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I versi del Qoelet e Pierpaolo Capovilla

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padre Massimo Granieri - Arena dei Rumori - pubblicato il 19/06/14
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Testi densi sull’insoddisfazione umana, a ricordare la continua ricerca di senso di ciascuno di noi

Mentre scrivo ascolto su Spotify (versione Premium) l’ultimo album da solista di Pierpaolo Capovilla, leader de Il Teatro degli Orrori band rock italiana tra le più brillanti degli ultimi anni. “Obtorto Collo” (Con il collo storto) è il titolo del suo nuovo cd, una locuzione latina che indica l’accettazione, contro la propria volontà, di imposizioni esterne. Sono al quarto ascolto perché voglio mettere a fuoco un lavoro che mi piace e molto.

Cercherò l’ispirazione di Pierpaolo solo dopo aver assimilato le sue liriche, senza leggere interviste né recensioni. Ha composto un piccolo capolavoro musicale, eppure è stato bocciato frettolosamente dalla critica; quella italiana poi è la peggiore al mondo (anche quando scopiazza dai siti web americani e inglesi).

L’album impone attenzione, mai ascoltarlo come sottofondo mentre siamo affaccendati in altre cose. I testi sono uno tsunami di veleno contro un mondo che ha perso ogni punto di riferimento, che costringe a seguire in modo bestiale l’istinto e non la ragione. Basta la sequenza di “Quando” “Ottantadue ore” per centrare la tematica del disco.
“Obtorto collo” è la prosa dell’uomo che spera ancora nell’amore spirituale: ”Guardo dentro me e vedo solo te, mi basta un tuo sorriso, uno soltanto per sentirmi bene per mesi… In quel sorriso c’è tutta la bellezza del mondo, anche di più” (versi di “Come Ti Vorrei”); è un album sull’affetto e sull’indifferenza reciproca: ”Non so dove andare, cosa fare, cosa dire, cosa pensare di te, di me, di noi, di tutti quanti, quante sconfitte dovrò ancora sopportare, quante indifferenze…” (versi di “Bucharest”).

Mentre ascolto “Dove vai” (vedi il video in cima al post), viene in mente un verso del Qoelet, libro biblico che in parte tratta dell’insoddisfazione dell’uomo. Alcuni versi riassumo il senso della canzone e di un disco che lascia un segno in chi lo sente con attenzione. Un ascolto maturo, un esercizio degno di essere definito “spirituale”.

Chi sa quel che è bene per l’uomo durante la sua vita, nei pochi giorni della sua vana esistenza, che passa via come un’ombra? Chi può indicare all’uomo che cosa avverrà dopo di lui sotto il sole? (Qoelet 6,12)

Qui l'originale

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