Scopriamo le figure dei due santi martiri dalla Cappella Sistina, passando per le porte del Filarete e la CappellaIn questa puntata il professor Rodolfo Papa ci introduce alla conoscenza delle figure dei Ss. Pietro e Paolo attraverso l’arte. Ampia è la parabola percorsa dal professore a partire dalla cappella Sistina e dai dieci arazzi che Leone X Medici fece realizzare per essa nel 1517 su cartoni di Raffaello.
Il confronto proposto dal professor Papa, passando per le porte del Filarete, rimane in Vaticano: la cappella Paolina dove Michelangelo rappresenta il martirio di questi santi.
Così come gli arazzi ci avevano mostrato una Chiesa missionaria e in uscita a seguito della Pentecoste, qui arriviamo all’estreme conseguenze di questa missione: il martirio, ovvero la testimonianza fino alla morte. Il professor Papa ci fa notare come lo sguardo di Pietro inchiodato alla croce, incrociando quello del pontefice che entra “sembra chiedergli: sei in grado tu di dare la vita come l’ho data io?”.
L’opera di Michelangelo sarà un modello per tutta la pittura successiva: a tale modello si ispirerà anche Caravaggio nella cappella Cerasi in S. Maria del Popolo, ma in questo contesto, ci fa osservare il professore, vengono messi in risalto i piedi lavati di Pietro. I medesimi piedi che Cristo aveva lavato sottolineando così il ministero della Chiesa che è servizio.
Un’iconografia insolita, ma con il quale ci sembra bello salutare il lettore è il Commiato dei Santi Pietro e Paolo sulla via del martirio (1624-1626) di Giovanni Serodine. Questo episodio è apocrifo, di esso abbiamo solo attestazioni tardive: si afferma con la Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine ed era segnalato con un cappella il luogo sulla via Ostiense a Roma dove si pensava fosse avvenuto l’incontro (tra gli attuali civici 106-108).
A differenza dell’iconografia dell’abbraccio tra i due santi, comune nella tradizione figurativa cristiana, Serodine ci propone un dipinto intenso e fuori dal comune, nel quale i principi degli apostoli si guardano profondamente negli occhi (possiamo immaginare l’intensità dello sguardo di Pietro in risposta a quello di Paolo). Il caravaggismo di Serodine, che si ispira al Caravaggio siciliano frammisto al caravaggismo fiammingo di Gherardo delle notti, unito a quella capacità di sbozzare e dissolvere le forme attraverso, la luce ci trasmette tutta la temperatura del momento. Lo sguardo di Paolo, quasi pugnace, ci racconta la determinazione di un uomo che ha incontrato Cristo, che non può non testimoniare quel incontro sino a consegnare la vita.
Il dipinto fu commissionato a Serodine dall’artistocratico romano Asdrubale Mattei tra il 1622 e il 1624 per la Galleria di Palazzo Mattei. Insieme a questo, come pendant, fu richiesto allo stesso pittore di dipingere il Tributo della moneta. Evidente è il significato di questa scelta: il Mattei vuole riflettere lui stesso e far riflettere i visitatori della sua galleria sulla relazione che intercorre tra l’uomo e il mondo e l’uomo e Dio. A Cesare si dà il tributo, ma cosa si consegna a Dio? La vita stessa, per intero, per libera e determinata scelta. I modelli che Asdrubale Mattei sceglie per ispirare sé stesso e i suoi ospiti sono Pietro e Paolo, colonne portanti della nostra Chiesa.