Il primo in Polonia, in collaborazione con Gariwo in occasione della Giornata europea dei Giusti del 6 marzo
Il 5 giugno viene inaugurato a Varsavia il primo Giardino dei Giusti della Polonia, dove vengono piantati alberi per onorare gli uomini e le donne che hanno aiutato le vittime delle persecuzioni o difeso i diritti umani ovunque fossero calpestati, rischiando frequentemente la vita.
Il giardino, situato nel quartiere di Wola, vicino al luogo in cui sorgeva il Ghetto, nasce dalla collaborazione tra l’associazione Gariwo (http://www.gariwo.net) e il Comitato per il Giardino dei Giusti di Varsavia, costituito su impulso del compianto Tadeusz Mazowiecki – già Primo Ministro polacco e tra i fondatori di Solidarnosc – durante le celebrazioni della prima Giornata europea dei Giusti, il 6 marzo 2013.
Questa Giornata è stata istituita, su proposta di Gariwo, grazie alla sinergia tra gli europarlamentari italiani e polacchi che hanno coinvolto l’intero Parlamento europeo.
Come ha spiegato ad Aleteia Gabriele Nissim, presidente di Gariwo, “questo giardino vuole essere un monito all’Europa affinché combatta ogni forma di razzismo, ogni ideologia totalitaria. Nel giardino di Varsavia saranno onorati prima di tutto coloro che si sono impegnati per salvare gli ebrei durante la Shoah, nel Paese in cui sono stati costruiti i campi e sterminata l’intera comunità ebraica. E accanto a loro saranno ricordati tutti quelli che lottano contro i totalitarismi e per la prevenzione dei genocidi”.
Durante la cerimonia saranno piantati gli alberi con i cippi dedicati a: Marek Edelman, vicecomandante dell’insurrezione nel Ghetto di Varsavia, che ha dedicato la vita all’impegno civile in favore dei più deboli e in difesa della libertà; Jan Karski, emissario dello Stato clandestino polacco che ha tentato invano di far conoscere al mondo lo sterminio degli ebrei; Magdalena Grodzka-Guzkowska, soldato dell’esercito clandestino polacco che ha salvato molti ebrei del Ghetto; Tadeusz Mazowiecki, politico che per protesta contro la passività del mondo ha rimesso il suo incarico ONU in Bosnia-Erzegovina; Antonia Locatelli, missionaria italiana che ha perso la vita per denunciare il genocidio dei Tutsi in Rwanda; Anna Politkovskaja, giornalista russa uccisa per le sue inchieste sugli orrori della guerra in Cecenia.
La cerimonia, che verrà aperta dai saluti di Zbigniew Gluza, presidente del Comitato per il Giardino dei Giusti di Varsavia, Hanna Gronkiewicz- Waltz, sindaco di Varsavia e Gabriele Nissim si svolgerà alla presenza dei familiari dei Giusti onorati, dei rappresentanti delle istituzioni e di numerose associazioni internazionali – International Raoul Wallenberg Foundation, l’associazione AnnaViva e Gariwo-Repubblica Ceca tra le altre.
“Piantare un albero per questi uomini significa dire un grazie e assumersi un impegno personale per non dimenticarli e farli conoscere alle prossime generazioni come esempio di vita”, spiega Nissim.
“Il segno morale che hanno lasciato nella loro esistenza, quando in solitudine si sono comportati come Antigone e hanno sfidato le leggi ingiuste degli uomini, non si esaurisce nel loro tempo, ma può essere raccolto in una staffetta infinita, a cui tutti noi possiamo partecipare ― aggiunge ―. Essi, infatti, continuano a vivere, quando in circostanze diverse, di fronte alle nuove sfide della vita, i contemporanei replicano in modo sempre nuovo e inaspettato i loro insegnamenti".
“La gratitudine nei loro confronti si manifesta in modo completo quando gli uomini delle generazioni successive sono capaci di emulare le loro azioni ― sottolinea il presidente di Gariwo ―. Ogni uomo ha, infatti, la possibilità di piantare un albero per ricordarli non solo nel giardino della sua città, ma attraverso i suoi comportamenti nel corso della vita. L’albero più resistente è infatti quello che vive nelle idee e nelle azioni di altri uomini”.
“Ogni essere umano può quindi innaffiare l’albero di un uomo giusto, quando riempie la sua vita con atti di generosità, con il piacere di dire la verità, con la forza del perdono, con il gusto di fare del bene agli altri e ai più sofferenti”.
Secondo Nissim, “il segreto dell’uomo giusto è per certi versi molto semplice: è la gioia di sentirsi uomo e di sentire che la sua sovranità si esplica non nel chiuso del proprio ego, o nell’ambito di una sola nazione, ma quando si sente parte di tutta l’umanità”.
“Un giudice italiano, Giovanni Falcone, che pagò con la vita la sua battaglia contro la mafia, spiegava così il senso della staffetta morale che si trasmette di generazione in generazione: ‘Gli uomini passano e le idee restano, restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini’. Con queste parole, che pronunciò pochi giorni prima del suo assassinio, egli voleva spiegare che se non fosse riuscito nel suo intento, altri avrebbero raccolto il suo testimone. Il suo impegno contro il male avrebbe lasciato delle tracce nella vita di altri uomini”.