Spunti di riflessione nel bimillenario della morte di Augusto
mostra dedicata ai "Secoli augustei", appena inaugurata al Museo Archeologico Nazionale di Chieti e nello spazio delle esposizioni temporanee del bellissimo Palazzo de’ Mayo, recentemente restaurato nella stessa città, offre singolari spunti di riflessione sul nostro presente, in Italia come in Europa.
bimillenario della morte di Augusto (19 Agosto del 14 d.C.), che volle fare del suo regno un’età dell’oro, celebrando la grandezza di Roma "caput mundi" e l’unità dell’impero sotto l’unico sovrano.
Nel lungo corso del suo governo (dal 27 a.C. al 14 d.C.), l’Imperatore seppe dare
una forte accelerazione alla produzione e all’esecuzione delle leggi, oltre che alla progettazione e alla realizzazione delle opere che avrebbero fatto della sua Roma una splendida capitale, trasformandola da agglomerato di edifici in laterizi a monumentale città di marmi: non si trattò solo di mettere in piedi un’efficace burocrazia e una veloce macchina esecutiva, quanto anche di promuovere una diversa concezione del tempo, di cui il calendario unico imposto all’Impero doveva essere la celebrazione e lo strumento.
Si coglie qui un primo, importante messaggio per il nostro presente: di fronte alle lentezze della burocrazia statale e alla diffusa inettitudine dei politici a legiferare e produrre,
l’età augustea lancia una sfida all’accelerazione del cambiamento, che sembra colta, in questa fase storica del Paese, soprattutto dall’attuale Presidente del Governo. Non si tratta del semplice ricambio generazionale, ma della volontà di proporre un nuovo ritmo di lavoro, una sorta di patto con gli elettori quantificato in termini di tempo rispetto alle mete segnalate e ai passi per giungervi.
La lentezza abitudinaria della nostra politica viene a scontrarsi con un’accelerazione che potrà certo bruciare alcuni processi di maturazione, ma che si rivela alla fine il primo vero ed efficace fattore di cambiamento, che proprio l’esempio di Augusto fa risaltare in tutta la sua importanza.
l’omologazione dell’immaginario attraverso la capillare diffusione delle immagini, tese a esprimere la grandezza del potere centrale e la sua pervasività, prima fra tutte quella del volto di Augusto, chi si ritrova in innumerevoli riproduzioni – da quelle in marmo, a quelle coniate sulle monete, unificate in un sistema unico, capillarmente diffuso – che entravano necessariamente nello spazio visivo della vita quotidiana di tutti: l’idea che stava dietro a questa unificazione della forma, attraverso la forza di icone dall’impatto immediato e comprensibile a tutti, era che Roma fosse un unico corpo dappertutto diffuso, e che di questo corpo il capo unico e capace di tenere insieme il molteplice nell’unità del tutto fosse appunto l’Imperatore. La "civiltà delle immagini" – che ha conosciuto proprio nel XX secolo una immensa diffusione, da una parte al servizio dei vari totalitarismi ideologici, dall’altra grazie alla invenzione e diffusione dei grandi mezzi di comunicazione di massa – conferma ampiamente quanto fosse valida l’intuizione augustea.
il potere dei "media" e stimola a istituire un rapporto corretto fra essi e il potere, da una parte per evitare ogni concentrazione dalle conseguenze rischiose, di cui peraltro un Paese come l’Italia non ignora gli effetti, dall’altra per assicurare attraverso leggi e strumenti opportuni un effettivo esercizio di democrazia, che garantisca proporzionale visibilità a tutte le agenzie in gioco.
un’ideologia dell’Impero di Roma, una sorta di coscienza collettiva ispirata all’esaltazione della grandezza della civiltà romana, proposta come parametro per tutti i popoli: questa forte autostima seppe esprimersi anche in modulazioni che riuscirono a integrare buona parte dei valori e dei risultati maggiori delle diverse nazioni assimilate, favorendo quella "pax romana" che sarebbe diventata anche il terreno fecondo della diffusione del cristianesimo nell’intero mondo allora conosciuto.
Certamente il grande Imperatore non avrebbe mai potuto immaginare che nel corso della sua vita, in un’oscura provincia dell’Impero sarebbe nato un Bambino, il cui futuro avrebbe cambiato il destino di Roma e della civiltà sua e del mondo intero.