, in alcune circostanze, far ricorso ad una forza commisurata. Un pacifismo assoluto, che neghi al diritto l’uso di qualunque mezzo coercitivo, si risolverebbe in una capitolazione davanti all’iniquità, ne sanzionerebbe la presa del potere e abbandonerebbe il mondo al diktat della violenza».
Le parole di Ratzinger e di Pio XII sottintendono un principio importante in morale: non impedire un evento, che si ha la responsabilità di impedire, equivale a cagionarlo. Qualora una nazione venga aggredita, gli atti omissivi di uno Stato in rapporto alla difesa nazionale o di altre nazioni che potrebbero intervenire, che determinassero un’invasione ingiusta, sarebbero imputabili allo Stato stesso o ai Paesi renitenti. Non impedire un’aggressione, anche con l’uso della forza, significa collaborare indirettamente all’aggressione stessa, rendersi responsabili della mancanza di pace futura.
Non c’è solo il Magistero che si esprime a favore della guerra difensiva ma anche i santi. Ne prendiamo due, icone di un certo irenismo molto alla moda, san Francesco e Padre Pio. Partiamo dal primo e andiamo a leggere nella Legenda major cosa si dissero il santo di Assisi e il sultano Al-Kamil nel loro famoso incontro. Il sultano così si rivolge a Francesco: «Il vostro Dio ha insegnato nei suoi Vangeli che non si deve rendere male per male. […] Quanto più dunque i cristiani non devono invadere la nostra terra?». È la tipica obiezione che potrebbe venire oggi dai cristiani pacifisti. Ecco la risposta di Francesco: «Non sembra che abbiate letto per intero il Vangelo di Cristo nostro Signore. Altrove dice infatti: ‘Se un tuo occhio ti scandalizza, cavalo e gettalo lontano da te, con il che ci volle insegnare che dobbiamo sradicare completamente un uomo per quanto caro o vicino — anche se ci fosse caro come un occhio della testa — che cerchi di toglierci dalla fede e dall’amore del nostro Dio. Per questo i cristiani giustamente attaccano voi e la terra che avete occupato, perché bestemmiate il nome di Cristo e allontanate dal suo culto quelli che potete. Se però voleste conoscere il creatore e redentore, confessarlo e adorarlo, vi amerebbero come loro stessi».
Infine Padre Pio. Ecco cosa pensava il santo di Pietrelcina della guerra: «Noi siamo tutti chiamati a compiere il penoso dovere, rappresentato dalla guerra. Dobbiamo fare tutto il nostro dovere a seconda delle nostre forze, dobbiamo cooperare al bene comune, e renderci propizia la misericordia del Signore. L’ora solenne che la Nazione nostra attraversa non è un abbandono del cielo. La più grande misericordia di Dio si è il non lasciare in pace con se stesse quelle Nazioni che non sono in pace con Dio. Misere quelle Nazioni colle quali il Signore non più parla, neanche col pacifico sdegno, poiché è segno che esse sono state rigettate da lui» (Padre Pio da Pietrelcina, Epistolario I [1910-1922] a cura di M. da Poblatura e A. da Ripabottoni, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo, 2004).