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Quando mio padre anziano è venuto a vivere da noi: una testimonianza

Walking alone
This old man was walking alone down this road, slowly. He had his walking stick to support himself and was on a course to his chosen destination. The street was so empty and quiet except for his movements. I saw the opportunity of capturing him with my NEX-6 and so I took it. One snap was all that was needed to freeze him in time. Snap! He never new I was even there.

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Orfa Astorga - Revista Ser Persona - pubblicato il 30/07/14
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La famiglia è il luogo in cui valiamo tutto, spogliati di tutto
Come accade in molte famiglie, abbiamo accolto mio padre anziano che una volta rimasto vedovo si era rifiutato per qualche anno di lasciare la propria casa: “per salvare quello che mi resta di autonomia”, ci diceva, anche se noi sapevamo che il vero motivo era che la casa conservava l’intimo ricordo del suo più grande amore sulla terra, per cui si dedicava a prendersene cura e a mantenerla come piaceva a mia madre. Alla fine, quando le forze lo hanno abbandonato, si è arreso, ma per non darci preoccupazioni, con la certezza che sarebbe stato accolto con immenso amore nella casa dei suoi figli, ha accettato di trascorrere un po’ di tempo con ciascuno, in base a un programma.

Sono stato il primo ad accoglierlo. È arrivato con un piccolo bagaglio personale dopo aver ripartito tra di noi quello che c’era nella casa paterna tra mobili, utensili e tutto ciò che poteva essere utile a livello materiale, affidandoci scrupolosamente quello che considerava di un valore innegabile.

Il fatto di averlo in casa con noi ci ha avvicinato alla sublime realtà per cui la casa è l’ambito, lo spazio e il tempo dell’intimità originaria delle persone. Abbiamo così avuto l’opportunità di avvicinarci al suo essere, per accompagnarlo in quella tappa della vita, un periodo breve e dolce.

Mio padre si alza presto e cerca di tenersi sempre occupato. Tra le sue mani il giardino fiorisce come non mai, lava le macchine, ritocca l’intonaco, si incarica del cane, tra le tante cose, per poi fare una scappata a trovare i vecchi amici. In questo tenersi occupato si nota che cresce nella speranza, perché sulla base di una vita interiore mite mostra sempre il dinamismo di chi, senza dimenticare ciò che resta dietro, cerca davanti la meta, il premio della vocazione di Dio in Cristo Gesù. Il suo sguardo tranquillo convive con il carattere forte di una grande determinazione a vivere con notevole dignità fino all’ultimo istante, con la responsabilità di dare l’esempio.

Paradossalmente, il suo sguardo non si accende più prontamente davanti agli interessi della vita. Per mio padre, fare, avere e sapere hanno ceduto definitivamente spazio all’essenziale, slegandosi dall’aspetto mondano senza smettere di amare il mondo. Nella sua gentilezza tranquilla ha imparato a comprendere le persone, a scusare errori, a perdonare e a dimenticare come una delle cose più difficili della vita. Per lui, più che mai, il giogo è dolce e il carico leggero.

Continua a coltivare il suo fine intelletto, facendosi nuovi amici, instancabile nel dare e nel darsi, allegro e ottimista. Prega, prega per lunghi periodi e si notano in lui impegno e anelito di aprire la sua intimità alla trascendenza dando gloria a Dio per ogni giorno. Qualche volta parla con naturalezza della morte che si avvicina inesorabile, amandola e accettandola di qualunque tipo sia, con la certezza di chi sa di essere alle porte di una nuova vita, di un cambio di casa, di un passaggio in cui lascia il mondo e quelli che in esso lo hanno accompagnato, con la speranza di chi sa che solo Dio può condurlo per mano a quella nuova vita. Una solida speranza come San Paolo: il giorno della mia partenza è molto vicino, ho combattuto la buona battaglia.

In questi anni, il mio amore filiale è incondizionato e si rivolge all’essere di mio padre solo per quello che è, al di là di ogni utilità e profitto. Sbocciano in me sentimenti amorevoli di ringraziamento, rispetto, obbedienza e protezione solidale nella sua progressiva invalidità. Amori fatti vita come elementare dono di giustizia, attraverso il trattamento personale intimo e belle attenzioni che non delegherei mai a nessuno.
 

Più profondamente noi figli comprendiamo il significato dell’essere persone, più valorizziamo l’eccellenza di esistere a una vita, una vita personale. E quanto più valore diamo a questa, più comprendiamo quanto sia giusto un amore di venerazione verso coloro che hanno vissuto coerentemente alle esigenze delle vite procreate, con un amore incondizionato nel formarci come tali.

È giusto perché i nostri genitori ci hanno dato “come cosa nostra” la vita biologica, l’educazione delle nostre persone e se stessi. Migliorare la loro donazione amorevole è stato l’oggetto del loro essere e del loro agire mentre erano in vita.

L’amore dovuto tra genitori e figli è talmente giusto che Dio lo assume nella sua relazione con noi.

Mio padre non può più guidare. Questa mattina, come tutte, siamo andati a far visita al Santissimo. È una mattinata bella e soleggiata. Con la sua voce un po’ spenta sostiene una conversazione amena, vibrante. Si avvicina la primavera e mi indica i fiori e gli uccelli che fanno il nido, le piante rampicanti sui vecchi muri, il verde fresco delle aiuole, l’eleganza degli alberi antichi e maestosi. Cerca e scopre un’immagine della Madonna intagliata nella pietra su una vecchia casa che non potrebbe passare inosservata a un cuore innamorato, e la saluta affettuosamente con familiarità. Poi, svoltando un angolo, esclama: “Guarda com’è bello quell’albero che ha di nuovo le foglie verdi, a tua madre piaceva moltissimo!”. Osservo l’albero e capisco con la stessa chiarezza del mattino che l’amore tra gli sposi è eterno, che grida all’infinito… perché viene da Dio e a Lui ci porta.

Girando un altro angolo riusciamo a vedere l’edificio della nostra parrocchia. Mio padre resta in silenzio e si raccoglie con il cuore già trasportato davanti al tabernacolo. Io faccio lo stesso e ringrazio Dio per questo privilegio… in un periodo breve e dolce.

Ricordiamo gli scenari sociali in cui scorrono le nostre vite: l’impresa nella quale lavoriamo, il club sportivo, la banca, il partito politico, i nostri circoli sociali. In tutte queste relazioni esiste qualcosa di condizionato, di utile e conveniente, per il fatto di essere intelligenti, competenti, ricchi, simpatici, attraenti, produttivi, redditizi, influenti e mille altre forme di utilità e convenienza. Questo in sé compie un’importante funzione nella vita, nella società, ma per questi stessi motivi in tutte le relazioni siamo radicalmente sostituibili da altri nel nostro ruolo, compito o funzione.

Sotto questa prospettiva, la famiglia appare come quel luogo in cui non contiamo per l’utilità, ma per il valore incondizionato di essere unicamente questo figlio, questo fratello, questo padre, questo sposo o sposa.

I legami familiari si ancorano direttamente alla persona spogliata di tutto come la più grande prova d’amore.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]
 

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