L’attesa di una ripartenza nel servizio dopo la benedizione del Vescovo di Roma
La visita di Papa Francesco alla Comunità di Sant’Egidio: nel pomeriggio di domenica 15, l’incontro dedicato essenzialmente ai poveri che sono al centro del Vangelo di Gesù e che costituiscono un fondamentale impegno per la Comunità, vissuto come amicizia e come servizio. Federico Pianaha intervistato Marco Impagliazzo presidente della Comunità di Sant’Egidio:
R. – Siamo nello Spirito della Pentecoste, siamo molto gioiosi, direi entusiasti, che il Papa possa visitare la nostra Comunità a Trastevere, i tanti poveri che vivono con noi ormai da tanti anni, le persone della periferia di Roma e delle periferie del mondo, che sono i nostri compagni di strada da quando la Comunità è nata nel 1968. Ci siamo preparati anche rileggendo e meditando l’Evangelii Gaudium, che è un grande documento che ci aiuta a capire come la Chiesa deve portare la gioia del Vangelo ed essere sempre una Chiesa in uscita.
D. – Al centro di questa visita ci saranno soprattutto i poveri. Che effetto vi fa vedere un Papa, così attento alle povertà, venire da voi che avete fatto della povertà un vostro ‘cavallo di battaglia’, se mi permetti questo termine?
R. – Ci fa l’effetto di un grande avvenimento, ma anche di un nuovo inizio, perché avere il Papa con noi è sempre un nuovo inizio: va capita la sua presenza, andranno capite le sue parole e anche la missione che lui affiderà alla nostra comunità: io penso, ancora una volta, per il nostro futuro nelle periferie del mondo.
D. – Com’è nata questa visita?
R. – Noi avevamo il desiderio, essendo il Papa il nostro vescovo, il vescovo di Roma, che lui potesse incontrarci, così come ci incontrava quando era arcivescovo di Buenos Aires nella nostra Comunità in Argentina, che lui ha frequentato, soprattutto nelle scuole della pace, le scuole che facciamo per i bambini più in difficoltà o anche nelle celebrazioni per i nuovi martiri, che lui ha frequentato nella nostra Comunità a Buenos Aires. Dunque, è nata semplicemente facendo un invito al Papa e chiedendogli di incontrarci, venendo nella nostra cosa, nella nostra chiesa sia di Sant’Egidio ma anche nella Basilica di Santa Maria, dove c’è la preghiera della Comunità ogni sera.
D. – Che cosa, come presidente della Comunità di Sant’Egidio, ti aspetti che questa visita porti come frutti?
R. – Io mi aspetto che tutta la Comunità venga incoraggiata nel lavoro che sta compiendo accanto ai poveri e soprattutto alle nuove povertà di tante persone che perdono il lavoro, che non hanno una casa, ma anche in uno degli sforzi che stiamo facendo ultimamente, che è quello di far andare insieme le due grandi generazioni: quella degli anziani e quella dei giovani, perché – come il Papa ci dice sempre – dall’incontro fra queste due generazioni si vedrà l’umanità e il futuro del nostro mondo. E poi siamo sempre aperti alle sorprese dello Spirito. Questo Papa è stato una grande sorpresa per la Chiesa, lo è per la nostra Comunità e lo sarà anche dopo questa sera.
D. – Per chi non vi conosce, che cos’è la Comunità di Sant’Egidio?
R. – La Comunità di Sant’Egidio è una Comunità di laici di tutte le generazioni, che è nata dopo il Concilio Vaticano II e che ha messo al centro della sua spiritualità la lettura e l’ascolto della Parola di Dio, il servizio ai poveri e l’amicizia con tutti. Questa amicizia negli anni si è fatta dialogo con le religioni, si è fatta dialogo con le culture. Sant’Egidio è conosciuta anche per il suo lavoro per la pace: la pace in Mozambico che fu firmata proprio da noi nel ’92, dopo due anni di trattative. Da allora il nostro nome è un nome di pace nel mondo! La vera realtà della Comunità è quella di persone come tutte, che vivono in famiglia, che hanno il loro lavoro, che non fanno vita comune, ma che danno parte del loro tempo e delle loro risorse per il Vangelo e per i poveri.