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L’Ucraina vista dalla Polonia

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Gariwo - pubblicato il 23/07/14
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intervista a Konstanty Gebertdi Annalia Guglielmi, collaboratrice di Gariwo per l'Europa dell'Est

Konstanty Gebert, è uno dei più importanti giornalisti di guerra polacchi. Corrispondente durante il conflitto in Jugoslavia per Gazeta Wyborzca, il maggiore quotidiano del Paese, è stato nei primi anni novanta consulente di Tadeusz Mazowiecki, allora relatore speciale della Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. 
Appena rientrato da Kiev, ha parlato con Annalia Guglielmi delle divisioni che attraversano l'Ucraina, dell'impatto in Polonia di questa crisi e delle reali mire del Presidente russo Putin sulla regione e rispetto ai rapporti con l'Unione Europea e la NATO. 

Lei ha osservato molto da vicino la crisi ucraina fin dal suo inizio e a maggio ha trascorso un lungo periodo a Kiev. Dalla sua osservazione che cosa ci può dire della compagine dei due schieramenti che si fronteggiano nel Paese?
La situazione è molto complessa, perché bisogna distinguere due tipi di opposizione interna ucraina. Da un lato ci sono coloro che non vogliono l’integrazione con l’Unione Europea e certamente non vogliono la NATO, perché si identificano più con la Russia che con l’Occidente europeo. Questa è una posizione valida e rispettabile, perché gli ucraini hanno il diritto di dirsi più vicini alla Russia che all’Europa Occidentale. Negli ultimi sondaggi il 51% sostiene l’adesione all’Unione Europea, anche se non è stata loro offerta, mentre il 31%, cioè un terzo del Paese, è contrario. Per la NATO le proporzioni sono invertite: il 37% sostiene l’adesione alla NATO, mentre il 42% è contrario. Questa è un’opzione legittima. Personalmente mi dispiace che gli ucraini non vogliano associarsi a noi, però certamente rispetto il loro diritto a non farlo. È una questione che riguarda soltanto gli ucraini, che devono risolverla attraverso meccanismi democratici. Ci sono poi i russofoni che temono, a mio parere senza grandi ragioni, una marginalizzazione dell’uso della loro lingua madre all’interno del proprio Paese e hanno il pieno diritto di volere che le loro tradizioni siano rispettate in Ucraina. Poi ci sono i separatisti che hanno queste stesse ragioni, ma le sostengono con l’argomento delle armi, cercano l’appoggio di uno Stato straniero, la Russia, contro la propria patria, e vogliono separare con la forza delle armi una parte del territorio ucraino. Questo è inaccettabile. Ma il fatto che i metodi e gli scopi dei separatisti siano inaccettabili non significa che lo siano anche le loro ragioni.

Che eco ha avuto in Polonia l’ultimo gravissimo episodio avvenuto in Ucraina e cioè l’abbattimento dell’aereo della Malaysia Airlines ai confini  con la Russia? Che impatto emotivo ha avuto e quali sono i commenti degli osservatori polacchi?
Ovviamente in Polonia questo evento ha suscitato un’enorme emozione, che si è espressa anche nelle dichiarazioni delle autorità polacche sulla politica russa in Ucraina, nelle dichiarazioni ufficiali del primo ministro e del Presidente e nelle telefonate di sostegno al Presidente Poroshenko. Inoltre, in Polonia questa vicenda è complicata dal ricordo della catastrofe aerea di Smolensk di quattro anni fa e la destra utilizza l’abbattimento dell’aereo malese come prova del fatto che i russi sono capaci di tutto e quindi erano capaci anche di abbattere l’aereo presidenziale polacco. Che le due vicende non abbiano niente in comune non cambia questa posizione. Detto ciò, la quasi unanimità degli ambienti politici e dell’opinione pubblica ritiene che la Russia sia colpevole dell’incidente e che sia necessaria una maggiore solidarietà europea. L’unica voce di dissenso è quella di Janusz Korwin-Mikke, neo eletto al Parlamento Europeo nelle fila di una piccola formazione di estrema destra, il Congresso della Nuova Destra, che ha posizioni filorusse e sostiene che tutto quello che è accaduto sia una provocazione americana.

Qual è la sua analisi su quanto sta accadendo tra Ucraina e Russia?
Il vero problema è che è molto difficile capire che cosa vuole fare Putin. Se il suo scopo era riprendersi l’Ucraina, l’unica cosa che avrebbe dovuto fare era non fare niente. Il Paese era in caduta libera, l’Europa non era particolarmente interessata a tirare l’Ucraina dalla propria parte e soprattutto non aveva nessuna intenzione di finanziarne il risanamento economico. Se Putin non avesse fatto niente, dopo la caduta del Presidente Yanukovich e la firma dell’accordo di associazione all’Unione Europea, il nuovo governo si sarebbe dovuto rivolgere a Mosca per ottenere gli aiuti necessari ad uscire dalla crisi economica, perché l’Europa, se non ci fosse stata la crisi del Majdan e della Crimea, non avrebbe reagito. La crisi del Majdan, e soprattutto il confitto in Crimea, hanno forzato l’Europa e l’hanno spinta ad una politica di maggior sostegno a Kiev di quella che ci si sarebbe potuti aspettare. Ovviamente, l’abbattimento dell’aereo malese rafforzerà ancora questa tendenza: David Cameron ha già dichiarato che la Gran Bretagna è pronta a pagare il prezzo di nuove sanzioni contro la Russia e sembra che Angela Merkel sia favorevole a questa impostazione, anche se l’Italia, ad esempio, come la Spagna o la Grecia, mantiene sempre un atteggiamento molto più filorusso. Ma tutto questo è dovuto alla politica russa: se Putin non avesse fatto niente, alla fine gli ucraini sarebbero stati costretti a chiedere il suo aiuto. 
Detto ciò, l’obiettivo di Putin non può essere soltanto quello di riprendersi l’Ucraina. Il mio timore è che la sua operazione abbia lo scopo di indebolire sia l’Unione Europea che la NATO. Il sostegno esplicito, e sembra anche finanziario, di Mosca ai partiti di estrema destra che hanno vinto le elezioni europee, sembra indicare una strategia tesa a indebolire l’Unione Europea dal suo interno sostenendo quanti non vogliono un’Europa forte. C’è un esempio polacco che lo conferma: Radio Maria, l’emittente ultra cattolica polacca, che, tra l’altro, è estremamente antieuropea, fa il suo broadcasting attraverso ripetitori in Russia spiegando che è molto meno costoso, ma mi sembra che la Russia non faccia regali del genere se non servono ai suoi interessi. 
Per quanto riguarda la NATO lo scenario potrebbe essere anche peggiore: abbiamo già il precedente della Crimea, di cui non si parla più. Ormai è un dato acquisito da tutti che debba rimanere russa, perché i russi l’hanno conquistata e non si chiede a una potenza nucleare di restituire quello che si è presa. Il precedente della Crimea, però, può servire, per esempio, per la Latgallia, una regione della Lettonia a maggioranza russa che sicuramente preferirebbe far parte della Russia e non della Lettonia. Ma se domani Putin si prendesse la Latgalllia, si confronterebbe con una NATO priva di un piano militare convenzionale per riconquistare il territorio. Tuttavia la Lettonia è membro della NATO. Non immagino che l'Alleanza Atlantica possa – visto che altre possibilità non esisterebbero -minacciare, o fare, una guerra nucleare contro la Russia per la riconquista della Latgallia, ma se questo non succedesse dopo un’invasione russa del territorio, significherebbe che l’articolo 5 del Patto Atlantico non funziona più. In una tale situazione immagino che a Varsavia si possa cambiare il governo a favore di uno più filorusso, perché certamente i polacchi non vorrebbero ritrovarsi nella situazione del 1939, quando avevano contato sulle alleanze con le potenze occidentali per fronteggiare un’aggressione e alla fine hanno perso sei milioni di cittadini e la metà del proprio territorio. Quindi, la grande manovra russa potrebbe essere quella di riportare di fatto i confini dell’Unione Europea e della NATO, cioè dell’Occidente in Europa, a quelli precedenti il 1989, con l’eccezione dell’inglobamento della Germania Est. Politicamente i territori tra il confine tedesco e il confine russo sarebbero, in seguito, territori neutri sui quali le due parti dovrebbero concordare le rispettive aree di influenza. Oggi questo scenario può sembrare estremo, però spiegherebbe tutte le mosse russe.

Quindi, secondo lei, siamo di fronte ad una rinascita dell’imperialismo russo?
L’imperialismo russo non è mai morto, solo non aveva le capacità e la forza per realizzare i propri obiettivi. Per una riattualizzazione dell’imperialismo russo, innanzitutto c’era bisogno di neutralizzare l’opposizione interna. L’imperialismo russo può funzionare soltanto quando il dissenso dentro l’impero è stato ridotto, è stato messo fuori campo. E questo è successo, e quindi la Russia, avendo distrutto ogni opposizione democratica al suo interno, può ormai andare avanti con dei progetti espansionistici all’esterno. L’abbiamo visto in Georgia, l’abbiamo visto in Ucraina e non c’è nessun motivo per pensare che si fermi qui.

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