Depositate le motivazioni della sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha contraddetto l’impianto della legge 40La scelta da parte di coppie sterili di diventare genitori e formare una famiglia con dei figli è espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi ed è per questo che il divieto di ricorrere alla fecondazione eterologa previsto dalla legge 40 è costituzionalmente illegittimo. La Corte Costituzionale ha depositato le motivazioni, molto attese, della sentenza dello scorso 9 aprile. Secondo la Corte, tra l’altro, l’impossibilità per molte coppie di accedere all’eterologa in Italia le ha costrette a spostarsi all’estero, provocando “un ingiustificato, diverso trattamento delle coppie affette dalla più grave patologia, in base alla capacità economica”.
"La determinazione di avere o meno un figlio, anche per la coppia assolutamente sterile o infertile", spiega la Consulta, "concernendo la sfera più intima ed intangibile della persona umana, non può che essere incoercibile, qualora non vulneri altri valori costituzionali" e ciò anche quando sia necessario ricorrere all'eterologa. Tuttavia, tiene a precisare la Corte, la bocciatura del divieto di fecondazione eterologa sancita nell'aprile scorso va riferita "esclusivamente" al caso in cui "sia stata accertata l'esistenza di una patologia che sia causa irreversibile di sterilità o di infertilità assolute". Tali "circostanze" devono "essere documentate da atto medico e da questo certificate". Il ricorso alla fecondazione eterologa, si afferma nella sentenza "non diversamente da quella di tipo omologo, deve, inoltre, osservare i principi di gradualità e del consenso informato” (larepubblica.it 10 giugno).
E’ il riconoscimento o meno di un “diritto” ad avere un figlio in ogni caso che non convince il Movimento per la vita. “Si guardano solo gli interessi degli adulti e non i diritti dei bambini”, ha commentato il presidente dell’organizzazione Carlo Casini, sebbene “la Convenzione universale dei diritti del fanciullo affermi che in ogni decisione di carattere amministrativo o giudiziario riguardante i minori va data prevalenza all’interesse del bambino”. “Chiediamoci e chiediamo ai giudici – ha proseguito Casini – se il ‘meglio’ per un figlio sia avere o non avere un padre e una madre certi sotto ogni profilo, genetico, giuridico e sociale, e se una valutazione su questo ‘meglio’ possa essere sottratta alla sovranità del popolo che si esprime attraverso la legge adottata dai suoi rappresentanti (nel caso in esame, addirittura confermata con un referendum) ovvero possa essere effettuata da quindici persone sia pur nominati giudici costituzionali”.
Nella stessa linea di pensiero si esprime anche l’Associazione Scienza & Vita. Secondo Paola Ricci Sindoni e Domenico Coviello, presidente e copresidente dell’associazione, “la mancata genitorialità è un dramma personale e sociale la cui soluzione ha a che fare con politiche di prevenzione e sostegno, che non si risolvono immaginando un ‘diritto al figlio’. Un conto è generare bambini, un altro è avere un figlio”. I due responsabili di Scienza & Vita mettono in guardia da possibili vuoti normativi e sociali: come va inteso, ad esempio, il limite “ragionevolmente ridotto di largizioni di seme e di ovuli”? Quanti figli possono essere generati da un unico datore di gameti e quali saranno le procedure da mettere in atto affinché non vi sia la concreta possibilità dell’unione di due inconsapevoli fratellastri?
Nessun problema di vuoto normativo, invece, per la Consulta, in seguito alla caduta del divieto di fecondazione eterologa. Esistono già, ha precisato la Corte, tutte le norme applicabili per praticare questa tecnica in Italia, perché tutte le regole previste per la fecondazione omologa sono applicabili anche alla fecondazione di tipo eterologo. È questa una delle motivazioni, si rileva, che hanno portato la Corte costituzionale a emettere la sentenza (corriere.it 10 giugno).