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Una palla a giro sul secondo palo

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Gilberto Borghi - Vinonuovo.it - pubblicato il 22/04/14
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La strada molto personale di Dario per dirci che la differenza tra uomo e animale non poggia sulla “razionalità”, ma sulla capacità di produrre bellezza
"Una palla a giro sul secondo palo". Ho fatto un po’ fatica a capire. Anche perché il calcio non mi appassiona già da parecchio. Ma stando tra adolescenti è impossibile rimanerne immuni, tanto che dopo qualche secondo ho realizzato ciò che Dario mi stava dicendo.

Eravamo partiti da molto più lontano. Tema generale: uno sguardo alle forme contemporanee di religiosità o pseudo tali. In cui lo stile "New Age" campeggia per pervasività e trasversalità. E sulla tendenza di questo movimento al recupero della "naturalità" dell’uomo si è aperta una stana deviazione sul valore dell’istinto umano. "Beh, prof., in effetti quanto si starebbe bene se si potesse vivere in modo più naturale!" Ha iniziato Cristina, che di solito se ne sta buona e tranquilla e prende persino appunti. "Ah, bene Cri, e cosa vuol dire per te più naturale?" – le chiedo. "Beh in modo più istintivo, senza tante robe create da noi, così come viene senza … i-phone, computer, tablet, tutta sta roba qui che alla fine non ci fa mica essere diretti e semplici".

"Sì, e per te sarebbe bello vivere senza telefonino? – ribatte Arianna -. Non ci credo! Anche perché io poi, se una roba mi va di dirla la dico anche al cellulare o in un sms. Se vuoi essere diretta e istintiva lo puoi fare anche così. Prof. io credo che finché siamo sinceri e istintivi va bene. Ci ho pensato ieri, quando mia madre discuteva con sua cugina che è incinta ed era preoccupata per il parto. Mi sono chiesta: ma come ha fatto la prima donna a partorire? Mica nessuna glielo aveva insegnato. O ad allattare? Eppure c’è riuscita, anche senza tante robe che ci sono oggi. Allora vorrà poi dire che l’istinto naturale funziona". "Uh, Arianna, quindi secondo te aveva ragione Raf qualche anno fa quando cantava "Un battito animale" dicendo che l’istinto naturale è la parte più vera che c’è nell’uomo?" "Sì, credo di sì, prof. E se uno vuole vivere bene dovrebbe imparare a seguire quell’istinto".

"E allora Arianna – ribatto – che differenza ci sarebbe secondo te tra l’uomo e l’animale?". "Prof. noi siamo molto diversi da un animale – risponde lei -, siamo molto più evoluti. Un cane partorisce oggi come mille anni fa. Noi ci siamo evoluti". Con un impeto difensivo che mi sorprende Miriam irrompe nella discussione: "Oddio Arianna, però un cane ha delle emozioni, come ce le abbiamo noi! Quindi non è che poi sia molto diverso da noi. Dai, saremo anche più evoluti, ma delle volte facciamo peggio dei cani!"

Ed è a questo punto che Dario ci spiazza tutti. "Col cavolo che non c’è differenza Miriam. Prova tu a chiedere ad un cane di metterti una palla a giro sul secondo palo. Mica lo fa. Pirlo sì! Voi mettere?!" Il silenzio cala in classe. E in un nano secondo esplode una risata clamorosa. Non ho nemmeno afferrato del tutto il senso della frase di Dario che d’improvviso intuisco che non è una semplice battuta. Infatti. "No, io lo dico seriamente – riprende Dario – Non si può paragonare Pirlo ad un cane. Pirlo è un artista. Mica basta l’istinto naturale per dei tiri del genere. Uno lo deve volere, provare provare provare. Ci vuole un sacco di testa e bisogna sentirselo dentro. Un cane non potrebbe mai farlo". "Scusa Dario – gli dico – secondo te allora la differenza tra un uomo e un animale sta nella capacità dell’uomo di mettere insieme testa, cuore e corpo alla ricerca di un obiettivo, scelto consapevolmente, che si vuole raggiungere, mentre un animale non può scegliere obiettivi perché guidato solo dall’istinto?". "Mi sono un po’ perso prof., ma il concetto è quello".

Già altre volte è ritornato questo tema. A partire dalla percezione di frantumazione interna di questi adolescenti di oggi, che le idee di Arianna e Miriam, ma forse pure di Cristina, anche qui ci dichiarano apertamente. Ma stavolta Dario ci permette due aggiunte molto significative, alle riflessione già fatte.

Primo. La percezione antropologica di oggi non appoggia più la differenza tra uomo e animale sulla "razionalità" che tutto comanda, come poteva essere nella modernità. L’appoggia invece sulla "unitarietà" della persona, che pur essendo a più facce, esiste come tale solo se ritrova in sé un "centro unificatore" di tutto ciò che essa è. Tanto che, quando questo centro è smarrito rischiamo di arrivare a dare la qualifica di persone anche agli animali o ai più sofisticati computer, perché mostrano di possedere "pezzi" di umano anche loro. (Le emozioni per gli animali e la razionalità organizzativa per i computer).

Secondo. La specificità dell’uomo rispetto all’animale oggi non è più vista nella sua capacità di controllo razionale, che nel paradigma antropologico moderno fondava poi la libertà umana. E’ vista piuttosto nella abilità umana di "produrre bellezza" (Pirlo è un artista!), di generare atti che rimandano ad una pienezza di senso ben maggiore ed oltre la semplice somma algebrica delle singole potenzialità che compongono l’uomo. Cioè nel creare qualcosa che lo trascende e lo richiama all’ulteriore che si porta dentro. Certo parlare di trascendenza partendo da Pirlo sembra davvero poco, ma per Dario è così. E allora devo partire da lì.

Forse quindi, oggi la trascendenza si apre più dal recupero di una unitarietà interna che produce bellezza, che dal superamento del limite della razionalità.

Qui l’originale

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