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Fermiamo l’odio e la vendetta

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Gariwo - pubblicato il 03/07/14
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Appello per la pace in Terra Santadi Anna Foa

Corrono tempi oscuri. Tre ragazzi, nostri figli, figli di Israele, assassinati brutalmente mentre facevano l’autostop vicino a Hebron. Un ragazzo palestinese della stessa età assassinato, non si sa ancora se per vendetta o per altri motivi. E nei giorni scorsi, dopo il funerale dei tre giovani, a Gerusalemme ci sono stati veri e propri pogrom contro i palestinesi, con caccia all’arabo. A dirlo e a definirli pogrom non sono io, spesso accusata di essere troppo poco sionista, ma Massimo Acanfora Torrefranca, coraggiosamente, su Facebook: “I barbari che ieri hanno provato a fare un pogrom per le vie di Gerusalemme devono essere puniti nel più severo dei modi. Parlo dei barbari, ebrei come me, che dopo i funerali di Gil ‘Ad, Naftali ed Eyal hanno inseguito ogni arabo che gli capitava a portata di mano nel tentativo di linciarlo/i”.  

Cos’altro aspettarsi, del resto, quando ovunque, e in particolare sul web, si assiste allo scatenamento di un sentimento viscerale, dove è difficile stabilire i confini tra odio e razzismo, tra odio e invito al massacro. Una sollecitazione alla rappresaglia e alla vendetta, di fronte alla cautela mostrata, almeno finora, dai politici. Le parole sono ovunque più dure delle pietre e vengono, senza ritegno né censure, dal profondo della pancia. Tutti sproloquiano sul web invitando al linciaggio. Così, su Informazione Corretta del 1 luglio, il commento di Deborah Fait, che leggo con grande tristezza: “Vorrei vendetta, sì, vendetta perché la giustizia non può dire niente adesso. Taccia la giustizia!”.

Queste invocazioni alla vendetta, che salgono da tante parti, ignorano allegramente il fatto chela vendetta è l’esatto contrario della giustizia. Alla vendetta si lega la rappresaglia, fino a determinare eventi come quelli di Marzabotto, delle Fosse Ardeatine. Giustizia è colpire i colpevoli, dopo averne provato e giudicato la colpa. Giustizia è il processo a Eichmann, quello a Kappler e a Priebke. Come possiamo proprio noi ebrei dimenticarcene? Non sanno questi fomentatori d’odio che ciò che distingue la civiltà dalla barbarie è proprio la capacità di valutare le colpe effettive del colpevole e distinguerle da quelle presunte di chi può anche essergli simile o vicino ma nulla ha commesso? 

Chi invoca la vendetta vuole altro sangue, di ebrei e palestinesi, e purché scorra il sangue dei palestinesi è disposto a far scorrere quello degli ebrei. Basta, dice, con le trattative di pace. Che parlino le viscere, cioè gli odi e le paure! Eppure, ai funerali dei tre ragazzi non ci sono state parole di odio o di vendetta. I famigliari dei ragazzi assassinati hanno parlato con pacatezza e dignità. Chi sono gli avvoltoi che svolazzano sui cadaveri dei nostri figli con parole che nessuno dei loro genitori e fratelli vuole neppur pensare? Chi vuole altra morte, altra distruzione?

Qui l’originale

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