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Cosa c’entra la solidarietà con gli affari

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L'Osservatore Romano - pubblicato il 08/05/14
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Da giovedì il convegno internazionale della fondazione Centesimus annus pro Pontificedi Mario Ponzi

«Società buona e futuro del lavoro: possono la solidarietà e la fraternità far parte delle decisioni riguardanti il mondo degli affari?». Questo il tema del convegno internazionale della fondazione Centesimus annus pro Pontifice, che avrà luogo dall’8 al 10 maggio in Vaticano.

Ne abbiamo parlato con il vice presidente dell’accademia dei Lincei, Alberto Quadrio Curzio, presidente del comitato scientifico della fondazione, che in questa intervista al nostro giornale anticipa alcune delle riflessioni che proporrà durante la conferenza.
Pensare che solidarietà e fraternità possano essere prese in considerazione nel mondo degli affari può sembrare un’utopia. Si può dimostrare il contrario?
Sì. E cercheremo di farlo innanzitutto focalizzando l’attenzione su un ordine di principi che pone alla base il riferimento costante al perseguimento del bene comune. Esso non coincide con il benessere e l’opulenza materializzati, quanto piuttosto con la valorizzazione delle persone e delle comunità, della libertà e della responsabilità, dell’equità e dell’efficienza. In sostanza il bene comune cerca l’armonia costruttiva tra le parti, perseguita con gradualità ma anche con continuità. La dottrina sociale della Chiesa offre questi principi per costruire una società migliore.

In questo momento di crisi quale potrebbe essere il ruolo dei cristiani?
Uno scenario socio-economico mondiale come quello dell’epoca che viviamo costituisce certamente per i cristiani la richiesta forte di un rinnovato impegno per il bene comune. La richiesta muove proprio dalla visione della dottrina sociale della Chiesa che, a cominciare dall’enciclicaCentesimus annus di Giovanni Paolo II, ha segnalato che i problemi socio-economici mondiali all’apertura del ventunesimo secolo non erano risolti dalla prospettiva della globalizzazione e che i divari nei gradi di sviluppo e la scarsa consapevolezza di un’etica cristiana, umana e civile dello sviluppo prefigurava nuovi rischi. La Centesimus annus è stata il raccordo tra il ventesimo secolo che finiva e il ventunesimo che si apriva.

Tutto ciò tradotto in azione?
Si tratta di ripartire da un profondo ripensamento dei rapporti economici internazionali e dalla riscoperta della solidarietà dinamica che, oltre alla distribuzione delle risorse esistenti, si preoccupa anche della produzione e riguarda i rapporti nord-sud ed est-ovest. Questa solidarietà si esplica attraverso le varie componenti dello sviluppo: lo sviluppo economico promosso dalle istituzioni, dalla società e dalle imprese, costituite da imprenditori e lavoratori; lo sviluppo intergenerazionale, che si basa su sistemi previdenziali sostenibili e che porta alla valorizzazione della famiglia; lo sviluppo sociale, che promuove la coesione della società e dei territori.
 

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