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I Benedettini, costruttori dell’Europa

Entrega de la Regla de San Benito, códice del Monasterio de S. Gilles, en Nimes (Francia), año 1129

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Enrique Chuvieco - Aleteia - pubblicato il 04/07/14
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Un congresso affronterà nella Valle de los Caídos l’opera incommensurabile dei monaci per oltre quindici secoli
“La scienza, l’agricoltura, la filosofia, la cultura o la formazione degli Stati europei non si comprenderebbero senza la partecipazione dei monaci benedettini”, ha affermato Alejandro Rodríguez de la Peña, direttore accademico del I Congresso Internazionale Benedettino, in occasione della presentazione di questa attività che si svolgerà dall’11 al 13 luglio nell’abbazia della Valle de los Caídos di Madrid.

Erano tempi convulsi in Europa quando nel 480 nacque Benedetto da Norcia. Odoacre aveva ucciso Giulio Nepote, l’ultimo imperatore romano d’Occidente, e si accampava a suo piacimento con le sue truppe germaniche sul suolo continentale. La caduta dell’impero portò alla perdita delle basi giuridiche, politiche e sociali che avevano regolato negli ultimi secoli l’Europa con maggiore o minore efficacia e giustizia.

Figlio di un patrizio romano, Benedetto era nato in una famiglia agiata. Voleva recarsi a studiare a Roma, ma vide frustrato il suo desiderio, decidendo di vivere per un certo periodo di tempo con una comunità di asceti. Da lì andò a Subiaco per ritirarsi in una grotta e fondare in seguito dodici monasteri in ognuno dei quali vivevano dodici monaci. Tra il 525 e il 530 andò a Montecassino, dove rimase trent’anni ed elaborò la Regola che da allora resse tutti i Benedettini: “Ora et labora”. Pregare e lavorare. Lavoro sia manuale che intellettuale e un’intensa vita di preghiera per predicare il Vangelo in tutto il mondo allora conosciuto.

Ricostruire l’Europa a livello materiale e spirituale

L’Europa centrale, settentrionale e occidentale sono stati i principali campi d’azione dell’“esercito” di monaci di San Benedetto, che hanno cominciato a ricostruire il continente. Gran parte della cultura greco-romana sarebbe andata persa senza il paziente lavoro dei copisti benedettini. E non solo la cultura, ma anche l’agricoltura e molte arti e industrie ebbero nei monasteri un nuovo inizio e divennero focolai di una nuova civiltà.

Vivendo isolati in alcuni luoghi, i monaci ebbero bisogno di elaborare i propri pasti, lavorare le loro terre e creare nuovi strumenti, ad esempio per la canalizzazione dell’acqua, per portarla nei luoghi elevati in cui costruivano i cenobi. Trasformarono anche pianure e boschi vergini in campi fruttuosi e prati verdi, il che attirò le persone che vivevano intorno al monastero, che impararono a loro volta a lavorare la terra, prendersi cura degli animali e altro. In carestie cicliche, migliaia di persone non morirono grazie alle previsioni dei monaci, che addomesticarono anche gli animali selvatici ed espulsero i banditi che infestavano le strade e i boschi.

In ambito intellettuale, oltre al recupero e alla trascrizione del sapere classico, i monaci svilupparono grandi scuole monastiche e promossero la fabbricazione artigianale di utensili domestici, inventarono strumenti per vari scopi (un monaco inventò l’orologio solare) e si dedicarono alla medicina e ad altre scienze applicate.

Prima che venisse dichiarato Patrono d’Europa, Pio XII conferì a San Benedetto il titolo di Padre del continente in riconoscimento del fatto che la sua istituzione monastica aveva contribuito in modo decisivo alla creazione dello spazio materiale, spirituale e culturale europeo.

I suoi monasteri si diffusero in ogni luogo, e intorno ad essi si sviluppò la nuova società negli aspetti politico, economico, culturale e religioso. Fu un lavoro lento ma continuo, che fece passare da una diversità di popoli a una comunità coesa intorno alla preghiera e al lavoro, alla Bibbia e al diritto romano, alla disciplina e alla pace monastica.

Espansione: pregare e lavorare sulle vie del mondo

Secondo la tradizione, fu Gregorio Magno, nel 597 (50 anni dopo la morte di San Benedetto), a incaricare Sant’Agostino di Canterbury dell’evangelizzazione degli anglosassoni. Dall’Inghilterra partì nell’VIII secolo un’altra missione verso la Germania, guidata da San Bonifacio, poi martirizzato nel 754.

Il primo grande riformatore fu un altro Benedetto, che in seguito sarebbe arrivato agli altari con il nome di San Benedetto d’Aniano (750-821).

Tra l’XI e il XVII secolo sorsero nuove famiglie monastiche ispirate alla regola del monaco di Norcia, come Camaldoli, Vallombrosa, i Silvestrini, Monte Oliveto, i Cistercensi. Questi ultimi, con San Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), si diffusero rapidamente in tutto il continente.

18 anni dopo venne fondato il primo monastero d’America, São Sebastião da Bahia (nel nord-est del Brasile), seguito da quelli di Rio de Janeiro (1586), Olinda (1590), Paraiba do Norte (1596) e São Paulo (1598).

Nel XVII secolo l’abate Rancé, del monastero de La Trappe (Francia), promosse un ritorno alle origini della regola di San Benedetto dopo aver constatato un rilassamento dei costumi in alcuni cenobi quanto alla penitenza, alla preghiera e al lavoro manuale. Nacquero così i Trappisti.

Alla fine del XVIII secolo e nei primi tre decenni del XIX, i Governi europei soppressero gli ordini religiosi per ragioni politiche. Vennero restaurati a partire dal 1833.

Tra il 1841 e il 1881, Benedettini e Cistercensi fondarono realtà negli Stati Uniti, e le monache del monastero di Stanbrook (Inghilterra) fecero lo stesso nel 1911 erigendo il primo monastero benedettino femminile dell’America Latina a São Paulo (Brasile).

Negli ultimi quindici secoli si è forgiata l’anima dell’Europa, anche se i politici attuali non l’hanno voluto ricomnoscere, perché nei monasteri si sono cristallizzati lo spirito, la forza e la tensione che hanno generato l’uomo e l’anima continental.

Un congresso per recuperare la memoria

Apportare un contributo a questa eredità incommensurabile è l’obiettivo del I Congresso Internazionale Benedettino, che si celebrerà dall’11 al 13 luglio nell’abbazia della Valle de los Caídos (Madrid, Spagna) sul tema “Il monacato benedettino e la cristianizzazione dell’Europa”. Ruoterà intorno a tre aree: “La regola di San Benedetto, un modello di vita, un modello di civiltà”; “I benedettini come costruttori della civiltà occidentale” e “Il monacato benedettino come referente della nuova evangelizzazione”.

Tra gli oratori figurano il vescovo di Córdoba, Demetrio Fernández González; Anselmo Álvarez Navarrete, abate della Valle de los Caídos; Marcelo Álvarez Durán, dell’Università del Cile; Isabel Velázquez Soriano, dell’Università Complutense; Antonio Linage Conde, del CEU; Santiago Cantera, storico e autore di vari libri, ex docente del CEU e monaco della Valle de los Caídos; William Fahey, del St Thomas More College (EEUU); Aidan Bellenger, abate della Downside Abbey (Regno Unito); José Miguel Andrade, dell’Università di Santiago de Compostela; Margarita Cantera, dell’Università Complutense.

Il cardinale Rouco Varela chiuderà questo incontro accademico e culturale, patrocinato dal Pontificio Consiglio della Cultura e al quale collaborano varie università (CEU, San Dámaso, Católica de Ávila y Francisco de Vitoria). Ci si può iscrivere collegandosi al sito www.congresobenedictino.com o chiamando i numeri 918905511- 616877778.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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