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La Bellezza rivelata: Cristo non cancella, ma compie la legge antica

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Giulia Spoltore - Aleteia - pubblicato il 26/07/14
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Dal sarcofago di Giunio Basso all’incontro sulla via verso Emmaus, al mosaico absidale di Santa PudenzianaIn questo nuovo appuntamento il professor Rodolfo Papa ci accompagna alla comprensione di un testo molto complesso.

Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. […] Avete compreso tutte queste cose?. Gli risposero: Sì. Ed egli disse loro: Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt 13, 44-52)

Per farlo percorreremo un itinerario nell’arte attraverso tre opere. Il sarcofago di Giunio Basso, conservato oggi in Vaticano, è un sarcofago datato intorno al 356 d.C. Il sarcofago ci mostra nella parte centrale del registro superiore la traditio legis, un’iconografia molto diffusa in età paleocristiana e medievale che mostra un Cristo giovane, in questo caso addirittura imberbe, il quale passa il rotolo della legge ai santi Pietro e Paolo. Intorno a questo episodio si diramano gli altri tratti dall’Antico Testamento e dai Vangeli. Questo, come osserva il professor Rodolfo Papa, ci dice qualcosa: la venuta di Cristo non cancella, ma compie la legge antica. Dunque lo scriba che si converte e diviene discepolo ha la possibilità di estrarre dal suo tesoro cose antiche e cose nuove come ci mostra la fronte del sarcofago.

Una seconda opera, che ci accompagna nella lettura del brano evangelico, è dipinta da Domenico Robusti (1570-1635), figlio del più noto Jacopo Robusti detto il Tintoretto, ed è L’incontro sulla via verso Emmaus. Questo dipinto, conservato a Vicenza, ci racconta Cristo come “primo esegeta” delle Scritture.

Infine il professor Rodolfo Papa ci indica un ultimo testo visivo che potremmo indicare come quello di definitiva riconciliazione tra tradizione veterotestamentaria e neotestamentaria: il mosaico absidale della basilica romana di Santa Pudenziana. Questo mosaico, il più antico tra quelli absidali superstiti a Roma, datato tra il 410 e il 417 d.C. ci mostra, come afferma il professor Papa, sulla scorta del De Civitate Dei di Sant’Agostino, la comunità originaria di ebrei e la comunità dei gentili. Alcuni studiosi hanno articolato un impianto esegetico dove è centrale l’immagine di Cristo in quanto maestro, come già avevamo visto nel dipinto di Domenico Robusti. Cristo proclama la parola sulla terra ai gentili e ai giudei riunendo in sé il ruolo del docente per eccellenza: filosofo per la tradizione pagana e maestro per la tradizione liturgica ebraica (Steen 2002). Questo per dirci che il Cristo è il primo maestro dal quale trarre esempio, egli stesso è esegesi, in quanto Verbo incarnato e sul suo modello si imposta tutta l’esegesi corretta. Interessante è sottolineare che questo mosaico viene messo in opera dopo il sacco di Roma di Alarico (410 d.C) che vede una Roma multietnica, dove la necessità di coesione diviene più forte delle diversità etniche: l’appartenenza a Cristo è il primo orizzonte personale per il quale ulteriori divergenze si appianano. In secondo luogo ci troviamo in anni particolari per la stessa esegesi biblica: San Girolamo è chiamato dai circoli romani a tradurre le 14 omelie di Origene su Ezechiele (380 d.C) e a continuare un commentario su tutto il libro di Ezechiele, iniziato nel 410 d.C. e che gli studi hanno dimostrato essere il fondamento biblico di questo mosaico (Andaloro, 2006). Motivazioni politiche ed intellettuali ci mostrano come la Chiesa parli necessariamente attraverso un’arte cristocentrica, in quanto solo attraverso questa qualità è capace di dire l’uomo nella sua complessità.

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