La diocesi di Our Lady of Walsingham, invisibile e reale, allo stesso tempo, si estende in tutta l’Inghilterra, accompagna gli anglicani nella Chiesa cattolica…
Walsingham. Un villaggio inglese di quasi mille abitanti, nella verdissima zona del Norfolk, ad est della Gran Bretagna, a pochi passi dal mare. Un santuario medievale alla Vergine, famoso per secoli per i suoi incessanti pellegrinaggi da tutta l’Inghilterra. In seguito, i santuari sono diventati due: quello anglicano al centro del villaggio, il cattolico, invece, in aperta campagna a poche miglia. I nostri italiani, un tempo, arrivando al villaggio dopo un lungo viaggio, facevano spesso le loro devozioni e accendevano un lume in quello protestante… salvo, poi, accorgersene con dispetto, troppo tardi! Quello cattolico, invece, è cresciuto attorno alla Slipper Chapel, una suggestiva, esigua “cappella delle ciabatte” del 14.mo secolo, dove i pellegrini lasciavano le loro calzature per fare gli ultimi passi fino al santuario, a piedi scalzi.
Dal 2011, per decisione di Benedetto XVI è sorta la diocesi di Our Lady of Walsingham, invisibile e reale, allo stesso tempo e si estende in tutta la nazione. Il Patrono ne è il Beato Cardinale Newmann. In essa si ritrovano gli anglicani che hanno seguito le sue stesse orme. La denominazione della nuova diocesi per i convertiti anglicani al cattolicesimo, vi farà intravvedere, forse, il gesto di coloro che levate le calzature entrano in un’altra confessione… Sicuramente, tuttavia, vi sono il senso e il ricordo di una Madonna molto venerata da ambedue le parti.
Ciò indica il tempo ormai di un “new ecumenism” secondo un recente articolo di Father Dwight Longenecker. Questa tappa dopo un lungo percorso di quarant’anni di riflessione tra anglicani e cattolici nell’ARCIC (Anglican Roman Catholic International Commission), raggiungendo convizioni interessanti e comuni sul battesimo, l’eucarestia e l’autorità, segnerebbe un “end point”, il punto finale di un cammino, con un progetto concreto “sorprendente, solido, stupendo” come la nascita di una diocesi originale. Anche se voci autorevoli tendono a considerarla ancora uno spazio chiuso, quasi un limbo, chiedendone la diretta dipendenza non da Roma, ma dalla Conferenza episcopale inglese, per coltivare una maggiore sinodalità.
Senz’altro dopo un lungo cammino di riflessione insieme – i passi della mente – è bene passare a passi concreti. Un insegnamento questo sempre valido. Entrati ormai nell’era di Papa Francesco, anche per noi la realtà ecclesiale sta prendendo nuove forme e nuove forze di essere, superando ostacoli o situazioni cristallizzate, ritrovando priorità. Lo Spirito spinge continuamente la Chiesa ad uscire dalla nostra stessa terra, fatta di convinzioni e sicurezze antiche, per riformularne valori, intuizioni, risposte al mondo. L’avventura di Abramo non è finita. Alla fine del Vangelo di Matteo, dividendo l’umanità tra buoni e cattivi, non si chiede loro se siano credenti. Ma credibili. Così la sfida di un Concilio Vaticano II, “un processo aperto” ancora da vivere pienamente, come recentemente sottolinea Laurent Villemin, “dove venga alla luce la conciliarità quale dote essenziale della vita ecclesiale, insieme alla creazione di istituzioni effettive di sinodalità”. Dimensione quest’ultima, coltivata come una perla dalla tradizione anglicana. L’unità, in fondo, sarà sempre condivisione dei tesori incontrati sul proprio cammino.
Nel contesto attuale in cui ci si rende sempre più coscienti del panorama multireligioso del mondo dove viviamo, mi risuona ancora in testa la domanda di un cristiano in terra d’Africa in un villaggio con un tempio protestante e una chiesa cattolica: “Perchè non ci avete portato il messaggio di comunione di Cristo, ma piuttosto le vostre divisioni?” Forse, dovremmo ancora toglierci tutti le scarpe, per entrare nel luogo dove si adora Dio “in spirito e verità”.