In un pomeriggio infinito di colloqui con i genitori può anche capitare di ritrovarsi a parlare con una mamma di paradiso e inferno…di Gilberto Borghi
Sono tre ore di fila che ascolto genitori. Vengono a chiedere come vanno i loro figli, ma forse indirettamente anche come vanno loro. Da quest’anno abbiamo rimesso i colloqui generali. Quei pomeriggi infiniti in cui a me capita di vedere fino a 80-90 genitori.
Finalmente ho un minuto libero. Esco dall’aula in cui ricevo per andare a prendere una bottiglietta d’acqua. Proprio sulla porta, quasi mi scontro con Annachiara e sua madre. "Ah. prof. se ne va?" mi fa Annachiara. "No, stavo andando a prendere un po’ d’acqua, sono tre ore che parlo". "Ah… la aspettiamo professore" ribatte sua madre. "No, no, posso rimandare. Entrate pure. Dunque.. Annachiara.. non c’è male direi…" Non faccio in tempo a finire la frase che la madre mi anticipa: "Professore mi scusi, io sono venuta soprattutto per un dubbio. Annachiara mi ha raccontato della sua lezione sul paradiso e l’inferno. Io faccio la catechista e onestamente non mi ritrovo con quello che mia figlia mi ha riportato".
"Ah, bene mi dica, cosa le ha detto Annachiara?". "Che secondo quello che ha detto in classe non è Dio che ci manda in paradiso o all’inferno, ma siamo noi che decidiamo, accettando o no l’amore di Dio". "Signora, devo dire che sua figlia è stata brava, perché è proprio quello che ho detto in classe e che penso". "Ma professore, io sono stata abituata a pensare che noi qui sulla terra, amando Dio e gli altri, accumuliamo debiti o meriti che poi Dio misurerà quando saremo di là e in base a questo saremo giudicati".
"Lo so signora, questa è l’idea che di solito è diffusa in moltissimi cristiani. Ma se devo essere onesto, questo non è cristianesimo". "Ma come?" ribatte la madre. "Io mi attengo – le dico – al Catechismo della Chiesa Cattolica: Dio vuole che nessuno si danni, ma che tutti si pentano e arrivino alla conoscenza della verità; l’inferno è uno stato di definitiva auto-esclusione dall’amore di Dio, conseguenza di una avversione volontaria a Dio. Da questo io ricavo che è l’uomo che rifiuta Dio e non Dio che rifiuta l’uomo".
"Ma allora, professore, se non ci rifiuta, Dio continua ad amarci anche all’inferno?". "Se Dio non ci amasse, noi semplicemente smetteremmo di esistere. Il nostro essere non è altro che l’atto di amore con cui Dio ci ha creati e che continuamente perdura, perché lui, fedele a sé stesso, continua ad amarci sempre. Se smettesse, noi cadremmo nel nulla. Il fatto che il diavolo continui ad esistere, dimostra che Dio resta fedele al suo amore per lui, anche quando lui lo ha rifiutato totalmente".
"Ma allora, mi scusi, l’inferno non è un luogo lontano da Dio e separato dal paradiso?". "Non credo proprio si possa parlare di luoghi nell’aldilà. Non esiste spazio né tempo nell’aldilà. Io immagino che tutti nell’aldilà saremo alla presenza di Dio. Solo che chi accetta il suo amore e lo ricambia sarà infinitamente felice perché godrà di Dio infinitamente e chi invece non accetta l’amore di Dio e non lo ama, sarà per sempre infelice e dannato perché non potrà mai smettere di avere davanti agli occhi Dio, cioè colui che odia infinitamente. Un po’ come se uno fosse costretto a stare in ascensore per tutta la vita con una persona che odia, senza mai poterla togliere dalla sua presenza".
"Guardi professore, detto così, è molto più bello di quello che penso io, perché allora l’uomo è libero di fare quello che vuole, senza la paura della colpa o della condanna". "Infatti, signora, io credo che l’uomo sia proprio questo e che la buona notizia del vangelo sia proprio questa. Siamo liberi dalla paura della colpa o della condanna. E per questo Dio lascia esistere pienamente gli effetti delle nostre azioni, sia in bene che in male, perché siamo liberi. La nostra libertà è talmente vera e reale che può persino resistere all’amore di Dio".
"Professore, mi ha aperto una finestra luminosa, ma adesso ho ancora più dubbi di prima. Come mai, se le cose stanno così, ci viene insegnato il senso della paura e della condanna di Dio? Come mai spesso i preti ancora parlano di giudizio e di condanna di Dio?". "Eh, signora, ha ragione. Non so risponderle con certezza, ma un’idea ce l’ho. Se uno ha una relazione veramente di amore con Dio non può continuare ad avere paura di Lui e del suo giudizio. Se uno vive con questo timore vuol dire che non ha sperimentato un Dio fatto di amore, ma fatto di potere. Purtroppo credo che all’interno della Chiesa e anche tra i preti non sia scontato che tutti abbiano una relazione di amore con Lui".
"Vedi mamma, te l’avevo detto che non era come dicevi tu". Annachiara finalmente trova lo spazio per infilarsi nel dialogo. "Ma non è mica colpa di mamma – ribatto ad Annachiara -. Anche tu avevi più o meno quell’idea prima, perciò dovrai apprezzare che mamma è disponibile a cambiare, come d’altra parte hai fatto anche tu. In classe sei stata molto sorpresa quando abbiamo parlato di questo". "È vero prof., mi ha tolto un peso quell’idea che lei ci ha detto. Ero così contenta che non sono riuscita a stare zitta e così ne ho parlato con mamma".