Il social network ha testato sui suoi iscritti la possibilità di un “contagio emotivo” a distanza
Avete un umore triste? Siete arrabbiati? Oppure felici? Tranquilli. Facebook può farvi cambiare il vostro stato d’animo in un batter d’occhio. Basta collegarsi, leggere alcuni post mirati che compariranno in evidenza sulla vostra bacheca e il gioco è fatto.
E’ questo il meccanismo che sta alla base di uno studio condotto dal Data science team del social network, insieme alla University of California e alla Cornell University e pubblicato sull’autorevole rivista internazionale "Proceedings of the National Academy of Sciences".
I ricercatori hanno alterato per un’intera settimana, dall’11 al 18 gennaio 2012, l’algoritmo che determina cosa viene mostrato nella bacheca di 689,003 persone. Ad uno dei due gruppi venivano mostrati post positivi, mentre all’altro apparivano post negativi. I risultati, scrive Repubblica (30 giugno) dimostrano come ciò che gli altri postano su Facebook, e che noi visualizziamo in bacheca, ci influenza emotivamente. Tanto da spingerci, nel periodo successivo, a pubblicare a nostra volta contenuti sulla stessa lunghezza d’onda. O meglio, ad allinearci al clima che si respira sulla nostra bacheca.
Non solo, dunque, atteggiamenti, scelte e profilazione per indirizzare acquisti e preferenze: lo studio uscito su Pnas evidenzia che anche le emozioni sono contagiose. Non che sia una novità, ma sinora non era stato mai provato scientificamente.
Peccato, rivela l’Ansa (30 giugno), che gli utenti fossero ignari di aver preso parte a una simile indagine emozionale e soprattutto che il proprio ‘flusso’ di notizie fosse stato intenzionalmente plasmato ai fini di questa ricerca. Il metodo adottato dai ricercatori, ha così innescato una catena di polemiche su quanto lo studio sia stato corretto da un punto di vista etico. Manipolare le emozioni "a propria insaputa" è un processo corretto? Dannoso? Pericoloso?
Andrea Ceron è ricercatore di Scienza politica presso l’Università degli Studi di Milano e coordina il team di Voices from the blogs, un esperimento dell’Università per analizzare i sentimenti degli utenti che frequentano blog e social. Da esperto del settore frena su giudizi troppo severi nei confronti della ricerca condotta da Facebook. «Premetto che il tentativo di monitorare l’opinione pubblica attraverso commenti, informazioni, algoritmi, viene fatto regolarmente da agenzie che fanno lobbying, compagnie che cercano di influenzare i consumatori. Questo è un dato di fatto».
Al contempo, la presunta manipolazione è molto meno efficace di quello che può sembrare. «Secondo me non si corrono rischi etici – puntualizza – per come è strutturato un social network, non basta un messaggio o un’emozione forte per far cambiare uno stato d’animo alla persona. Il cambiamento reale avviene esclusivamente se c’è già una disponibilità di farsi condizionare a monte, cioè se si è già predisposti»
Sul fronte delle emozioni l’effetto contagio, prosegue il coordinatore di Voices from the blogs, è un fatto reale. «Certo, posso sentirmi triste quando leggo sulla mia bacheca alcune cose tristi. Poi chiudo la bacheca e rientro nella mia vita normale, qualcun altro "condizionerà" il mio stato d’animo rendendolo felice e il mio stato d’animo sarà tale. Non resto triste perché il social mi ha trasmesso tristezza. Ecco perché dico che non c’è pericolo neppure di fronte a esperimenti che accertano il contagio emotivo. Siamo di fronte a utenti labili nella stragrande maggioranza dei casi».
Per allontanare lo spettro del "pericolo-manipolazione" Ceron fa il parallelo con un sistema dittatoriale, «che ha gioco facile se c’è una centralizzazione. Ma questo nei social non avviene perché c’è pochissima gerarchia e un’ampia decentralizzazione della discussione. Anche se faccio passare in modo forte il messaggio, l’emozione, non è detto che passi, a meno che, come ho detto prima, non incroci qualcuno già predisposto».