Per il cristiano è essenziale il tentativo di identificazione con GesùGrande Ratzinger. Ogni volta che leggo pagine scritte da lui c’è una freccia che mi colpisce. Scrive: “nel Vecchio Testamento tra Dio e l’uomo non c’è comunione: la trascendenza del Creatore è insormontabile”. Solo in seguito, con l’Incarnazione di Dio, l’uomo entra in comunione con Gesù. Il nostro punto d’arrivo è San Paolo quando dice: “Vivo, ma non sono più io che vivo: è Cristo che vive in me” (Gal 2,20). La legge, le tradizioni sono legate all’Antico Testamento, nel Nuovo si apre, in più, il grande spazio dell’interiorità, del dialogo con Dio che è diventato “Abbà”, Papà, Padre nostro e non più l’Innominabile. Ci colpiscono e stimiamo le tradizioni ebraiche e le preghiere musulmane.
Noi abbiamo le parole del cuore con un Dio che si presenta come Sacro Cuore. La vocazione del cristiano è l’identificazione con Gesù, che avviene soprattutto col sacramento della Comunione. La comunione con Dio! Chi ha questo dono? In quale religione c’è qualcosa di simile? Dice Ratzinger “Ricevere il Signore nell’Eucaristia significa entrare nell’essere di Cristo”. Anch’io che non sono nulla, non ho nulla, non so nulla, sono chiamato a quest’identificazione ma l’iniziativa non è mia. E’ Gesù che pilota la barca, io sono un garzone che pulisce il ponte. La mia preghiera è il silenzio perché Gesù parli, perché Maria mi accudisca. Occorre gridare perché i cristiani ambiscano a quest’identificazione. Tutto il resto (la vita matrimoniale, professionale, civile, politica) ci viene dato in sovrappiù.