Parla il bomber campione del Mondo ’82: “Io eroe per un giorno, ma grazie a Dio…”
L’aereo che ha riportato a casa la Nazionale azzurra è atterrato a Milano da pochi giorni. Qualche foto, sorrisi abbozzati giusto per i fotografi appostati a distanza di qualche metro, poca voglia di parlare per giocatori e staff tecnico reduci da un lungo volo. Cala in questo modo il sipario italiano al Mondiale brasiliano. I giocatori, già in queste ore, stanno raggiungendo le loro mete estive per trascorrere le canoniche tre settimane di vacanza prima di riprendere gli allenamenti in vista della prossima stagione. Ma la delusione, inutile nasconderlo, c’è ed è tanta. Forse più per il modo con il quale è maturata questa disfatta: con una certa arrendevolezza, senza provarci davvero fino in fondo, senza credere nei mezzi propri.
Francesco Ciccio Graziani, indimenticato bomber del Torino e della Nazionale azzurra, campione del Mondo nel 1982, ci fornisce la sua chiave di lettura sulla breve cammino degli azzurri.
Graziani, quanto fa male questa eliminazione?
“Molto. Anche perché, alla vigilia della partenza per il Mondiale brasiliano, pensavo, ma lo pensavano un po’ tutti, che l’Italia avrebbe avuto più possibilità di far bene, di quelle che alla fine ha avuto. Poi, la partita inaugurale contro l’Inghilterra ci aveva fatto credere di essere di fronte ad un nuovo gruppo, a nuovi giocatori, sicuramente migliori di quelli visti nel recente passato”.
E invece?
“Siamo stati eliminati al primo turno per la seconda volta consecutiva: dopo il Sud Africa nel 2010, ora anche il Brasile quest’anno. Le premesse non erano proprio queste: c’era, infatti, chi ipotizzava un’Italia tra le prime sei nazionali al mondo. Niente di tutto questo, purtroppo”.
Cosa non ha funzionato?
“Tante, troppe cose: la gestione di Prandelli, sia a livello di gruppo che di singoli, non è stata all’altezza della situazione. Troppi cambi di formazione e una fitta girandola di uomini nel giro di soli dieci giorni. Alcuni giocatori poi, va detto, hanno pensato solo a se stessi…”.
Cosa salva?
“Davvero poco: l’Italia non può essere eliminata da un Mondiale in questo modo. Detto questo, Verratti, Buffon, De Rossi, Darmian e Pirlo hanno fatto bene, ma purtroppo non è bastato”.
Questo è il Mondiale anche dei campioni che si fanno notare per alcuni gesti significativi a partita finita o fuori dal rettangolo verde: oltre a quello di Sulley Muntari, centrocampista del Milan, il pensiero va anche a Edinson Cavani, attaccante uruguaiano, ma ex giocatore di Palermo e Napoli, attualmente in forza al Paris Saint-Germain che, a fine partita, ha scambiato la maglia con Ciro Immobile ed è andato a salutare vecchi e nuovi compagni presso la panchina dell’Italia.
“Quando termina una partita, anche se la posta in palio è alta, cala l’agonismo, ed è giusto che sia così: alla fine stiamo parlando di uno sport. Quello di Cavani è stato davvero un bel gesto, da campione vero e da uomo sportivo tutto d’un pezzo: mi piacerebbe vedere più spesso attestati di stima tra giocatori che hanno finito di gareggiare da poco”.
A lei, invece, va il titolo di eroe per un giorno, dato che ha salvato una bambina dall’annegamento.
“È il minimo che potessi fare, non potevo certo stare a guardare. Noi presenti abbiamo fatto quello che dovevamo e potevamo, ma se la bambina si è salvata è stato grazie alla mano divina, non ho dubbi. Il buon Dio è intervenuto”.
Torniamo alla Nazionale azzurra: come, e in che modo, ripartire?
“Prima abbiamo menzionato alcuni giovani meritevoli: secondo me si dovrebbe ripartire da loro e, a questi, aggiungere qualche senatore dal quale, al momento, non possiamo prescindere, tipo Pirlo e Buffon, fuoriclasse nei loro ruoli. E poi abbiamo bisogno di un nuovo progetto”.
Con quale commissario tecnico?
“Credo che Roberto Mancini abbia tutte le carte in regola per fare bene alla guida della Nazionale Italiana”.