Raggiunto telefonicamente mentre è ancora in missione in Iraq, il porporato ha detto: «Più che parlare si farebbe meglio a stare zitti»
«Più che parlare si farebbe meglio a stare zitti». Conclude così la telefonata con il giornalista del Fatto Quotidiano (19 agosto), il cardinale Fernando Filoni, inviato da papa Francesco in Iraq. Interpellato sulle parole del deputato del Movimento Cinque Stelle, Alessandro Di Battista, il cardinale ha detto: «Vorrei che tutti quelli che fanno commenti, quelli che vorrebbero saperne di più, vengano a guardare le facce di queste donne e di questi bambini distrutti».
E’ il settimanale Tempi, che ricostruisce la sequenza con cui prima di Di Battista e poi un altro deputato grillino, Manlio Di Stefano, avevano giustificato con parole ambigue i terroristi del Califfato islamico, riportando poi l’ennesima posizione del Movimento circa il sostegno alle forze che in questo momento fronteggiano l’ISIS oggi su Repubblica (19 agosto). A parlare è il deputato Carlo Sibilia, che dice che bisognerebbe «fare un referendum per chiedere agli italiani se sono d’accordo con l’invio di armi ai curdi». Sibilia suggerisce: «Certo, adesso è difficile offrire una soluzione per fermarli. Mi rendo conto della preoccupazione e non sottovaluto il problema». Quindi? «Se fossimo stati noi al governo non si sarebbe arrivati a questo punto».
Nel frattempo i terroristi dello Stato islamico intanto hanno pubblicato su internet un nuovo video con la minaccia di «colpire gli Usa ovunque». Vi compare la foto della decapitazione di un uomo statunitense durante la guerra in Iraq: «Annegherete nel sangue» (Tempi, 19 agosto).
Proprio ieri – durante il rientro a Roma sul volo che lo riportava da Seoul – il Papa aveva risposto ad una domanda di un giornalista americano: “le forze militari degli Stati Uniti da poco hanno incominciato a bombardare dei terroristi in Iraq per prevenire un genocidio, per proteggere il futuro delle minoranze – penso anche ai cattolici sotto la Sua guida. Lei approva questo bombardamento americano?” Bergoglio aveva risposto così: “Grazie della domanda così chiara. In questi casi, dove c’è un’aggressione ingiusta, posso soltanto dire che è lecito fermare l’aggressore ingiusto. Sottolineo il verbo: fermare. Non dico bombardare, fare la guerra, ma fermarlo. I mezzi con i quali si possono fermare, dovranno essere valutati. Fermare l’aggressore ingiusto è lecito. Ma dobbiamo anche avere memoria! Quante volte, con questa scusa di fermare l’aggressore ingiusto, le potenze si sono impadronite dei popoli e hanno fatto una vera guerra di conquista! Una sola nazione non può giudicare come si ferma un aggressore ingiusto. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, è stata l’idea delle Nazioni Unite: là si deve discutere, dire: "E’ un aggressore ingiusto? Sembra di sì. Come lo fermiamo?". Soltanto questo, niente di più” (Sala Stampa Vaticana, 19 agosto).
L’esperienza di atti unilaterali e di una mancanza di strategia della ricostruzione e soprattutto della riconciliazione nei paesi oggetto di intervento militare, suggerisce una prudenza da parte della Santa Sede, posizione che il Papa offre alla comunità internazionale.