Visse una intensa crisi spirituale e in alcune sue opere dimostrò di saper attingere alla simbologia cristiana
Eccoci di nuovo a sciogliere nodi e malintesi di una cultura di massa antireligiosa che sin dal lontano Ottocento compulsa l’arte lontana da ogni valore trascendente.
Stavolta a mentirci, sobillando aneddoti anticlericali, fu l’artista Truman Howe Bartlett[1] in un articolo del 1889 scrisse che a Rodin fu rifiutato il busto di padre Pierre-Julien Eymard[2] (ribattezzato Aymar) poiché la chioma dei capelli, al malcapitato soggetto, ricordavano corna di diavolo. Tuttavia le fonti sono discordanti, infatti lo stesso Bartlett poche righe dopo afferma che il busto circolò nell’Ordine dei sacramentini sin da subito[3]; mentre altre affermano che il busto fu ritrovato in occasione della beatificazione di padre Eymard nel 1925. Ci sembra, come è stato già osservato, sia stato lo stesso Bartlett a voler in qualche modo dare autorevolezza a una sua impressione estetica con l’aneddoto delle corna, poggiandosi forse su un epistolario indiretto[4].
In una lettera scritta di pugno da Eymard ad una consorella si raccomanda infatti di ringraziare “fratello Auguste” per il busto, cosa in netto contrasto con quanto riportato da Bartlett[5]. Piuttosto ci sembra che la difficoltà nella circolazione del busto risieda in un motivo di natura stilistica: il busto è fortemente caratterizzato da una verve espressionistica, tendenzialmente invece la ritrattistica ufficiale punta all’idealizzazione del personaggio e forse, se un rifiutò ci fu, certamente si potrebbe addurre questa motivazione. Tuttavia questo non impedì ad una copia della scultura di raggiungere la Curia generalizia romana dell’ordine.
La crisi spirituale il rapporto con la Congregazione del Ss.mo Sacramento
In tutte le biografie dello scultore è segnalata la forte crisi spirituale di Auguste dopo la morte della sorella Marie Rodin nel 1862, crisi che lo portò ad entrare per fare esperienza nella Congregazione del Ss.mo Sacramento fondata da padre Pierre-Julien Eymard (1811-1868), canonizzato poi da Giovanni XXIII nel 1962. Poco sappiamo del tempo che il nostro scultore trascorse nella congregazione, infatti poco più tardi, su suggerimento dello stesso padre Eymard, tornerà alla sua vocazione primaria, la famiglia. Proprio la famiglia, quel progetto incompiuto, fallito a più riprese, che sfocerà nello struggente rapporto con la nota scultrice Camille Claudel, dunque non per la scultura che poteva praticare benissimo dall’interno della congregazione, ma per la “tentation de famille”[6].
Di questo arco di tempo poco documentato non ci rimane molto: sappiamo che Rodin viveva nella congregazione e che in questa aveva installato il suo atelier continuando a lavorare, ma non sappiamo molto di più. Non sappiamo neppure quando esattamente lascerà la congregazione, sappiamo che vi tornerà spesso e il suo rapporto sarà costante e che infine una copia del busto di Eymard sarà rinvenuto nella sua camera di Meudon insieme a un crocifisso del Seicento, onore che certamente non si tributa ad un uomo del quale ci si è voluto prender gioco, come ci indica Barlett e la critica a lui concorde. Rodin non solo parteciperà ai funerali di Eymard, ma sarà contattato per deporre materiale per il fondo che andrà poi per gli studi e la beatificazione: il nostro scultore non depositerà nulla, ma il fatto stesso che venga contattato indica in quali rapporti fosse con padre Eymard. Questo è quanto la critica è riuscita a far emergere dei rapporti tra Eymard e Rodin: molto poco, insufficiente considerato il numero di opere a carattere sacro o che a tale rango si vogliono elevare.
La Mano di Dio
Rodin non è certamente un “artista di Dio”, non fa arte sacra eppure rivela un travaso di simboli dall’immaginario cristiano che sfiora l’ortodossia nella sua attuazione. Un esempio straordinario è la scultura della quale ci accingiamo a raccontare. L’esito finale del marmo, come sempre, si deve agli scalpellini dei quali Rodin si è sempre avvalso[7], l’idea però rimane dello scultore e perciò escludiamo le dissertazioni sullo stile e invece ci concentriamo su quelle concernenti il significato. Esposta probabilmente sin dal 1896 “Mano con gruppo” a Monaco, la mano è presa da uno de I Borghesi di Calais (Pierre de Wissant): la critica vuole che Rodin rappresenti la mano del creatore come la mano stessa che lui ha creato. Certo un’interpretazione del genere pone banalmente lo scultore nel novero di quelli che il sacro lo hanno profanato facendosi idolo di loro stessi. C’è da dire tuttavia che forse un dubbio bisognerebbe porselo di fronte a questo atteggiamento interpretativo: i modelli non sono sempre stati riutilizzati più volte all’interno delle botteghe? Quasi tutte le grandi botteghe funzionarono in tal modo, senza che questo abbia mai assunto un significato iconologico. Anche volendo sorvolare su questo dubbio, che poniamo all’interno dell’orizzonte critico del lettore, si deve tuttavia affermare che il soggetto rimane dipendente dalla rappresentazione biblica: la creazione di Adamo ed Eva.
A dispetto di tutto ciò che è stato affermato più volte dalla critica specialistica, la scultura di Rodin è tutt'altro che imprecisa nel narrare l’evento biblico secondo la prospettiva cristiana. Una più corretta lettura biblica della narrazione elohista dice che “Elohim [Dio] creò l’àdam [l’umanità] a sua immagine” e poi aggiunge “zakar [maschio] e qeba [femmina] li creò”[8]; questo primo racconto della creazione della Genesi è tuttavia storicamente composto più tardi. Ancora più preciso in merito è il secondo testo che compare sempre in Genesi nel quale “Jhwh [Dio] modellò l’àdam [l’umanità] con la polvere del terreno e soffiò nelle sue narici un alito di vita […] poi Jhwh disse: non è bene che l’uomo sia solo voglio fare un aiuto che gli corrisponda”[9]. A questo punto del racconto Dio crea gli animali, ma questi non sono un aiuto corrispondente all’umanità. La distinzione sessuale nel racconto biblico avviene solo con la creazione di ishà [la donna] che viene da ish [l’uomo], il quale, nella sua differenza di genere, si manifesta solo con la creazione della donna e che prima è solo un’umanità solitaria e senza genere[10].
Quello che apparentemente è una finezza di traduzione e di esegesi giustifica l’opera di Rodin, per un cristiano: La mano di Dio di Rodin rappresenta esattamente quello che viene descritto in Genesi secondo l’interpretazione più accreditata e aggiornata. A questo punto gli studi storico-artistici dovrebbero chiedersi se questo non sia stato voluto, se l’occhio di Rodin sulle Scritture non fosse più profondo di quanto non lo sia quello degli storici dell’arte di tutti i tempi. Certo questa rimane una pista ancora tutta da battere, ma basterebbe che Rodin si basasse sul racconto elohista per poter dire che lo scultore non ha sbagliato a rappresentare la creazione, ma sono stati gli storici dell’arte, insufficientemente eruditi, a non comprendere la profondità dell’opera di Rodin. Inoltre ci sembra improbabile in virtù dell’educazione cristiana impostagli dalla madre quando era bambino, dell’esperienza della sorella Marie e della vita nella Congregazione del Ss.mo Sacramento che Auguste potesse ignorare questo brano.
Un’ultima riflessione vogliamo lasciare al lettore: Auguste Rodin quando pensa alla creazione la pensa nei termini del genere e della corporeità; nella mano sono scolpiti due corpi la cui sessualità è chiaramente distinguibile. La creazione per eccellenza, la quale è ipostasi di tutte le altre, ha dunque a che fare con due valori: la corporeità e la differenziazione del genere e la conseguente complementarietà. Questa è l’opinione di Auguste Rodin, uomo e artista che apparteneva al mondo, ma che in quanto tale non ha disconosciuto le radici cristiane del suo pensiero: perché a pensare la creazione gli sovviene immediatamente e precisamente il racconto della Genesi e non ha dubbi su quale sia la completezza e la bellezza della creazione, le quali risiedono nella differenziazione sessuale e nella perfetta complementarità tra queste due differenze.
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1) Scultore americano (1835-1922) contemporaneo di Rodin.
2) Fondatore dell’ordine dei sacramentini, la cui missione è portare nel mondo l’Adorazione continuata del Ss.mo Sacramento su ispirazione della cosiddetta Quarantore seicentesca.
3) Questo Bartlett lo menziona, ma non riesce a darne una giustificazione soddisfacente, l’intervista a Rodin qui incriminata è costellata di piccole incoerenze che fanno pensare a una messa appunto posteriore e che per un senso di completezza pecca di aggiunte non confortate da dati certi.
4) Pubblicati frammenti d’interesse in Peter Stuyvesant Foundation, Rodin and his contemporaries : This collection of masterpieces by Rodin and his Contemporaries has been brought to Australia by The Peter Stuyvesant Trust, 1967.
5) Per la lettera di veda Butler R., Rodin. The shape of genius, New Heaven and London, 1993.
6) Ivi p. 519.
7) Si veda Magnien A., Arensi F., Rodin. Il marmo, la vita, Milano, 2013.
8) Gen 1,27.
9) Gen 2,7 e 2,18.
10) Sulla differenza di genere un testo accessibile e particolarmente affidabile che ha il merito di mettere in parole semplici la “teologia del corpo” di San Giovanni Paolo II è Semen Y., La sessualità secondo Giovanni Paolo II, Cinisello Balsamo, 2005.