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Caso Gambirasio: a chi serve sbattere il mostro in prima pagina?

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Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 17/06/14
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La maggior parte dei giornali hanno mostrato il volto del presunto colpevole dell’omicidio di Yara, aizzando le folle e facendo un pessimo servizio alla verità
E’ un carosello degno del peggior giornalismo: quello del “mostro” schiaffato in prima pagina. E se le tv sono state generalmente più attente, oscurando parzialmente il volto del sospetto, sui giornali, online e non, è in atto una vera e propria gogna mediatica. Parliamo del presunto omicida di Yara Gambirasio. Ripetiamo: presunto.

Il problema della caccia al sensazionalismo e al “colpaccio” è partita proprio lunedì con il ministro degli Interni, Angelino Alfano, che ha dato notizia, anche su twitter. Il comunicato del Viminale: "È stato individuato l’assassino di Yara Gambirasio". "Le forze dell’ordine, d’intesa con la magistratura, hanno individuato l’assassino di Yara Gambirasio. Secondo quanto rilevato dal profilo generico in possesso degli inquirenti, l’assassino della piccola Yara è una persona del luogo, dunque della provincia di Bergamo. Nelle prossime ore, saranno forniti maggiori dettagli. Ringraziamo tutti, ognuno nel proprio ruolo, per l’impegno massimo, l’alta professionalità e la passione, investiti nella difficile ricerca di questo efferato assassino che, finalmente, non è più senza volto" (Huffington Post, 17 giugno).

Ormai dopo centinaia di episodi di CSI, tutti sappiamo che col DNA non si scappa, non ci sono appelli, quindi il ministro e i giornali hanno voluto saltare quella seccatura chiamata processo e il principio della presunzione di innocenza.

Questo anche se la procura avrebbe preferito un profilo più basso da parte delle istituzioni: ”Era intenzione della Procura mantenere il massimo riserbo” sul fermo di Massimo Giuseppe Bossetti, fermato ieri per l’omicidio di Yara Gambirasio. ”Questo – ha spiegato il procuratore Francesco Dettori – anche a tutela dell’indagato in relazione al quale, secondo la Costituzione, esiste la presunzione di innocenza” (Ansa, 16 giugno).

Ecco quindi che le parole pacate del parroco di Brembate, don Corinno Scotti, appaiono quasi come una vuota speranza: «Penso a questa persona. Spero che ora non prevalgano sentimenti di vendetta nei suoi confronti. Questa comunità in questi anni è stata molto matura». Purtroppo dopo che tutti hanno detto “E’ lui” è difficile tornare indietro. Prosegue il don «Pur impaurita e ferita non ha ceduto a sentimenti di vendetta. Il papà di Yara mi ha detto che se lei è morta è perché noi diventassimo più buoni. Se ora questa notizia verrà confermata cosa facciamo nei confronti del presunto assassino? Invochiamo la pena di morte? No, certo. A me interessa che Yara sia stata e continui ad essere un dono per la nostra comunità". Queste le prime parole di don Corinno Scotti, il parroco di Brembate di Sopra, alla notizia dell’individuazione dell’assassino di Yara Gambirasio. Ho tirato un sospiro di sollievo ma ancora non so nulla di preciso", dice. "Proprio quindici giorni fa abbiamo inaugurato qui in oratorio un monumento in ricordo di Yara che ho voluto chiamare stele di luce. Perché comunque andrà a finire questa dolorosa vicenda Yara è così che deve essere ricordata: come un dono, un dono prezioso» (Avvenire, 16 giugno).

C’è da ricordarselo come esempio questo padre che offre il suo dolore come strumento di pacificazione, e ci sarà da ricordarlo qualora venisse fuori che Massimo Giuseppe Bossetti fosse innocente, ma di cui in troppi hanno chiesto la testa, forse perché – aizzati dai media – la testa l’avevano persa per primi.

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