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Democrazia 2.0: le opportunità consapevoli dei rischi

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 30/05/14
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Tavola rotonda con esperti della comunicazione al convegno dell’Ucid
La rivoluzione digitale ha cambiato radicalmente la vita delle persone mutando il modo di comunicare, di incontrarsi, di lavorare, di trovare informazioni e anche il modo di partecipare alla vita politica. Internet e i social network non rappresentano solo uno spazio di comunicazione politica più ampio e pervasivo dei mezzi tradizionale, ma anche uno strumento di partecipazione che secondo modelli già posti in essere – uno per tutti il Movimento 5 Stelle di Grillo – dovrebbe sostituire il meccanismo della democrazia rappresentativa con quello di una democrazia diretta digitale. Ma come si può costruire un sistema giuridico che tuteli il diritto di accesso alla Rete e nello stesso tempo ponga limiti a possibili abusi da parte sia dei gestori che degli utilizzatori, garantendo la sicurezza di persone e Stati e, quindi, della democrazia del sistema? E’ la domanda che l’Unione cristiana imprenditori e dirigenti (Ucid) di Roma ha rivolto a mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali, a Antonello Soro, presidente Autorità Garante per la protezione dei dati personali, Ruben Razzante, docente di diritto dell’informazione e della comunicazione all’Università cattolica di Milano e alla Lumsa di Roma e a Emilio Carelli, già direttore di Sky news 24, nel corso della tavola rotonda "Democrazia 2.0: Costituzione e partecipazione" moderata dal giornalista Rai Tg1 Duilio Gianmaria.
 La Rete è un grandissimo spazio di "libertà potenziale" ma, sottolinea Soro, occorre consapevolezza dei "suoi rischi" e l’esercizio di una cittadinanza attiva che richiede"una vera e propria educazione digitale". Insomma non si deve cedere alla tentazione della tecnica che occupa l’intero orizzonte, ma occorre trovare "il passo giusto tra la regolamentazione e l’utilizzo con carattere di libertà con il quale è nato Internet". Non tutti sono uguali in Rete e il peso è diversi soggetti è differente. Soro rileva che "il processo di aggregazione tendenziale dei grandi provider porta nelle mani di 4-5 aziende dati puntuali sugli utenti di Internet a cui si dirige l’attenzione dei servizi di sicurezza di tutto il mondo per difendersi dalle insidie, ma anche per limitare in qualche misura i diritti dei cittadini". L’esempio più chiaro è il caso della cosidetta "primavera araba" rispetto alla quale la Rete in un primo tempo è stato il volano della rivolta e poi lo strumento di cui ci si è serviti per comprimere le libertà di coloro che si erano ribellati.

La grande questione da affrontare è, allora, la protezione dei dati personali, sulla quale occorre investire molto. Per il garante della privacy occorrono "interventi e soluzioni di dimensione sovranazionale". Per esempio gli Stati Uniti stanno modificando l’ordinamento in una direzione che lo avvicina a quello europeo in materia di protezione dati; Canada, Brasile e Australia lo hanno già fatto. Anche le imprese concorrono: Facebook e Google hanno manifestato la volontà di adeguare le loro policy in funzione della tutela degli utenti per non correre il rischio di perderne la fiducia. Un ruolo lo sta giocando la giurisprudenza europea che ha demolito la direttiva sul "data retention", più preoccupata, in sostanza, della sicurezza che dei diritti dei cittadini e anche la recente sentenza – indicata comunemente come diritto all’oblio – ma il cui baricentro, è l’affidamento alla giurisdizione europea. Il principio di aggiornamento e di qualità dell’informazione è già presente nel nostro ordinamento. Soro osserva che "negli ultimi mesi gli editori si stanno adattando non solo a deindicizzare dal motore di ricerca la notizia riguardante un cittadino e non più aggiornata, ma anche a mettere un link nell’articolo conservato nell’archivio digitale che rinvia alla notizia successiva". Addirittura gli editori accettano la sollecitazione di chi fa ricorso prima ancora che arrivi al garante. A questo processo devono concorrere anche gli utenti convicendosi che quello virtuale non è uno spazio chiuso ma aperto, la condivisione non significa "mettersi nudi" e non c’è anonimato: infatti chi commette reati via Internet viene individuato e punito. Nell’ultimo anno, in particolare è cresciuta la consapevolezza della "grande sorveglianza" ma anche della protezione dei dati personali e quindi si è messo in moto un meccanismo che tende a un processo di autoregolazione non imposta da un "governo planetario". Scrivere la "Costituzione" di Internet di cui si parla, più che stilare un testo, è in realtà avviare un processo al quale tutti sono chiamati a concorrere portando nello spazio digitale la civiltà dei diritti che è maturata nello spazio fisico.

I diritti personali nello spazio di Internet trovano già una copertura costituzionale forte: "l’art. 21 – enumera il professor Razzante – che protegge il diritto di informazione e manifestazione del pensiero, l’art. 15 con il principio di segretezza della corrispondenza che tutela la comunicazione via mail, il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 certamente riguarda anche la Rete, l’art. 17 sulla libertà di riunione che si estende allo spazio virtuale e anche l’art. 41 sulla libertà di iniziativa economica che deve potersi esprimere anche in Rete. Non serve modificare la Costituzione per inserire il diritto di accesso ad Internet mentre la questione riguarda un livello sopranazionale. Tuttavia sottolinea che "la democrazia della connessione è diversa da quella dell’informazione e della comunicazione: alla base della seconda c’è un’idea di comunione, di condivisione, di messa in comune di informazioni, stati d’animo e sensibilità; la democrazia della connessione suggerisce qualcosa di coatto, una Rete in cui in qualche modo si rimane impigliati e quindi una certa dissipazione dello stato democratico con tutti i rischi connessi". E anche il cosiddetto "diritto all’oblio" può essere esercitato solo se si dimostra che la cancellazione dei dati in oggetto non rechi pregiudizio al diritto d’informazione mentre danneggia la persona cui si riferiscono. Google si sta attrezzando per creare task force nei vari Paesi europei per fronteggiare le domande di cancellazione dei dati che a volte sono fondate e a volte anche bizzarre: non si può dire che da oggi si può cancellare tutto.

Ecco dunque che molti sono i rischi della rete e della democrazia della connessione. Li mette in risalto mons. Celli, che però invita a non tirarsi indietro: "Papa Francesco ci esorta a non aver paura di entrare nelle reti sociali perchè quello è lo spazio in cui vive oggi l’uomo: è una visione positiva, ma non ingenua. Se la democrazia della Rete è un processo che coinvolge la responsabilità di tutti con un posto importante per la formazione in questo campo". Poi sottolinea la responsabilità dei genitori: "I dati dicono che in Europa il 76,4% dei bambini naviga da solo in Internet e che solo nel 34% dei casi esiste un filtro apposito per i minori. Bisogna aiutare i genitori a capire la loro responsabilità che va ben oltre spegnere o accendere il computer, ma devono aiutare i ragazzi a navigare con sicurezza nella pluralità delle informazioni e dei siti offerti". Questa è la sfida per tutti coloro che fanno e navigando in rete. Capire cosa è la libertà, per evitare una nuova Torre di Babele.

L’ex-direttore di Sky TG24 Carelli ammette che anche i giornalisti devono fare la loro parte, oltre le istituzioni o le imprese di comunicaz
ione: "Internet ha cambiato nel giro di pochi anni la professione. E non solo perché oggi i giornalisti sono sempre più multimediali". E’ un questione di ruolo perché sono nati i citizen report, il giornalismo amatoriale creato dagli utenti della Rete: "L’80% delle notizie messe in rete sulle torri Gemelle sono state prodotte da cittadini che avevano assistito all’evento. Però sarà sempre necessaria la capacità di distinguere le notizie, verificando quali sono affidabili, controllare le fonti e di operare in maniera deontologica, per esempio nel campo della protezione dei minori". Insomma la pratica di sempre del buon giornalismo, evitando di divedersi, ha ammonito Carelli, "tra cyber-ottimisti e cyber-pessimisti": "Io ritendo che si debba essere cyber ottimisti perchè Internet spero possa rivitalizzare al democrazia avvicinando i cittadini alle istituzioni e offrendo loro nuove possibilità di espressione".

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