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La salvezza dentro e fuori la Chiesa

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Dimensione Speranza - pubblicato il 21/05/14
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Nella teologia pre-conciliare “extra Ecclesiam nulla salus”

di Dario Vitali

Chi appartiene alla Chiesa? Per rispondere alla domanda, la Lumen gentium distingue tre modalità: quella dei cattolici, «pienamente incorporati» alla Chiesa; quella dei cristiani non cattolici, con i quali la Chiesa «sa di essere per più ragioni congiunta»; quella dei non cristiani, che sono «in vari modi ordinati al popolo di Dio».

Il linguaggio mostra lo sforzo di superare i termini della teologia pre-conciliare, che impostava la questione unicamente sul versante della appartenenza piena e formale alla Chiesa, concludendo che non poteva salvarsi chi fosse fuori della Chiesa: extra Ecclesiam nulla salus. Peraltro, sorprende constatare che il paragrafo in questione non ha conosciuto particolari rimaneggiamenti rispetto al primo schema, a dimostrazione di una volontà di apertura in campo ecumenico che stava lentamente maturando nella Chiesa. «Con tutti quelli che non mantengono la vera fede o l'unità della comunione sotto il Romano Pontefice e tuttavia la desiderano, almeno inconsciamente, la Madre Chiesa sa di essere per molteplici ragioni congiunta», esordiva lo schema, riprendendo un'espressione di Leone XIII. Il testo finale smussa ulteriormente alcuni termini, mantenendo però la sostanza: «Con coloro che, battezzati, sono sì insigniti del nome cristiano, ma non professano integra la fede o non conservano l'unità della comunione sotto il successore di Pietro, la Chiesa sa di essere per più ragioni unita» (LG 15).

Questa unione della Chiesa con gli altri cristiani è affermata sottolineando ciò che unisce più di ciò che divide. Per raggiungere questo risultato, il paragrafo di fatto rovescia l'impianto tradizionale dell'argomentazione: piuttosto che affermare i motivi per cui i non cattolici non appartengono pienamente alla Chiesa, preferisce evidenziare gli elementi che sono propri della Chiesa e che caratterizzano l'identità e la vita di queste Chiese particolari o di queste comunità ecclesiali. Il testo si riallaccia a LG 8, dove si parlava della presenza al di fuori della Chiesa cattolica di «molteplici elementi di santificazione e di verità che, come doni propri della Chiesa, spingono verso l'unità cattolica». Per misurare la distanza, non tanto nei contenuti, quanto nella disposizione – decisiva per un vero dialogo ecumenico – basta riprendere un famoso testo del cardinale Bellarmino nelle sue Controversiae ( 1587): la Chiesa «consiste in un ceto di uomini legato insieme dalla professione della medesima fede cristiana, dalla comunione degli stessi sacramenti, sotto la guida dei legittimi pastori, e particolarmente del Romano Pontefice, vicario di Cristo». I tre criteri di appartenenza diventavano anche le discriminanti per qualificare il grado di separazione e di distanza dalla Chiesa. «In ragione della prima parte si escludono tutti gli infedeli, tanto quelli che non furono mai nella Chiesa, come gli ebrei, i turchi, i pagani, quanto quelli che vi furono una volta, ma poi se ne sono allontanati, come gli eretici e gli apostati. In ragione della seconda, si escludono i catecumeni e gli scomunicati, perché quelli non sono stati ancora ammessi alla comunione dei sacramenti, questi sono stati ammessi e poi esclusi. In ragione della terza si escludono gli scismatici che hanno la fede e i sacramenti, ma non sono sottoposti al legittimo pastore, e perciò professano la fede e ricevono i sacramenti fuori [della Chiesa]».

Se la posizione della controversistica cattolica dopo il concilio di Trento irrigidiva le condizioni di appartenenza, fissando perentoriamente i termini dell'esclusione dalla Chiesa, il testo conciliare prova a percorrere la strada complementare, indicando la meta possibile dell'unità, che non passa per le scomuniche, ma per l'impegno fattivo di tutti i figli di Dio: «Così lo Spirito suscita in tutti i discepoli di Cristo il desiderio e l'azione, affinché tutti, nel modo da Cristo stabilito, pacificamente si uniscano in un solo gregge sotto un solo pastore. E per ottenere questo, la Madre Chiesa non cessa di sperare, pregare e operare, ed esorta i figli a purificarsi e rinnovarsi, perché il segno di Cristo risplenda più chiaramente sul volto della Chiesa. A ben vedere, il paragrafo offre una lezione di grande valore: senza svuotare di significato gli eventi che hanno portato a una separazione scandalosa, insiste sull'atteggiamento che si deve tenere nei confronti di Chiese e comunità ecclesiali che sono parte di quella «cattolica unità del popolo di Dio, che prefigura e promuove la pace universale, alla quale in vario modo appartengono o sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia infine tutti gli uomini che dalla grazia di Dio sono chiamati alla salvezza» (LG 13).

Dario Vitali

(da Vita Pastorale n. 1, gennaio 2011, p. 11)

qui l'articolo originale

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