Così il pontefice durante l’Angelus di oggidi Giada Aquilino
Una preghiera per la pace ed un appello per le comunità cristiane di Mosul, in Iraq, perché perseguitate, sofferenti e costrette ad abbandonare le loro case. Ma anche il pensiero rivolto alle tensioni nel resto del Medio Oriente e in Ucraina. Così Papa Francesco, subito dopo l’Angelus in Piazza San Pietro. La riflessione del Pontefice si è soffermata anche sulla parabola evangelica del ‘buon grano e della zizzania’.
Papa Francesco prega e leva ancora una volta un appello per la pace, perché – dice – ha appreso “con preoccupazione” le notizie che giungono dalle comunità cristiane a Mossul, in Iraq, e in altre parti del Medio Oriente. Lì – ricorda – questi fratelli, “sin dall’inizio del cristianesimo, hanno vissuto con i loro concittadini offrendo un significativo contributo al bene della società”:
“Oggi sono perseguitati. I nostri fratelli sono perseguitati, sono cacciati via, devono lasciare le loro case senza avere la possibilità di portare niente! Assicuro a queste famiglie e a queste persone la mia vicinanza e la mia costante preghiera. Carissimi fratelli e sorelle tanto perseguitati, io so quanto soffrite, io so che siete spogliati di tutto. Sono con voi nella fede in Colui che ha vinto il male”.
Il pensiero del Pontefice va anche ad altre “situazioni di tensione e di conflitto”, che persistono specialmente nel resto del Medio Oriente e in Ucraina:
“Dio della pace susciti in tutti un autentico desiderio di dialogo e di riconciliazione. La violenza non si vince con la violenza. La violenza si vince con la pace”.
La riflessione del Pontefice all’Angelus si sofferma sulla parabola del ‘buon grano e della zizzania’. La scena – ricorda – si svolge in un campo in cui il padrone semina del grano, ma il nemico lì semina anche la zizzania; eppure il padrone impedisce ai suoi servitori di estirpare l’erba, per evitare che con essa venga sradicato pure il grano. La parabola, spiega il Santo Padre, “affronta il problema del male nel mondo e mette in risalto la pazienza di Dio”: zizzania in ebraico deriva dalla stessa radice di Satana e richiama divisione. Il demonio, ricorda il Papa, “sempre cerca di dividere le persone, le famiglie, le Nazioni e i popoli”. È un nemico “astuto”, che semina “il male in mezzo al bene” in modo che risulti “impossibile a noi uomini separarli nettamente”. Ma – assicura il Pontefice – “alla fine Dio potrà farlo. Lui si prende il tempo” necessario, contrariamente a noi che – prosegue – “a volte abbiamo una gran fretta di giudicare, classificare, mettere di qua i buoni, di là i cattivi”:
“Dio invece sa aspettare. Egli guarda nel ‘campo’ della vita di ogni persona con pazienza e misericordia: vede molto meglio di noi la sporcizia e il male, ma vede anche i germi del bene e attende con fiducia che maturino. Dio è paziente, sa aspettare. Che bello è questo: il nostro Dio è un padre paziente, che sempre ci aspetta e ci aspetta con il cuore in mano per accoglierci, per perdonarci! Sempre ci perdona, se andiamo da lui”.
Dunque l’atteggiamento del padrone nella parabola “è quello della speranza fondata sulla certezza che il male non ha né la prima né l’ultima parola”:
“Grazie a questa paziente speranza di Dio la stessa zizzania, cioè il cuore cattivo, con tanti peccati, alla fine, può diventare buon grano. Ma attenzione: la pazienza evangelica non è indifferenza al male; non si può fare confusione tra bene e male! Di fronte alla zizzania presente nel mondo il discepolo del Signore è chiamato a imitare la pazienza di Dio, alimentare la speranza con il sostegno di una incrollabile fiducia nella vittoria finale del bene, cioè di Dio”.
Alla fine, al tempo “del giudizio”, conclude infatti il Pontefice, “il male sarà tolto ed eliminato”, perché “il giudice sarà Gesù” e “saremo tutti giudicati con lo stesso metro”:
“Con lo stesso metro con cui abbiamo giudicato: la misericordia che avremo usato verso gli altri sarà usata anche con noi”.