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Di che natura è il fuoco dell’inferno?

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padre Angelo Bellon, o.p. - Amici Domenicani - pubblicato il 29/05/14
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Giovanni Paolo IIi: “Le immagini con cui la Sacra Scrittura ci presenta l’inferno devono essere rettamente interpretate”

Quesito

Caro Padre Angelo,
in un gruppo di discussione cattolico un partecipante appartenente alla FSSPX ci mette in guardia e dice: "*** Nel 1890, la Sacra Penitenzieria, (quindi la Santa Sede, di cui la Sacra Penitenzieria, è un ufficio/organismo) stabilì che non può essere assolto, neppure in punto di morte, colui che pubblicamente dubita che all'inferno ci sia il fuoco, FISICO, REALE & CONCRETO, se, altrettanto pubblicamente, non si dichiara convinto di tale esistenza. Dato che le catechesi sull'aldilà di Karol Wojtyla sono confuse, proprio su questo punto, forse, DIO non voglia, proprio lui si trova in tale situazione.***

E' sempre valida, dal 1890, questa lugubre condanna?  Chi ha più autorità e assistenza dello Spirito Santo: la Penitenzieria o le opinioni di un Pontefice? Che l'inferno e il purgatorio siano "stati" e non luoghi è una semplice opinione teologica o un dogma. A chi, noi fedeli, dobbiamo credere?
Grazie caro Padre Angelo.
Antonio


Risposta del sacerdote

Caro Antonio, 
1. sono riuscito a trovare la risposta della Sacra Penitenzieria che, come potrai notare, non dice di non assolvere neanche in punto di morte. Sembra quasi che in quel momento sacerdote e morente non abbiano altro da fare che discutere sulla natura del fuoco dell’inferno. Potrai notare che nel testo che tu mi hai riportato vi sono delle vistose forzature, senza aver mai la preoccupazione di riportare il testo vero della Penitenzieria.

2. Ebbene, la S. Penitenzieria il 30 aprile 1890, al dubbio proposto: «Un penitente si presenta al confessore e, tra l'altro, dice di credere che nell'inferno il fuoco non sia reale, ma metaforico, nel senso che le pene dell'inferno, qualunque esse siano, son dette per analogia, fuoco; e infatti, come il fuoco produce un dolore più intenso di tutti i dolori, così, per indicare la terribile pena dell'inferno, non c'è figura più adatta di esso per darne un'idea. Il parroco chiede se può lasciare il penitente in questa opinione e possa assolverlo. Il parroco fa pure notare che non si tratta di una opinione di qualche individuo, ma è opinione comune nel paese, in cui si usa dire: convinci i bambini, se sei capace, che nell'inferno ci sia il fuoco», ha risposto: «Questi penitenti devono essere istruiti e gli ostinati non devono esser assolti».

3. Va detto che le risposte dei dicasteri romani partecipano dell’autorità del Magistero della Chiesa. Va anche detto che Giovanni Paolo II nella catechesi fatta sull’inferno non ha trattato della natura del fuoco. Per cui non dobbiamo mettere o cercare opposizione tra il documento della Penitenzieria e il Magistero di Giovanni Paolo II.

4. Ecco precisamente che cosa ha detto Giovanni Paolo II in quella catechesi: “Le immagini con cui la Sacra Scrittura ci presenta l’inferno devono essere rettamente interpretate
Esse indicano la completa frustrazione e vacuità di una vita senza Dio. L’inferno sta ad indicare più che un luogo, la situazione in cui viene a trovarsi chi liberamente e definitivamente si allontana da Dio, sorgente di vita e di gioia. Così riassume i dati della fede su questo tema il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Morire in peccato mortale senza esserne pentiti e senza accogliere l’amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola ‘inferno’» (n. 1033). La ‘dannazione’ non va perciò attribuita all’iniziativa di Dio, poiché nel suo amore misericordioso egli non può volere che la salvezza degli esseri da lui creati. In realtà è la creatura che si chiude al suo amore. La ‘dannazione’ consiste proprio nella definitiva lontananza da Dio liberamente scelta dall’uomo e confermata con la morte che sigilla per sempre quell’opzione. La sentenza di Dio ratifica questo stato” (28.7.1999).

5. Non si tratta di un fuoco da intendersi in senso metaforico, ma reale. Che significa questo?
Ci si domanda infatti come il fuoco corporeo possa bruciare i demoni e le anime separate dal corpo, che sono spirituali. La questione viene fuori dal fatto che la Scrittura afferma che il fuoco è stato preparato per il diavolo e i suoi angeli, e non per i corpi dei dannati.

 6. Veniamo a San Tommaso il quale  dice: “Poiché il fuoco dell'inferno non si deve intendere in modo metaforico ma reale, bisogna affermare che l'anima ne sarà tormentata come è chiaro dalle parole del Signore il quale asserisce che quel fuoco "fu preparato per il diavolo e i suoi angeli" (Mt 25,41), i quali sono incorporei come l'anima. Ma le opinioni sono contrastanti nello spiegare la maniera di questa sofferenza del fuoco” (Somma teologica, Supplemento, 70,3).

7. San Tommaso poi passa in rassegna varie opinioni e le dichiara tutte insufficienti. Seguendo sant’Agostino, egli dice che il fuoco viene unito all’anima separata “come ciò che si trova in un luogo è unito al luogo stesso” (Ib.) e in questo modo l’anima viene imprigionata nell’inferno (e cioè da questa situazione) dalla quale non può uscire “se non per concessione divina per ammonire o per provare gli eletti” (Ib., ad 8).

8. Scrive ancora san Tommaso: “S. Gregorio parla così del fuoco là dove spiega come l'anima ne sia tormentata: "Se l'eterna verità afferma che il ricco epulone è condannato al fuoco, quale persona assennata oserà negare che le anime dei reprobi siano schiave del fuoco?". Lo stesso afferma S. Giuliano [vescovo di Toledo], come riferisce il Maestro delle Sentenze: "Se lo spirito incorporeo dell'uomo è trattenuto dal corpo mentre egli vive, perché non può essere trattenuto dal fuoco dopo la morte?". E S. Agostino dice che l'anima dell'uomo è legata al fuoco "che lo tormenta" e di cui prova orrore, come prima era legata al corpo, cui dava vita e verso cui nutriva un grande affetto per l'unione tra essi evidente, nonostante la loro differenza di natura” (Ib.).

9. In conclusione dobbiamo dire che il fuoco è reale, ma di che tipo sia non lo sappiamo.
Tutto rimane avvolto in un’ombra di mistero, come i Padri hanno frequentemente notato (cf. M. J. Scheeben, I misteri del Cristianesimo).

10. Possiamo però dire anche noi quanto affermava sant’Agostino, e cioè che “la pena corporale del fuoco può tormentare gli spiriti incorporei in vari modi sebbene sconosciuti (perché superiori ai nostri sensi)”. Ho tradotto con “sebbene sconosciuti (perché superiori ai nostri sensi) quanto sant’Agostino dice con un solo aggettivo: “miris”.

11. Ti ringrazio per avermi dato l’opportunità di chiarificare affermazioni presentate in maniera non corretta e di dire anche una parola sulla natura misteriosa di questo fuoco, dal quale desidero liberato te e me e in particolare tutti i nostri visitatori. Ci tengo a dire però che questa pena del fuoco è niente in confronto alla pena immensamente più grave che è quella dell’auto-separazione definitiva da Dio.

Per questo assicuro un ricordo nella preghiera per tutti e in modo particolare per te, Antonio. 
Ti auguro tante cose buone e ti benedico. 
Padre Angelo

qui l'articolo originale

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