Armi ai curdi e mercenari a protezione dei pozzi petroliferi. Il nostro paese si schiera contro i fondamentalisti
Dopo l’informativa del governo alle Camere, in programma mercoledì, secondo Repubblica (18 agosto) potrebbe avere tempi strettissimi il ponte aereo per la fornitura di armi ai guerriglieri "peshmerga" curdi in Iraq. Il progetto, già teoricamente approvato dall’Unione Europea, potrebbe essere concretizzato in due-tre giorni, comunque entro la settimana. La parola d’ordine è fare presto, perché sul campo la situazione è quantomai fluida e ogni indugio può rivelarsi dannoso per le sorti del conflitto tra peshmerga curdi e milizie jihadiste in Iraq.
IN ARRIVO 1000 MERCENARI
La Stampa (18 agosto) sostiene che ci sarebbero mille mercenari italiani pronti a proteggere i pozzi di petrolio di Erbil e li starebbe arruolando Salvatore Stefio, l’ex collega di Quattrocchi. Ma lui smentisce: «Non ne so nulla, se avessi voluto assoldare qualcuno lo avrei fatto con un avviso pubblico». Eppure autorevoli fonti, confermano al quotidiano di Torino che l’Operazione Oro Nero è già pianificata e rinvia ai pozzi iracheni messi a rischio dall’avanzata degli islamisti e alla necessità di garantire la sicurezza ai tecnici che vi lavorano.
I FONDI DELLO STATO ISLAMICO
Intanto Terrasanta.net (18 agosto) parla di donne vedove e orfane vendute al mercato degli schiavi (circa 400 appartenenti alla minoranza yazida), e affari con il mercato nero del petrolio e rapinando i beni delle minoranze perseguitate, come i metodi attraverso i quali lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante incassa fondi. Terrasanta cita anche la fonte: Mohammad al-Qusahi, responsabile della Mezza Luna rossa della piana di Ninive.
LA DENUNCIA DI DON GEORGES
Una denuncia in parte rilanciata da don Georges Jahola, sacerdote della chiesa siro-cattolica nella diocesi di Mosul, nato a Qaraqosh (Niniveh) e ora in Italia. «L’identità di un popolo si rafforza e si radica quando è legata a un pezzo di terra – ha detto a Milano don Georges – Un diritto oggi negato alle comunità cristiane perseguitate in Iraq, sia da parte degli attori delle violenze sia da parte di chi, in tutto il mondo ma soprattutto nel mio Paese, sta in silenzio di fronte a quanto accade» (Tempi.it, 18 agosto).
LE DIFFICOLTA’ DI CARITAS IRAQ
Che siano tempi bui per i cristiani lo testimonia la situazione di Caritas Iraq, che all’inizio di agosto è stata costretta a chiudere i centri di Qaraqosh, Alqosh e Bartilla a causa degli scontri armati. Tutto lo staff e i volontari sono ora attivi nelle regioni di Erbil e Duhok. Nonostante queste difficoltà Caritas Iraq assiste in queste zone circa 3.200 famiglie e si prepara ad assisterne altre 1.000 (Avvenire 15 agosto).