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Come il KGB spiò Giovanni Paolo II

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Alfa y Omega - pubblicato il 18/07/14
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Il Regno Unito rende pubblico l’Archivio Mitrokhin, con informazioni sullo spionaggio nei confronti del papa polacco
Il 17 ottobre 1978, il giorno dopo l’elezione di Giovanni Paolo II, l’ambasciatore sovietico a Varsavia, Boris Aristov, inviò a Mosca una cartella con informazioni dettagliate sul cardinale Wojtyła, un “pericoloso e violento anticomunista” che i servizi segreti stavano controllando. Che il papa polacco sia stato oggetto di spionaggio da parte del KGB era già noto. La novità è il fatto che alcuni giorni fa è stato reso pubblico l’Archivio Mitrokhin, che spiega dettagliatamente chi e come spiò l’uomo che fu, agli occhi del Politburo, l’inizio della fine del comunismo in Polonia.

L’Archivio Mitrokhin, custodito dal 1992 dal Regno Unito, è il risultato di dodici anni di lavoro del maggiore Vasili Mitrokhin, documentarista del KGB – sistema di intelligence russo – e disertore del comunismo nel 1992. Rifugiato in Inghilterra, consegnò ai britannici 33 casse di materiale sulle operazioni di intelligence dell’apparato sovietico che includono l’intenso spionaggio contro Karol Wojtyła.

Nel 1971 l’SB – il KGB polacco – iniziò a seguire i passi dell’allora arcivescovo di Cracovia, per il suo “ruolo sovversivo contro il Partito Comunista”. I discorsi di Varsavia nel maggio 1973, quello famoso di Nowa Huta dello stesso anno e quello di Cracovia del novembre 1974 collocarono il futuro papa nella lista dei colpevoli di sedizione, il che comportava pene da uno a dieci anni di carcere, ma il Governo polacco non si azzardò a incarcerare il giovane Wojtyła.

Enorme autorità morale

Lo confermano i documenti di Mitrokhin inviati dal Churchill Archives Centre ad Alfa y Omega. In essi, l’intelligence polacca denuncia l’appoggio di Wojtyła a elementi antisovietici [raggruppamenti studenteschi e leader di Solidarność, ndr] e le posizioni anticomuniste dei suoi discorsi: “Critica il funzionamento degli organi della Repubblica, che accusa di restringere i diritti fondamentali e civili; lo sfruttamento dei lavoratori – che la Chiesa deve proteggere dal Governo; la restrizione del culto religioso; il trattamento discriminatorio dei cattolici e l’imposizione di un’ideologia alienante”.

Allarmato dall’“enorme autorità morale” del papa, il KGB circondò Giovanni Paolo II con un esercito di spie che dovevano inviare informazioni dettagliate sui gusti e la personalità del pontefice. Cosa beve, quando e quanto? Chi gli lava i vestiti? Che assistenza medica riceve? Ogni quanto si fa la barba? Gli piace giocare? Che documenti di lavoro maneggia?… Erano solo alcune delle domande a cui le spie dovevano rispondere. Nessuno riuscì a trovare nulla che servisse al KGB per ricattare il papa. Non c’era modo di lottare contro questo nemico.

Colpiti dalla profonda vita spirituale del papa polacco – i rapporti che arrivavano al KGB parlavano di un pontefice che trascorreva otto ore al giorno in raccoglimento –, l’apparato sovietico consigliò alla Polonia di non fare concessioni di fronte al pontefice. L’Archivio Mitrokhin raccoglie la conversazione che il leader sovietico Leonid Breznev ebbe nel 1979 con il Presidente polacco Gierek: “Dica al papa di annunciare pubblicamente la sospensione del viaggio in Polonia per indisposizione”. Di fronte al rifiuto di Gierek, Breznev riappese il telefono, non senza prima dire al polacco di fare quello che gli pareva, “ma poi tu e il tuo Partito non vi lamentate”.

La visita del Papa in Polonia nel 1979 fu per i comunisti terribile come l’intelligence si aspettava: un Paese con il 90% di cattolici consegnati al loro papa. La battaglia ideologica, rifletteva il KGB, era stata persa in Polonia. Così, e con l’appoggio della Chiesa polacca alle proteste operaie, arrivò il 1980.

L’aneddoto è riassunto dallo storico Christopher Andrew, l’unica persona alla quale era stato permesso di accedere finora all’Archivio Mitrokhin: un giovane Lech Wałęsa si prepara a firmare, di fronte alle telecamere, l’Accordo di Danzica che riconosce il diritto di sciopero e la formazione di sindacati. Si porta la mano alla tasca della giacca e tira fuori una penna enorme e vistosa. È un souvenir della visita papale e porta impresso un ritratto di Giovanni Paolo II. A Mosca si portano le mani alla testa. È l’inizio della fine.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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